Un cambio epocale per la Cina che segnerà la fine del consumo umano di cani e gatti con l’esclusione dall’elenco ufficiale di gestione del bestiame e del pollame.
Il ministero dell’Agricoltura e degli Affari rurali ha affermato di “riconoscere i cani come animali da compagnia e non idonei a essere gestiti come bestiame”.
Han Changfu ha pubblicato, infatti, un documento ieri, giovedì 9 aprile 2020, in cui si evince, a sue parole, il “progresso della civiltà umana”, evidenziando la crescente preoccupazione pubblica per il benessere degli animali e la prevenzione della trasmissione di malattie degli stessi agli esseri umani.
Shenzhen, città nella Cina Sud-orientale, è stata la prima a vietare il consumo di carne di cani e gatti. Una mossa che ha dato speranza ai gruppi di protesta. Ora si attende che il resto della nazione segua l’esempio grazie al nuovo progetto politico.
La Humane society international stima che sono tra i 10 e i 20 milioni i cani uccisi ogni anno per la loro carne in Cina. Animals Asia indica che sono circa 4 milioni all’anno i gatti uccisi, in particolare nelle regioni di Guangxi e Zhejiang.
La maggior parte di questi sono animali rubati e non allevati in strutture adeguate e/o in cattività.
Ogni anno a giugno, si tiene il Festival della carne di cane di Yulin. Dagli 11 mila ai 15 mila cani vengono macellati per la tradizionale sagra alimentare.
L’elenco aggiornato del ministero dell’agricoltura, che attende solo l’approvazione, include diverse specie di animali selvatici.
Per l’esattezza, 31 specie, tra cui 18 tipi di bestiame e pollame tradizionali e 13 tipi speciali come animali della fauna selvatica: cervi, uccelli selvatici, visoni e volpi.
Il divieto temporaneo di commercio di animali selvatici era stato imposto a fine gennaio in risposta allo scoppio di Covid-19. Molti sostengono che la pandemia si sia originata dalla catena di approvvigionamento di specie selvatiche.