La Sicilia si colloca tra le ultime posizioni nella classifica nazionale sull’attuazione del DM 77. Il monitoraggio di Agenas, aggiornato al primo semestre 2025 per conto del Ministero della Salute, evidenzia che l’Isola è in forte ritardo in quasi tutti i parametri previsti dalla riforma. La fotografia riguarda Case e Ospedali di Comunità, Centrali Operative Territoriali, assistenza domiciliare e cure palliative, pilastri fondamentali del decreto che doveva ridisegnare la Sanità territoriale.
Entrando nel dettaglio delle Case della Comunità, la Sicilia si colloca quintultima a livello nazionale. Per la Regione sono state programmate 161 strutture, ma soltanto 9 hanno almeno un servizio attivo. Cinque garantiscono i servizi obbligatori senza però la presenza continuativa di medici e infermieri. Solo 2 rispettano pienamente gli standard previsti. Il confronto con le regioni del Nord mostra la distanza: l’Emilia-Romagna ha già 140 strutture funzionanti, la Lombardia 142.
Per quanto riguarda gli Ospedali di Comunità, la Sicilia si classifica nelle retrovie con appena 4 strutture attive su 48 programmate. Peggio fanno Basilicata, Calabria, Marche e la Provincia autonoma di Bolzano che non ne hanno ancora attivato nessuno, oltre a Campania e Piemonte che si fermano rispettivamente a una sola attivazione. La Regione resta comunque nel gruppo di coda, lontana dai risultati di aree più virtuose come il Veneto, che conta 46 ospedali di comunità attivi, e l’Emilia-Romagna che ne ha 24.
Solo le COT (50 su 50) raggiungono il risultato previsto dal Ministero.
Assistenza domiciliare e cure palliative
Il monitoraggio Agenas fotografa una situazione fragile anche per l’assistenza domiciliare in Sicilia che copre il 78% dei distretti che, in quasi un quarto dell’Isola, i cittadini non hanno accesso a un erogatore. Le difficoltà emergono con forza proprio nei servizi più delicati, come pediatria e assistenza specialistica, che raggiungono soltanto il 46% dei distretti. La riabilitazione va un po’ meglio e arriva al 71%, ma resta comunque lontana dal livello minimo atteso.
Le cure palliative domiciliari rappresentano il punto più critico per eccellenza. La copertura si ferma al 27% dei distretti. I punti di erogazione sono 35, in gran parte privati accreditati. Solo un distretto su quattro dispone di una centrale operativa di coordinamento. I percorsi simultanei per pazienti oncologici sono attivi nel 27% dei distretti, per i non oncologici nel 22%.
Accessi inappropriati ed emergenza sociale
Numeri e percentuali raccontano una storia semplice. La Sicilia non ha ancora costruito la rete che il DM 77 immaginava e i cittadini continuano a bussare alle porte dei Pronto soccorso. Nel 2024, infatti, secondo i dati del Ministero, nell’Isola si sono registrati oltre 1,6 milioni di accessi ai PS. Più di un terzo sono stati classificati come inappropriati, cioè legati a bisogni che avrebbero dovuto trovare risposta nella medicina territoriale o nell’assistenza domiciliare.
È in questo contesto che si inserisce il DM 77, pensato per fare dei Pronto soccorso il presidio delle emergenze reali, riducendo la pressione attraverso una rete territoriale in grado di intercettare i bisogni prima che diventassero acuti. In Sicilia quella rete non riesce a prendere il volo e i pronto soccorso si sono trasformati nello “sportello unico” di fronte a carenze organizzative, disuguaglianze territoriali e fragilità sociali. Il decreto parlava di prossimità, ma per molti cittadini la prossimità resta un’illusione che si traduce in code interminabili davanti ai reparti di emergenza.