Per una società fortemente intrisa di valori tradizionali come quella siciliana, nella quale il “rispetto” nei confronti di chi deteneva il potere si esternava anche attraverso gesti di plateali di sottomissioni, il decreto con cui Giuseppe Garibaldi, il 13 giugno del 1860, d’un colpo cancellava il titolo di “Eccellenza” e vietava il tradizionale “baciamano da uomo ad altro uomo”, aveva molto più del simbolico, ma costituiva, di per sé, un vero e proprio atto rivoluzionario.
Questo decreto, infatti, come ne scrisse lo stesso liberatore esaltava “un popolo libero che deve distruggere qualsiasi usanza derivante del passato servaggio”.
Parole e motivazioni enfatiche, certamente, ma che avevano convinto si erano imbarcati in quella gloriosa impresa, in particolare, Francesco Crispi che, di questo, come di altri atti rivoluzionari può essere considerato il vero promotore in quei giorni decisivi per la storia dell’Isola e della stessa Italia. Ma non ne erano, però, altrettanto convinti molti di quei nobili e borghesi. E non ci si riferisce solo a quelli più ottusi e per questo incapaci di leggere i segni dei tempi, ma anche quelli più opportunisti – ed erano tanti – che, come ricordava il giovane Tancredi Falconieri, avevano furbescamente pensatoi che bisognasse “cambiare tutto per non cambiare niente” o, ancora, che come il rampante principino Uzeda dei Viceré, non si facevano scrupolo ad affermare che una volta fatta l’Italia, “dobbiamo fare gli affari nostri”.
Di questi mugugni e risentimenti ne avrebbe fatto cenno, in un passaggio interessante della sua opera, l’illustre demologo – termine che equivale oggi ad antropologo – Giuseppe Pitré il quale, a questo proposito, annotava che il baciamano non era affatto una usanza spagnolesca che manifestava sottomissione e servilismo ma che era una nobile tradizione e civile per giunta la cui cancellazione, diremmo con il linguaggio corrente, veniva a costituire violenza alla cultura siciliana.
Se, dunque, sul piano formale quel decreto, che mai venne soppresso e che può essere ancora considerato in vigore, divenne anche il simbolo della rottura con una società carica di arcaismi e refrattaria alla modernità, non si può dire che abbia avuto effetti reali.
Quell’usanza odiosa deferenza, soprattutto nel mondo rurale, continuò a praticarsi fin quasi ai giorni nostri. Particolare significativo, per smontare quella certa nobilitazione fatta dal Pitré, è ricordare che se l’uso del baciamano “da uomo a uomo” è ormai scomparso e perfino nel mondo della Chiesa viene messo in forse, nelle società criminali, cioè fra mafiosi continua a praticarsi assumendo quel contenuto di riprovevole sottomissione che, come evidenziava Garibaldi, non si conveniva ad uomini liberi.