A volte la fragilità entra nelle case in punta di piedi e resta lì, cambiando tutto. In Sicilia, a sostenere chi vive questa realtà quotidiana c’è Samot onlus, che da anni porta le cure palliative direttamente vicino a chi affronta la malattia.
Le prese in carico domiciliari, oggi, sono cresciute fino a superare 8.000 assistiti, un salto enorme se si pensa che un tempo erano poche centinaia. Un aumento che racconta molto della forza delle onlus accreditate, che garantiscono l’80-90% dell’assistenza domiciliare regionale. Eppure i dati restano duri: solo il 26% dei pazienti oncologici siciliani riceve cure palliative prima del decesso. Non abbastanza, per un territorio che convive con un alto tasso di malattie croniche e una fragilità sociale strutturale.
In questo contesto complesso, il lavoro delle equipe domiciliari diventa un presidio umano oltre che sanitario.
“I bisogni dei nostri assistiti sono svariati. Possiamo raccoglierli in quattro grandi aree: fisici e clinici, sociali, psicologici e spirituali. Serve un lavoro multidisciplinare. Attraverso un ascolto attivo riusciamo a capire cosa serve davvero e adattiamo gli interventi perché i bisogni cambiano nel tempo”, spiega Davide Testagrossa, infermiere della Samot.
“La figura infermieristica è tra le più presenti nell’assistenza poiché siamo spesso il tramite tra medici, Oss, fisioterapisti e famiglia. È una grande responsabilità, che affrontiamo con empatia e rispetto dei bisogni delle persone – aggiunge -. Accanto al paziente, però, c’è sempre qualcuno che ama, che assiste, che teme di non farcela. I caregiver vivono un carico emotivo enorme e noi siamo lì anche per loro, per ascoltarli, sostenerli, aiutarli a non sentirsi soli. Questa sofferenza tocca inevitabilmente anche chi lavora sul campo. Le famiglie ci chiedono spesso come facciamo a svolgere questo lavoro ogni giorno. Non è semplice. Lo facciamo con umiltà e professionalità, ma anche noi abbiamo bisogno di sfogare la tensione. Il confronto con l’equipe e con gli psicologi è fondamentale, ci sono anche per noi quando serve”.
“Quando arriva la morte, tutto cambia. Anche per noi – evidenzia Testagrossa -. È un momento che non diventa mai routine, perché ogni famiglia vive quel passaggio in modo diverso. Non si è mai davvero preparati. Ma il nostro compito è esserci, anche solo in silenzio, per offrire un sostegno che aiuti a non sentirsi soli davanti a qualcosa che fa paura a tutti”.
“Molto spesso le famiglie ci confidano quanto sia importante avere qualcuno accanto, qualcuno da poter chiamare quando la paura pesa troppo. Ed è lì che ci dicono: “sapere che ci siete voi ci rende più sereni”. Avere un riferimento, anche solo per un dubbio, dà loro forza e li aiuta ad affrontare la malattia e ogni giorno della loro esistenza. È questo che ci fa capire quanto il nostro lavoro possa davvero fare la differenza”, conclude.




