I nominativi dei migranti da incanalare nella procedura accelerata di frontiera (che non hanno motivazioni riconducibili alla Convenzione di Ginevra) vengono segnalati dalla Questura alla commissione territoriale che è chiamata a definire il procedimento, con decisione collegiale, entro 9 giorni dall’istanza di protezione internazionale.
E’ quanto prevede la cosiddetta “procedura accelerata di frontiera”. Il migrante entro 7 giorni deve essere ascoltato e nei successivi 2 giorni si deve arrivare alla decisione. L’esame delle domande di asilo politico consiste nell’accertare il diritto del migrante a fare ingresso nel territorio italiano. Sono esclusi a priori da questa procedura coloro che provengono da Somalia, Burkina Faso, Mali e Afghanistan, ossia Paesi dove c’è la guerra.
In linea generale, il richiedente, nelle more, può essere trattenuto con provvedimento del questore. La commissione territoriale si pronuncia in tempi rapidissimi: se la decisione è negativa c’è l’obbligo di rimpatrio per il migrante che può però proporre ricorso entro 7 giorni alla sezione specializzata del tribunale ordinario territorialmente competente. L’eventuale ricorso non sospende però l’efficacia esecutiva del provvedimento di respingimento. Per evitare il rimpatrio immediato è quindi necessario che il giudice provveda a sospendere la decisione negativa della commissione territoriale.
Queste procedure, nell’Agrigentino partite la scorsa estate e andate avanti fino a gennaio di quest’anno, prevedevano il trattenimento dei migranti che doveva essere convalidato dai giudici. A maggio c’è stata una modifica normativa del decreto 25, con le procedure accelerate di frontiera nei confronti di persone libere, senza l’intervento del tribunale, perché le valutazioni saranno fatte – così s’è iniziato a fare ad Agrigento – soltanto dalla commissione territoriale.
Nel caso agrigentino, i migranti hanno dichiarato d’essere venuti in Italia per motivi economici, che non rientrano nella Convenzione di Ginevra. Il diniego di protezione, con provvedimento di espulsione incorporato, è pertanto legittimato dalla legge per “manifesta infondatezza”.
La polizia, a monte, seleziona i migranti che hanno il passaporto che dà possibilità di rimpatrio senza bisogno della collaborazione del consolato del Paese d’origine. Se dovesse scappare, quando ripreso avrà a suo carico un provvedimento che è provvisoriamente esecutivo (se non sospeso dai giudici) e può essere portato nel Cpr più vicino da dove verrà rimpatriato.