Sono trascorsi 35 anni da quel drammatico 21 settembre 1990, quando Rosario Livatino, magistrato impegnato nella lotta all’illegalità, venne ucciso dalla mafia ad Agrigento a soli 38 anni.
Alla vigilia dell’anniversario, il giudice ‘ragazzino’ – come è stato ribattezzato – è stato ricordato sabato nel corso del Giubileo degli operatori di giustizia, a piazza San Pietro. Nel maggio 2021 Livatino è stato proclamato beato da papa Francesco.
“Per lui – ha detto monsignor Juan Ignacio Arrieta, segretario del Pontificio consiglio per i testi legislativi – la fede e il diritto erano realtà interdipendenti, tra le quali a volte c’è un confronto armonioso, a volte lacerante, ma sempre vitale e indispensabile”.
Arrieta ha ricordato che Livatino siglava i documenti con l’acronimo ‘stD’. All’inizio non si capiva che cosa volesse intendere ma poi si scoprì che quelle tre lettere stavano per ‘sub tutela Dei’ perché “Livatino aveva la consapevolezza di svolgere una funzione alla presenza dell’Altissimo e confidava in Lui”.

“Ho sempre creduto che raccontare alle giovani generazioni il sacrificio di chi ha messo legalità e giustizia davanti alla propria vita, non sia solo un dovere e un modo per onorarne la memoria ma anche per proseguire nell’impegno che questi eroi hanno intrapreso senza paura. Il giudice Rosario Livatino è tra questi eroi. Un servitore dello Stato che con rigore e fermezza ha portato avanti la battaglia contro la criminalità organizzata. Un uomo di profonda fede cattolica, beatificato nel 2021, a dimostrazione della sua importante opera”. Lo afferma sui social la premier Giorgia Meloni. “Oggi, nell’anniversario della sua uccisione, voglio ricordare il suo sacrificio e la sua azione compiuta senza piegare mai la testa, affinché – spiega – la nostra generazione e quella futura non dimentichino e possano proseguire nel cammino di lotta contro ogni forma di mafia”.
“Sono trascorsi 35 anni dal vile agguato in cui fu ucciso Rosario Livatino. Magistrato integro, visse la giustizia come missione e servizio, guidato da una fede autentica. Il suo ricordo non è solo memoria, ma richiamo costante all’impegno contro ogni forma di mafia”. Lo scrive sui social il presidente del Senato, Ignazio La Russa.
“A 35 anni dal suo assassinio, onoriamo la memoria del Beato Rosario Livatino, ucciso per mano mafiosa.
Animato dai valori cattolici e da una fede profonda, ha sacrificato la propria vita per la lotta alla criminalità e per il bene comune. Il suo impegno rimane un esempio per tutti e un riferimento saldo per le nuove generazioni”. Così il Presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana.
“La gloria di Livatino non è solo quella di aver dato la vita per lo Stato ma di aver perdonato i suoi assassini. Questo fa la differenza tra l’eroe e il santo. Ci inchiniamo riverenti alla sua memoria, consapevoli che la sua condotta è un esempio che sarà difficile emulare”. Lo afferma il ministro della Giustizia Carlo Nordio.
“Rosario Livatino rappresenta un esempio per tutte le giovani generazioni di siciliani che si affacciano alla vita professionale. Un giovane magistrato che aveva deciso di fare fino in fondo il proprio dovere per il bene della sua terra e contro ogni forma di criminalità”. Lo dice il senatore di Fratelli d’Italia Raoul Russo, componente della commissione parlamentare Antimafia.
“Ricorre oggi il trentacinquesimo anniversario dell’uccisione del giudice Rosario Livatino, che a soli 37 anni era riuscito ad infliggere duri colpi alla mafia agrigentina, aggredendone i patrimoni illeciti. La Chiesa ne ha riconosciuto il martirio dichiarandolo beato, gli è’ stata anche attribuita una guarigione miracolosa”. Così il deputato regionale Marco Intravaia ha commemorato l’uccisione del giudice Rosario Livatino.
“Un fedele servitore dello Stato che non ha esitato a mettere a rischio la vita, pur di compiere il suo dovere Livatino è esempio di “santità” quotidiana e rettitudine morale alla quale tutti, credenti e non credenti, siamo chiamati ad ispirarci per combattere la mafia e ogni forma di illegalità attraverso l’onesto impegno quotidiano”, conclude Intravaia.