La ricerca di gioielli sul corpo di un paziente deceduto, il furto di un rosario dalla mano di una salma dentro una bara. E poi danneggiamenti e furti alle imprese concorrenti.
E’ quanto ripreso dai carabinieri del comando provinciale di Catania nell’indagine ‘Requiem’ sul ‘monopolio’ che un’agenzia di onoranze funebre avrebbe imposto anche con la violenza nell’ospedale ‘Gravina’ di Caltagirone. Le registrazioni fatte con telecamere nascoste fanno parte dell’inchiesta della Procura di Caltagirone che ha chiesto e ottenuto l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare per nove indagati, che è stata eseguita dai militari dell’Arma.
L’inchiesta ‘Requiem’ della Procura di Caltagirone, condotta dal marzo 2019 allo stesso mese dei 2020, è stata avviata dopo le denunce di una ditta di onoranze funebri. Le indagini dei militari dell’Arma della locale compagnia, spiega la Procura, hanno permesso di “scoprire un gruppo criminale che aveva il suo centro logistico nell’ospedale ‘Gravina e Santo Pietro’ di Caltagirone, oggetto di vera e propria ‘occupazione militare'”.
Il gruppo, secondo i pm, “non esitava a minacciare ed aggredire, anche fisicamente, il personale sanitario impegnato a far rispettare le norme anti Covid-19”, come accaduto a un infermiere che è stato anche minacciato di morte da uno degli indagati. Secondo l’accusa, il gruppo, anche “col supporto di alcuni operatori in servizio nell’ospedale”, si sarebbe reso responsabile di “atti di concorrenza illecita verso altre imprese operanti nel settore delle onoranze funebri” come “danneggiamenti di arredi funerari, furti di parti di essi, l’appropriazione dei talloncini identificativi collocati sulle salme, una volta strappato anche da un feto”. Quest’ultimo metodo avrebbe permesso di “assicurare per sé il rintraccio dei parenti ai quali proporsi per le onoranze funebri e, al contempo, per evitare che altri concorrenti nel settore potessero entrare in possesso delle informazioni anagrafiche contenute”. Nella camere mortuarie, inoltre, il gruppo avrebbe eseguito la “‘perquisizione’ delle salme con minuziose ricerche” con “l’appropriazione di monili, oggetti preziosi o semplici coroncine del rosario posizionate tra le mani dei defunti”.
Dalle indagini è emerso anche un episodio di istigazione alla corruzione: un operatore in servizio al pronto soccorso avrebbe promesso un appartenente all’associazione a delinquere alla dazione denaro in cambio della segnalazione di un paziente non deambulante che aveva bisogno di essere trasportato in ambulanza. Gli arrestati sono: Angelo Agnello, di 57 anni, Massimiliano Indigeno, di 47, Alfredo Renda, di 68, e Davide Annaloro, di 46. Ai domiciliari è stato posto Alberto Agnello, di 56 anni
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