In un’analisi condotta dall’Istat sulla Ricerca e Sviluppo (R&S) in Italia, emerge un quadro che, pur confermando la persistenza dei divari territoriali, mette in luce la buona performance della Sicilia. Con un incremento della spesa per R&S del 17,1% nel 2023, la regione si posiziona tra le migliori a livello nazionale, superando significativamente la media italiana e contribuendo a una dinamica positiva che caratterizza l’intero Sud e le Isole.
Questo dato, pur non eliminando ancora la distanza dal Nord, rappresenta un segnale forte e incoraggiante della vitalità scientifica e innovativa del territorio, sostenuta principalmente dal settore pubblico e accademico.
La crescita interessa tutti i settori istituzionali, con incrementi rilevanti nelle istituzioni pubbliche e nelle Università (rispettivamente +14,5% e +9,9%). La spesa delle imprese aumenta del 5,4%, sostenuta dalle medie e grandi imprese, rispettivamente +2,8% e +7,3%. Un ulteriore calo interessa le piccole imprese (-2,3%).
Oltre l’80% della spesa privata in R&S è sostenuta da imprese appartenenti a gruppi multinazionali sia nazionali che esteri. Circa la metà di questa proviene da imprese appartenenti a multinazionali estere.
I dati preliminari segnalano un contenuto incremento della spesa in R&S delle imprese per il 2024, +1,2% rispetto al 2023, mentre le aziende hanno programmato un aumento più consistente per il 2025 (+4,0% sul 2024).
ilSicilia.it ha analizzato i dati dell’Istat per tracciare un quadro della situazione in Sicilia e in Italia nel settore con le tendenze negli anni interessati dal 2023 al 2025.
L’ascesa della Sicilia nel panorama della R&S
L’analisi dei dati sulla Ricerca e Sviluppo in Italia per il periodo 2023-2025 rivela un quadro complesso ma con un elemento di grande interesse: la buona performance della Sicilia. Contrariamente a un’immagine spesso statica o in ritardo, la regione ha dimostrato una dinamicità sorprendente, registrando una crescita della spesa in R&S del 17,1% nel 2023.
L’incremento registrato in Sicilia si inserisce in un contesto più ampio di crescita che ha interessato le Isole (+13,7%), superando ampiamente il valore medio nazionale. Un dato che rivela una rinnovata vitalità del Mezzogiorno nel suo complesso, che, sebbene parta da valori assoluti inferiori rispetto al Nord, sta riducendo il suo gap in termini di dinamica di crescita.
Tuttavia, il report evidenzia che la composizione della spesa in R&S in Sicilia e nel Mezzogiorno presenta una caratteristica distintiva rispetto al resto del Paese. Mentre nelle regioni del Nord, come Piemonte ed Emilia-Romagna, la spesa è trainata prevalentemente dalle imprese, nel Sud e nelle Isole la ricerca è sostenuta soprattutto dal settore pubblico e dalle Università.
Questo schema è particolarmente evidente in Sicilia, dove il contributo del settore pubblico e accademico è fondamentale per l’incremento complessivo. Le imprese private, pur con segnali di crescita in alcuni settori, non riescono ancora a competere con la leadership del Nord.
A livello nazionale, la spesa complessiva per la R&S intra-muros ha raggiunto i 29,4 miliardi di euro nel 2023, segnando un aumento del 7,7% rispetto all’anno precedente. Questa crescita è stata guidata in particolare da istituzioni pubbliche e università, con incrementi rispettivamente del 14,5% e del 9,9%. Nel settore privato, si osserva una netta spaccatura: mentre le grandi e medie imprese hanno aumentato la loro spesa (rispettivamente del +7,3% e +2,8%), le piccole imprese hanno registrato un calo del -2,3%. Ciò indica che anche a livello nazionale, la distribuzione degli investimenti non è uniforme.
Il contesto nazionale e i divari territoriali
Se la Sicilia emerge come un’eccezione positiva, il quadro generale della Ricerca e Sviluppo in Italia mostra sia segnali di crescita che persistenti disuguaglianze. Nel 2023, la spesa complessiva per R&S è stata di 29,4 miliardi di euro, un aumento del 7,7% rispetto all’anno precedente. Questa crescita, pur essendo un dato incoraggiante, non è sufficiente per colmare il divario con le economie europee più avanzate, e l’intensità di ricerca, ovvero il rapporto tra spesa e PIL, rimane stabile all’1,37%.
La crescita si è manifestata in tutti i settori, ma con dinamiche diverse. Le istituzioni pubbliche (+14,5%) e le Università (+9,9%) hanno guidato l’incremento, dimostrando un rinnovato impegno del settore pubblico nella ricerca.
Anche il settore privato ha contribuito, ma in modo diseguale: la spesa delle imprese è aumentata del 5,4%, un dato che nasconde un’importante divisione. Le grandi imprese (+7,3%) e le medie imprese (+2,8%) hanno sostenuto la crescita, mentre le piccole imprese hanno continuato a soffrire, registrando un ulteriore calo del -2,3%. Questo divario dimensionale si riflette nella distribuzione geografica degli investimenti.
I dati regionali: quattro regioni spendono la metà delle risorse in R&S
A livello regionale, oltre la metà della spesa totale in R&S (59,8%) è concentrata in sole quattro regioni del Nord e del Centro: Lombardia, Lazio, Emilia-Romagna e Piemonte. Queste regioni, in particolare il Piemonte e l’Emilia-Romagna, si posizionano come leader in termini di intensità di R&S sul PIL, con valori superiori al 2,0%. In queste aree, la R&S è trainata principalmente dalle imprese, che in Piemonte ed Emilia-Romagna rappresentano oltre i tre quarti della spesa totale.
Il Mezzogiorno, al contrario, si colloca interamente sotto la media nazionale in termini di intensità di ricerca. La debolezza della componente privata, in particolare delle imprese, è il principale fattore di questo ritardo. L’attività di R&S nel Sud è sostenuta quasi esclusivamente dalle istituzioni pubbliche e dalle Università, che arrivano a rappresentare fino all’80% della spesa totale in alcune regioni. Questo schema sottolinea la necessità di incentivare gli investimenti privati per riequilibrare la mappa dell’innovazione in Italia.
Cresce il contributo del settore pubblico alla spesa in R&S
Nel 2023 la spesa del settore privato (imprese e non profit) continua a essere la principale componente della spesa in R&S intra-muros complessiva (60,1%). Le imprese hanno investito oltre 17 miliardi di euro con un peso pari al 58,4% della spesa totale, in leggera diminuzione rispetto all’anno precedente (-1,3 punti percentuali). Le Università, che con il 25,0% della spesa complessiva rappresentano l’attore più importante della R&S dopo le imprese, partecipano alla spesa totale del 2023 con una quota in lieve aumento (+0,5 punti percentuali rispetto al 2022). Cresce il contributo del settore pubblico, responsabile del 14,9% della spesa totale (+0,9 punti percentuali rispetto al 2022).
Con riferimento alle fonti di finanziamento, le imprese finanziano oltre la metà della spesa in R&S (15,0 miliardi di euro; 51,1% dei finanziamenti complessivi). Seguono il settore delle istituzioni pubbliche (10,8 miliardi; 36,9%) e i finanziatori stranieri (circa 2,9 miliardi; 9,8%). Rispetto al 2022 si rileva un sensibile aumento della spesa finanziata dal settore pubblico (+11,7%) e cresce notevolmente anche la componente finanziata dall’estero (+12,1%). Un aumento più contenuto interessa i finanziamenti delle imprese (+3,6%).
L’autofinanziamento si conferma la fonte principale della spesa per R&S delle imprese e del settore pubblico. In particolare, le istituzioni pubbliche finanziano l’88,7% del proprio settore, le imprese nazionali si autofinanziano per l’84,0%. Inoltre le istituzioni pubbliche finanziano l’80,9% della spesa in R&S delle Università e il 43,7% di quella delle istituzioni non profit.
Scende la spesa in R&S delle piccole imprese: cresce quella in ricerca di base
Il sistema imprenditoriale italiano, secondo il report, è fortemente diviso. Le grandi imprese (con almeno 250 addetti) e le medie imprese continuano ad aumentare le loro spese in Ricerca e Sviluppo (R&S), con una crescita rispettivamente del +7,3% e +2,8% nel 2023. Al contrario, le piccole imprese (con meno di 50 addetti) subiscono un ulteriore calo, con una riduzione del -2,3% della loro spesa in R&S.
Le grandi imprese sono il motore della R&S privata in Italia, assorbendo circa 12,5 miliardi di euro, pari al 73,1% della spesa complessiva delle aziende. Oltre l’80% della spesa privata in R&S è sostenuta da imprese appartenenti a gruppi multinazionali, sia italiani che esteri, che si confermano come i principali attori della R&S privata.
Il principale campo scientifico in cui si investe è quello delle Scienze ingegneristiche e ricerca tecnologica che assorbe oltre la metà delle spese complessivamente sostenute per la R&S. È seguito dalle Scienze naturali e dalle Scienze mediche e sanitarie in cui si realizzano rispettivamente il 15,0% e il 13,6% del totale. I settori che investono di più in R&S sono la produzione di autoveicoli, macchinari e altri mezzi di trasporto, che rappresentano il 38,4% della spesa complessiva.
Tuttavia, notevoli differenze emergono a livello di settore esecutore. Se le imprese concentrano la maggior parte degli investimenti nelle Scienze ingegneristiche e ricerca tecnologica (l’82,9%), il non profit investe oltre i due terzi della R&S nelle Scienze mediche e sanitarie.
La spesa in R&S di Università e istituzioni pubbliche è più diversificata; in particolare, le prime investono soprattutto nelle Scienze naturali (26,1%), nelle Scienze sociali (22,8%) e nelle Scienze ingegneristiche e ricerca tecnologica (20,0%), mentre le istituzioni pubbliche puntano prevalentemente sulle Scienze naturali (41,1%) ma una quota importante della spesa totale riguarda anche le Scienze mediche e sanitarie (20,4%) e le Scienze ingegneristiche e ricerca tecnologica (18,7%).
Personale e finanziamenti: una crescita a due velocità
Nel 2023, il personale addetto alla Ricerca e Sviluppo (R&S) in Italia ha raggiunto circa 519mila unità, registrando un aumento del 3,1% rispetto all’anno precedente. Questa crescita, tuttavia, non è stata uniforme: l’aumento è stato particolarmente significativo nelle istituzioni pubbliche (+6,6%) e nelle Università (+5,0%), mentre nel settore privato (imprese e non profit) l’incremento è stato decisamente più contenuto. Questo andamento si riflette anche nelle unità equivalenti a tempo pieno (Etp), che sono aumentate del 2,9% complessivo.
Il report evidenzia che i ricercatori (misurati in Etp) sono circa 170mila, rappresentando il 48,9% del totale degli addetti. La loro incidenza è maggiore nelle istituzioni non profit e nelle Università, dove costituiscono rispettivamente il 69,5% e il 67,2% del personale, e sono in netto aumento. Al contrario, nelle imprese, la quota di ricercatori sugli addetti totali è significativamente inferiore (36,6%), e si registra un calo annuale del -3,7%.
Un’analisi di genere rivela che nel 2023 le donne impegnate in attività di R&S sono state 183mila, pari al 35,3% del totale, con un tasso di crescita del 5,1%. La loro presenza è particolarmente forte nel settore pubblico e universitario, dove costituiscono circa la metà degli addetti, mentre nelle imprese rimangono una minoranza. Anche il numero di ricercatrici è in aumento, soprattutto nelle istituzioni pubbliche e nelle Università, ma resta sostanzialmente stabile nel settore delle imprese.
Infine, per quanto riguarda i finanziamenti, gli stanziamenti per la R&S da parte delle Amministrazioni centrali, Regioni e Province autonome hanno raggiunto circa 13,5 miliardi di euro nel 2023, con un aumento del 4,8%. La quota più rilevante di questi fondi è stata destinata alle Università tramite il Fondo di finanziamento ordinario.
FONTE DATI: La ricerca e sviluppo in Italia – Anni 2023-2025 DATI ISTAT
NOTA METODOLOGICA
La raccolta dei dati sulla Ricerca e Sviluppo (R&S) è un’attività strategica che si basa su rilevazioni annuali condotte dall’Istat. L’obiettivo è misurare l’attività di R&S “intra-muros”, ovvero svolta con personale e attrezzature proprie, da parte di imprese, istituzioni pubbliche, Università e istituzioni private non profit. I principali indicatori rilevati includono la spesa interna per R&S, il personale impiegato (sia in termini di numero di persone che di unità equivalenti a tempo pieno – Etp) e le fonti di finanziamento.
La metodologia adottata si conforma al “Manuale di Frascati”, un riferimento internazionale dal 1963 che garantisce la comparabilità dei risultati a livello globale. Questa armonizzazione è stata ulteriormente consolidata a livello europeo dai Regolamenti UE n. 2152 del 2019 e n. 1197 del 2020. I dati sono prodotti tramite rilevazioni dirette per le imprese e le istituzioni, mentre per le Università vengono stimate a partire da dati amministrativi forniti dal Ministero dell’Università e della Ricerca (Mur).
Inoltre, il sistema di indicatori nazionali include gli stanziamenti di spesa per R&S di Amministrazioni centrali, Regioni e Province autonome. Le analisi sulla governance aziendale si basano su dati integrati dal Registro Asia-Imprese, che permette di distinguere tra imprese indipendenti e quelle appartenenti a gruppi complessi, incluse le multinazionali.