Una diagnosi sbagliata che avrebbe comportato la fine della carriera agonistica per un giovane sportivo. Seppure l’immagine apparsa sullo schermo al momento dell’esame clinico era relativa a una precedente visita, la conclusione del medico sulla guarigione dello sportivo era invece esatta.
Ci sono voluti, però, quasi otto anni e delle complesse indagini difensive di tipo informatico, corroborate da consulenze mediche specializzate, cui è seguito un processo durato ben quattro anni, con l’escussione di numerosi testimoni, per affermare la correttezza dell’operato del medico specialista Domenico Parisi, in servizio presso la divisione di Ortopedia pediatrica dell’ospedale Cervello.
Il giudice monocratico della seconda sezione del tribunale di Palermo Andrea Innocenti lo ha assolto dal reato di lesioni personali colpose “perché il fatto non sussiste”, accogliendo integralmente la richiesta degli avvocati Gioacchino Genchi e Danilo Spallino.
L’episodio risale al 16 novembre 2013, quando uno studente atleta di 13 anni, dopo aver ricevuto, durante l’ora di scienze motorie, una pallonata sul polso sinistro fratturato un mese prima nello stesso punto, si recava accompagnato dai genitori al pronto soccorso del Cervello per farsi refertare e medicare. In quella sede veniva visitato dal dottore Parisi che, dopo aver visto la radiografia sul computer collegato col PACS, il sistema di archiviazione e trasmissione di immagini, e visitato il paziente facendogli muovere più volte il braccio colpito, concludeva che si trattava di una «frattura incompleta» con conseguenti 25 giorni di sola fasciatura, nonostante il padre insisteva nel “confezionare un apparecchio gessato nell’ipotesi che il ragazzo poteva essere più tutelato”.
Il 22 novembre successivo, invece, il giovane era stato portato per una visita specialistica nello studio privato del professore Antonio Pace, specialista in ortopedia e traumatologia, nonché primario dell’unità di Traumatologia presso l’ospedale “Giuseppe Giglio” di Cefalù, il quale certificava la “non completa consolidazione della frattura”. Questo aveva portato i genitori del giovane atleta a denunciare il dottore Parisi poiché, a causa della sua diagnosi rivelata sbagliata, il figlio non avrebbe più potuto “eseguire attività fisica né ginnastica”.
Una considerazione smentita su più fronti nel corso del processo, dato che gli avvocati Genchi e Spallino avevano nel frattempo avviato una corposa attività difensiva. Intanto, gli stessi consulenti del pubblico ministero, il dottore Massimo Grillo (specialista in medicina legale e delle assicurazioni) e il professore Antonino Sanfilippo (specialista in ortopedia e traumatologia) ritenevano “che l’esame clinico eseguito in sede di accertamento peritale non ha mostrato alcuna deformità del profilo anatomico del polso con assenza di gonfiore e mantenimento della normale angolazione della linea bistiloidea, con normofunzionalità dell’articolazione del polso: l’assenza di deviazione sul piano clinico porta pertanto ad escludere con elevata probabilità la presenza postumi penalmente rilevanti in atto esitati”. Insomma, nonostante la diagnosi incompleta, indotta da un difetto del sistema informatico di gestione dei referti radiografici dell’ospedale, il braccio del ragazzo era comunque guarito perfettamente, senza alcuna conseguenza dannosa.
A spiegare l’equivoco delle immagini sbagliate apparse quel giorno è stato il consulente informatico della difesa Fabio Puleo, secondo cui, per dei problemi nel sistemi informatico al tempo utilizzato presso l’Ospedale “Cervello”, e poi dismesso, “era possibile che dal pc collegato con il PACS venissero visualizzate immagini radiografiche eseguite in date precedenti”, specificando che “il sistema PACS di propria iniziativa possa attribuire date sbagliate è da escludere”. Infatti, lo stesso dottore Parisi, nel corso della sua deposizione, aveva riferito che gli “è comparsa l’immagine senza data”.
In più, Parisi ha fornito al tribunale un ulteriore elemento riguardo la correttezza profusa in questo caso. In occasione della rimozione del primo gesso, avvenuta il 15 ottobre precedente, aveva vivamente consigliato al padre dell’atleta “di evitargli giochi traumatizzanti, tipo: il calcio, la bicicletta”, in quanto “le fratture, anche se guarite, possono andare incontro a una recidiva nello stesso punto”. Tutti elementi che, alla fine, hanno portato il giudice a credere alla versione dell’imputato, che è stato dunque assolto con formula piena da ogni accusa.