Le cure palliative non riguardano soltanto l’ultimo istante di vita, ma l’intero percorso di accompagnamento di chi affronta una malattia inguaribile. Sono cure che si prendono carico non solo del dolore fisico, ma anche della dimensione psicologica, sociale ed emotiva della persona e della sua famiglia. La legge 38 del 2010 le ha riconosciute come parte integrante del Servizio sanitario nazionale, mentre la legge di bilancio 197/2022 ha fissato un obiettivo ambizioso: arrivare, entro il 2028, a coprire il 90% dei pazienti che ne hanno bisogno.
Un traguardo che non si raggiunge solo con risorse economiche o strutture adeguate. Alla base c’è un pilastro meno visibile, ma decisivo: la formazione. Perché garantire a tutti il diritto alle cure palliative significa prima di tutto saperle riconoscere, intercettare, indirizzare tempestivamente.
In Sicilia, la Samot Onlus rappresenta una realtà che ha intrecciato negli anni l’attività assistenziale con un forte impegno sul fronte della crescita professionale. “La Samot, oltre che dell’aspetto prettamente assistenziale, si occupa anche di formazione in cure palliative. Siamo provider ECM e formiamo tutto il nostro personale attraverso un programma strutturato, che prevede interventi mirati per i singoli professionisti e momenti trasversali di confronto in equipe”, spiega Tania Piccione, responsabile della centrale operativa di Samot Onlus e presidente della Federazione Cure Palliative.
La formazione, dunque, non si limita a trasmettere nozioni tecniche. È un percorso che alterna specializzazione e condivisione: da un lato corsi settoriali pensati per le diverse figure professionali, dall’altro incontri in equipe che permettono di discutere i casi, riflettere insieme, costruire un linguaggio comune. È in questa dimensione collettiva che la professionalità si intreccia con l’umanità, trasformando il sapere in cura.
Intercettare prima i bisogni
Se formare gli operatori già inseriti nelle reti palliative è un passo scontato, la vera sfida riguarda tutti quei medici che quotidianamente incontrano i pazienti prima che entrino nel circuito delle cure.
“La formazione dei professionisti che operano all’interno delle reti è ovvia e scontata, ma la sfida sarà formare anche i medici di medicina generale e gli ospedalieri che non si occupano prettamente di cure palliative – sottolinea Piccione –. Sono loro i primi a incontrare i malati: se adeguatamente preparati, potrebbero riconoscere tempestivamente i bisogni e avviare subito i pazienti alla rete”.
Troppo spesso, in Italia come in Sicilia, il paziente accede alle cure palliative solo negli ultimi giorni di vita. Ma arrivare tardi significa ridurre le possibilità di sollievo, limitare il sostegno alla famiglia e lasciare più spazio alla sofferenza. Formare i medici di base e gli specialisti ospedalieri consentirebbe invece di intercettare precocemente i bisogni, attivando percorsi tempestivi e appropriati.
Nelle cure palliative il tempo è la risorsa più preziosa. Ogni giorno senza dolore, con accanto una rete di sostegno, diventa un dono. Per questo la formazione non è solo un requisito tecnico, ma uno strumento per restituire dignità e migliorare la qualità della vita anche quando la quantità non può più cambiare.
“Tutto questo, se portato a regime ci consentirebbe non solo di raggiungere gli obiettivi fissati dalla legge, ma soprattutto di garantire a ogni persona un percorso di cura appropriato, dignitoso e umano”, conclude.