“Quando arrivai a Palermo, una decina di giorni dopo la strage Borsellino, trovai una città impietrita, impaurita. Ventotto anni dopo, Palermo è cambiata, è piena di vita. E, soprattutto, la mafia delle stragi è stata sconfitta. Ma la mafia è come il virus, che in certe zone ancora resiste. E il contagio è dietro l’angolo“. Lo afferma in un’intervista al quotidiano La Repubblica Renato Cortese, questore di Palermo.
Per Cortese “è ancora presto per capire cosa accadrà davvero nell’organizzazione, che è in difficoltà, fiaccata da arresti e sequestri. Ma quei mafiosi degli anni Ottanta tornati in città e ormai sdoganati potrebbero voler ricostituire vecchi equilibri. E, intanto, sono stati accreditati nuovamente nell’organizzazione con ruoli strategici“. Il questore ribadisce: “Palermo è cambiata. Perché lo Stato ha saputo dare una risposta importante alla violenza di quei giorni del 1992. E questo ha consentito ai cittadini di recuperare fiducia nei confronti delle istituzioni e di togliere consenso sociale alla mafia. Cosi’, i commercianti non sono più disposti a pagare il pizzo e denunciano. La gente vuole vivere una vita finalmente normale“.
Nel 1996 Cortese faceva parte della squadra che arrestò il boss Giovanni Brusca. “Quella sera del 20 maggio – racconta –, ero nella sala intercettazioni della Mobile, da lì seguivo i miei uomini ad Agrigento. Un ispettore ebbe l’idea di fare passare una moto smarmittata proprio mentre Brusca era al telefono. In questo modo, individuammo il suo covo. Quando facemmo irruzione, stava vedendo un film su Giovanni Falcone“.