Nessun “cattivo” della storia, solo tanta riflessione attraverso la potente arma del sottile umorismo. Un invito a non prendersi mai troppo sul serio. L’ex presidente dei dem in Sicilia, che ormai quasi un anno fa, aveva annunciato il suo addio al partito, dopo una lunga esperienza decennale ha messo così in luce alcuni aspetti fondamentali che compongono la politica dei giorni nostri, dalla figura controversa e divisiva del segretario alla comunicazione frammentata che affligge il PD.
Intervistato negli studi de ilSicilia.it Ferrante ha presentato “Perché non vinciamo mai – Analisi semiseria di un partito mai partito“. Un focus è dedicato alla Sicilia, definita come la terra dei “gattoperdi”, un chiaro e simpatico riferimento al noto romanzo di Tomasi di Lampedusa: “A livello siciliano – ha spiegato l’autore – ci sono sempre state diverse realtà territoriali che si sono unite senza una figura di sintesi. Le dinamiche si ripetono. Le ultime elezioni regionali sono l’estremizzazione di tutto questo. La spaccatura è evidente“.
Eppure, ripensando al quesito di partenza torna in mente un risultato al dir poco storico, non solo per il Partito Democratico, ma anche per la storia della Repubblica italiana: il 40% raggiunto alle elezioni europee del 2014 con Matteo Renzi alla guida. Un momento che si rifà alla questione legata all’identità dei dem e al rapporto con gli alleati o presunti alleati. “E’ un risultato emblematico. Il PD che nasce senza una base ideologica o senza regole valide per tutti, ha fatto sì che per ogni stagione fosse un partito diverso. Il partito di Renzi era un partito di destra nascosto, quel 40% si raggiunse mettendo insieme una buona parte di quello che è l’attuale centrodestra. Nell’attuale Assemblea Regionale Siciliana in ogni gruppo di centrodestra, compresi Lega e Fratelli d’Italia, c’è un ex PD della stagione renziana. Fu una vittoria dopata rispetto a quella che doveva essere una vittoria del centrosinistra“.
Insomma un libro, per fortuna o per sfortuna, sempre attuale.