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Il silenzio della città

venerdì 17 Aprile 2020
Strade deserte, negozi chiusi a Palermo-Coronavirus

Dall’alto lo spettacolo delle città che le immagini televisive e dei droni  ci mostrano, è lo svuotamento. È la primavera del coronavirus e il cielo è azzurro, l’aria  tersa  e gli alberi e i prati sembrano indifferenti, tra case, palazzi e monumenti.

Sembra quasi affascinante questo svuotamento. Dicono che ci sia un silenzio surreale. E invece no, non è surreale, è il realissimo silenzio che ci avvolge e stordisce come quando in un treno in corsa, prima di entrare in una galleria oscura, si chiudono i vetri del finestrino e il vocio sfrenato del vento si arresta di colpo. È un silenzio ancora più denso e inquietante quello che mi avvolge se mi affaccio dal mio balcone al dodicesimo piano di via Leonardo da Vinci, in una Palermo che ha perduto quel caos  di  voci, rumori, stridori di freni e il consueto andirivieni di automobili e persone. Latrano cani nella notte, abbaiano di giorno cani solitari chiedendosi forse dove siano finiti gli abitanti e il loro rumoroso vivere quotidiano. La città silenziosa e immobile, come era impossibile pensarla appena poco più di un mese fa, grida da questo vuoto silenzio non più “cantatore” come suonava l’antica melodia napoletana, ma produttivo come una geremiade da cui  fioriscono pensieri, propositi e utopie.

Questo vuoto si affolla, lo sentiamo pieno, reale come il nostro respiro, come  il volo del  gabbiano ramingo che cerca invano il cibo là dove prima lo ammassavano gli uomini quando il caos regnava sovrano. Ora invece il vuoto è ricolmo, pieno di silenzio. Un vuoto pieno di silenzio.

La pienezza del vuoto ora non è più solo un ossimoro ma una verità che semplicemente si rivela ai nostri occhi e al nostro udito, come anche la scienza ci racconta quando spiega  che ciò che noi consideriamo il vuoto interstellare, è invece uno spazio produttivo dal quale altre stelle e altri mondi fioriscono nel cosmo della vita. E così, questo silenzio si riempie dei nostri pensieri e soffia sulla nostra coscienza la precarietà dell’essere e delle cose  ma anche la loro resistenza. La nostra resilienza.

Ho pensato alla recente conversazione tenuta a Palermo durante la settimana dantesca, dal fisico Guido Tonelli  che nel suo libro, Genesi, narra  l’origine della vita  secondo le ultime e più accreditate scoperte scientifiche e ai versi che mi ha ispirato quella sua immagine che oggi mi ritorna, osservando dal mio balcone l’orizzonte della Conca d’Oro che si dilata fino all’orizzonte marino seguendo, dal Monte Cuccio  al Monte Pellegrino a Capo Zafferano, la trama ineguale di strade, case, palazzi e monumenti che ignorano questo silenzio e i secoli di storia che solo noi uomini possiamo abbracciare nella nostra memoria debole e persistente. Oggi vi è ancora  bisogno di questo racconto che partendo dai sette giorni biblici giunge fino ai buchi neri, al vuoto originario  che nel suo nulla contiene lo zero,materia e antimateria che fluttuando si ingravidano  nel caos  che nasconde lo zero e si evolve in catastrofi, in una crescita esponenziale e incandescente di spazio-tempo nell’energia gravitazionale e nell’attrazione tra protoni ed elettroni  che si fanno materia e poi ritornano allo zero e al vuoto  da cui rinascono altri universi, per ricominciare il corso indefinibile della vita.

Siamo in questa lunga e oscura galleria pandemica e dentro il silenzio improvviso del treno che continua la sua corsa mentre fuori l’aria è tersa e i monumenti parlano diffidando della precaria armonia che i Sapiens sanno creare e disfare, cercando il bello che l’universo nasconde nel silenzio del suo presunto vuoto:

 

L’incubo non inizia è sempre pronto

a inghiottirti nel gorgo del suo vuoto

che confonde la vita e la rinnova

nella morte che danza  l’avventura

del ritorno alla luce e alla silente

musica in divenire della nota

inudibile e lieta del respiro

del tempo che trascina nel suo spazio

i corpi astrali volti alla gran fuga

nel desiderio dell’incandescenza

dove esplode rinasce e si consuma

ogni attesa al congaudio d’amore

che si fa stella e insegue altra avventura

nel grande ventre caos del  cosmo.

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