“Giacomo Causarano si è posto, con le condotte poste in essere come punto di riferimento affidabile del gruppo Nicastro-Arata per agevolare l’iter burocratico delle pratiche avviate con le domande per l’ottenimento dell’autorizzazione per la costruzione di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile e ha messo la funzione pubblica a disposizione del privati in cambio di denaro“.
Così il gup di Palermo ha motivato la condanna per corruzione a 3 anni e 4 mesi inflitta in abbreviato a Giacomo Causarano, dirigente regionale coinvolto nell’inchiesta che tre anni fa ha portato all’arresto, tra gli altri, dell’imprenditore dell’eolico Vito Nicastri, del figlio Manlio, accusati di intestazione fittizia e corruzione e di Paolo Arata, faccendiere ed ex consulente della Lega ritenuto socio occulto di Nicastri.
La motivazione della sentenza è stata depositata nei giorni scorsi. A carico di Causarano le dichiarazioni di Nicastri, ritenuto dagli inquirenti tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro. Nicastri, che ha patteggiato la pena, è stato definito dal gup “essenziale” per l’accertamento della responsabilità penale di Causarano che, nelle intercettazioni, erra definito dagli Arata come “l’olio degli ingranaggi“. Causarano avrebbe fatto da tramite tra il gruppo imprenditoriale facente capo a Nicastri e Arata e un altro dirigente regionale, Alberto Tinnirello, pure lui imputato di corruzione e sotto processo separatamente con gli Arata.
L’inchiesta sui Nicastri ipotizzò un giro di mazzette alla Regione siciliana in cambio dell’approvazione di progetti legati a impianti di energie alternative. Nicastri ha cominciato a parlare coi pm svelando i nomi dei protagonisti dell’ennesimo caso di corruzione nella burocrazia regionale siciliana.
“Giacomo Causarano si è posto, con le condotte poste in essere come punto di riferimento affidabile del gruppo Nicastro-Arata per agevolare l’iter burocratico delle pratiche avviate con le domande per l’ottenimento dell’autorizzazione per la costruzione di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile e ha messo la funzione pubblica a disposizione del privati in cambio di denaro“.
Così il gup di Palermo ha motivato la condanna per corruzione a 3 anni e 4 mesi inflitta in abbreviato a Giacomo Causarano, dirigente regionale coinvolto nell’inchiesta che tre anni fa ha portato all’arresto, tra gli altri, dell’imprenditore dell’eolico Vito Nicastri, del figlio Manlio, accusati di intestazione fittizia e corruzione e di Paolo Arata, faccendiere ed ex consulente della Lega ritenuto socio occulto di Nicastri.
La motivazione della sentenza è stata depositata nei giorni scorsi. A carico di Causarano le dichiarazioni di Nicastri, ritenuto dagli inquirenti tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro. Nicastri, che ha patteggiato la pena, è stato definito dal gup “essenziale” per l’accertamento della responsabilità penale di Causarano che, nelle intercettazioni, erra definito dagli Arata come “l’olio degli ingranaggi”. Causarano avrebbe fatto da tramite tra il gruppo imprenditoriale facente capo a Nicastri e Arata e un altro dirigente regionale, Alberto Tinnirello, pure lui imputato di corruzione e sotto processo separatamente con gli Arata.
L’inchiesta sui Nicastri ipotizzò un giro di mazzette alla Regione siciliana in cambio dell’approvazione di progetti legati a impianti di energie alternative. Nicastri ha cominciato a parlare coi pm svelando i nomi dei protagonisti dell’ennesimo caso di corruzione nella burocrazia regionale siciliana.