In Sicilia, ogni anno, oltre 12.000 persone avrebbero bisogno di cure palliative. Ma meno della metà riceve un’assistenza adeguata, strutturata e continuativa. Gli hospice sono pochi, i professionisti specializzati ancora meno. E mentre la legge 38 del 2010 sancisce il diritto a non soffrire, a essere assistiti nel proprio domicilio, a morire con dignità, quel diritto resta troppo spesso sulla carta.
Se oggi, nonostante tutto, migliaia di pazienti terminali ricevono cure palliative a domicilio, il merito è quasi interamente del Terzo Settore, che ogni giorno entra nelle case, assiste chi non può guarire e affianca le famiglie nel tratto più delicato della malattia.
Ma tutto questo, com’è nato?
“Nel 1987 non sapevamo nemmeno cosa volesse dire cure palliative. Nessuno usava quel termine. Eppure, con un gruppo di volontari, abbiamo cominciato lo stesso. Volevamo solo una cosa: capire se riuscivamo a portare un po’ di sollievo nelle case delle persone gravemente malate. E sì, ci siamo riusciti. Lo abbiamo fatto giorno dopo giorno, con passione e con metodo”, racconta Giorgio Trizzino, medico e fondatore della Samot.
“Abbiamo dato vita a un modello che ancora oggi funziona – prosegue -. Abbiamo costruito un sistema e accompagnato, con continuità e competenza, oltre 100.000 persone in tutta la regione. Ma se il pubblico non accelera, tutto ciò che è stato costruito rischia di non reggere più”.
“Il problema non è la legge. La legge c’è, ed è la 38 del 2010, che riconosce il diritto alle cure palliative e definisce con precisione strutture, percorsi e figure professionali. Ma è l’attuazione che manca. E manca, soprattutto, la volontà di andare oltre il minimo previsto – evidenzia -. Gli hospice sono pochi, i percorsi pediatrici sono fragili, la burocrazia rallenta gli accreditamenti, i fondi non bastano e manca perfino la formazione universitaria obbligatoria. Negli atenei siciliani gli studenti di Medicina non hanno una materia sulle cure palliative, mentre in molte altre Regioni è prevista. È incredibile che ancora oggi, chi si laurea in Medicina non sappia come si accompagna una persona alla fine della vita. È una grave omissione”.
E mentre il Sistema sanitario pubblico continua a mostrarsi inadeguato, il Terzo Settore – che per decenni ha supplito alle carenze strutturali – non è ancora pienamente coinvolto nei processi decisionali. Eppure, senza di esso, la rete non reggerebbe e a dimostrarlo sono i numeri. Secondo i dati dell’Osservatorio nazionale per le cure palliative, solo il 40% dei malati in fase terminale in Sicilia accede a un’assistenza domiciliare realmente strutturata, mentre le linee guida nazionali fissano uno standard minimo di un posto letto in hospice ogni 9.000 abitanti.
Uno dei nodi più critici riguarda l’assistenza ai minori. Le cure palliative pediatriche, in Sicilia restano un territorio quasi inesplorato. Le esperienze consolidate sono pochissime, spesso lasciate all’iniziativa di singoli enti o operatori. I bambini vengono assistiti con percorsi frammentari, lontani da casa, oppure non vengono assistiti affatto.
“Anche i bambini hanno diritto a non soffrire. Hanno diritto a restare nel proprio mondo, circondati dai volti familiari, accompagnati con cura e sensibilità in ogni fase della malattia”, sottolinea Trizzino.
L’appello
“Sappiamo che il presidente Schifani e l’assessore Faraoni hanno dimostrato sensibilità e attenzione verso questi temi. Ora però è il momento di trasformare quella attenzione in impegni concreti, duraturi e misurabili. Soprattutto per i più fragili, e per i più piccoli, che non possono più aspettare – conclude -. È quindi tempo di riconoscere pienamente il diritto del cittadino, il diritto alla libertà di scelta, il diritto a un’assistenza sanitaria adeguata, il diritto, alla fine della vita, a un percorso di cure che risponda davvero ai suoi bisogni”.