La cronaca di qualche anno fa ha dato ampio spazio al grave fatto di sangue verificatosi a Macerata dove una ragazza, Pamela Mastropietro, attirata in una casa da un gruppo di spacciatori nigeriani, è stata uccisa e fatta a pezzi con una perizia che, come è stato osservato, avrebbe richiesto ad un anatomo patologo dieci ore di lavoro e l’impiego, per la macabra operazione, degli strumenti propri di una sala autoptica.
Il criminologo Meluzzi, ma non soltanto lui, traendo spunto da questo grave fatto di cronaca, ha ricondotto tale evento a fatti che, nella prassi della mafia nigeriana, sono tutt’altro che rari quali il cannibalismo rituale. Il fatto che tra i resti sezionati della ragazza non siano stati rinvenuti il cuore e il fegato, afferma sempre il Meluzzi, induce a ritenere che questi organi siano stati mangiati, cosa non infrequente in alcuni ristoranti specializzati di Benin. Il cuore della vittima, sarebbe per il mafioso nigeriano, uno strumento per acquisire forza, potere coraggio e ciò conformemente alla pratiche cannibaliche rituali proprie di alcune sette nigeriane i cui adepti arriverebbero da noi con i barconi.
A prescindere dalla fondatezza o meno delle affermazioni del Meluzzi, non vi è dubbio che oggi una particolare attenzione deve essere posta alla mafia nigeriana che ha in Italia il monopolio dello sfruttamento della prostituzione minorile, dello sfruttamento dell’accattonaggio e dello spaccio degli stupefacenti al minuto, attività che vengono tollerate da Cosa Nostra e dalla n’drangheta che lasciano spesso ai nigeriani il controllo di tali attività illecite.
Proprio di recente, una indagine condotta dalla Procura della Repubblica di Palermo ha portato all’arresto di 20 persone consentendo di porre in luce l’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere di stampo mafioso, denominata “Black Axe”, un sodalizio definito comunemente “nigerian cult”, caratterizzato da estrema pericolosità e da metodi violenti, costituitosi in Nigeria nel 1997 e poi diffusosi in tutto il mondo e anche in Italia. Sentenze pronunciate da Tribunali italiani, infatti, hanno ricondotto tale sodalizio ad una vera e propria associazione di stampo mafioso, secondo quanto previsto dall’art. 416 bis del nostro codice penale.
Secondo quanto riferito da un affiliato, che ha deciso di collaborare con la Procura di Palermo, il sodalizio di cui trattasi, analogamente a quanto avviene in Cosa Nostra, avrebbe dei particolari riti di affiliazione ed una struttura organizzativa di tipo gerarchico caratterizzata da un capo assoluto nigeriano e da altri organi aventi competenze nei vari settori come quello finanziario, quello punitivo, quello del controllo della sicurezza delle riunioni e quello della direzione militare. Colui il quale intende entrare a far parte del sodalizio viene sottoposto ad una sorta di apprendistato e sottoposto ad un vero e proprio pestaggio che serve a testare la capacità del nuovo affiliato di affrontare con coraggio e fermezza la sofferenza. Soltanto se questa prova viene superata, il capo assoluto ne dichiarerà la affiliazione.
Il magistrato napoletano Giuseppe Borrelli ha svelato i terribili retroscena che precedono l’ingresso nella setta nella quale si entra con un rito animista bevendo pozioni di sangue e gin acqua e tapioca. Una volta entrati nella setta non è più possibile uscirne pena la morte e da quel momento l’affiliato sarà obbligato a spacciare, clonare carte di credito, uccidere, prostituirsi se è una donna.
Secondo quanto riportato dal mensile della comunità nigeriana in Italia, “Echo News” i membri di queste “sette” sono ladri ricercati in Nigeria, assassini, magnaccia, ricettatori e persone che in qualche modo, hanno un conto aperto con la giustizia. In media sono uomini giovani, senza un domicilio stabile, che si spostano operando in diverse cellule del “culto” di appartenenza, nelle città in cui sono insediate.
La mafia nigeriana è inoltre caratterizzata da culti segreti e riti voodoo. Scrive Giuseppe Carrisi nel libro “La fabbrica delle prostitute : “ Un ruolo di primo piano nello sfruttamento della prostituzione lo giocano i cosiddetti “culti segreti” nigeriani. Si tratta di associazioni di natura mafioso-massonica, le “confraternite”con un alto tasso di omertosità interna e un fideismo superstizioso racchiuso nelle pratiche del vodoo e nei riti iniziatici tribali. Gli affiliati, che hanno l’obbligo di versare delle quote periodiche, devono obbedienza incondizionata ai capi ed accettarne l’ampia discrezionalità nelle decisioni delle sanzioni , dai pestaggi alle frustate, fino alle aggressioni a colpi di machete”
Come si è detto, una delle attività della mafia nigeriana è quella dello sfruttamento dell’accattonaggio. Si tratta di un vero e proprio impero dell’elemosina e la mafia nigeriana sfrutta il senso di pietà e di umanità che spesso ci induce a dare qualche centesimo all’emarginato africano che staziona davanti un negozio, un supermercato, una chiesa. L’arrivo in Italia, sui gommoni, di questi clandestini, (che arrivano a Lampedusa e si inseriscono nei centri di accoglienza) poi destinati all’accattonaggio, viene gestito da un boss del traffico, chiamato Don, che vive in una villa a Benin City e che ha creato una organizzazione che si sta estendendo a Brescia, Torino, Castelvolturno, Palermo e Milano.
La denominazione del sodalizio “Ascia Nera” deriva dal fatto che colui il quale dovesse rivelare questo traffico, verrebbe aggredito con un’ascia ed ucciso. A capo di ogni famiglia dell’Ascia Nera vi è una donna, una ex prostituta chiamata “Maman” mentre gli affiliati vengono chiamati “boys”. La Maman è in collegamento con il capo assoluto, il Don, che come si è detto vive in Nigeria a Benin.
Ha raccontato uno studente clandestino, venuto con un gommone, che certi ragazzi nigeriani per pagarsi il viaggio ingeriscono ovuli con la droga e che nel caso di un ragazzo morto annegato, i Boys nigeriani, avevano squartato il cadavere per estrarne la droga disperdendo poi il corpo fatto a pezzi sulla spiaggia di Lampedusa. Impressionante l’analogia con quanto accaduto alla ragazza di Macerata. Sempre secondo il suddetto clandestino la Maman è circondata dai Maman boys, le sue guardie del corpo, e che queste Maman, che in Italia si trovano a Torino, a Castelvolturno e a Piazzale Certosa vicino alla caserma Montella, sono oggetto di una venerazione quasi sacerdotale e gestiscono oltre che l’accattonaggio il traffico della prostituzione. Colui il quale fa accattonaggio per conto dell’organizzazione, è controllato da un accompagnatore che lo sorveglia al quale versa il provento dell’elemosina elargita dai passanti che, inconsapevoli, ritengono doveroso aiutare i rifugiati ed accoglierli. Ma questi giovani scappano veramente dalla guerra?
Secondo il citato magistrato napoletano, risulta dalle dichiarazioni acquisite da parte di soggetti interni all’associazione, che una parte dei proventi illeciti conseguiti dalle varie cellule vengono poi trasmessi in un paese africano ad un’unica persona.
Come riferito da Abubakar, agente della dogana nigeriana, gli uomini e le donne reclutati per le attività illecite, quali accattonaggio, spaccio di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, vengono prelevati dalla popolazione rurale migratoria, gli emarginati delle città e gli abitanti dei sobborghi. Il trasporto della cocaina nei voli commerciali, nazionali ed internazionali, costituisce per loro una delle poche alternative alla miseria permettendo alti guadagni e un confortevole stile di vita.
La maggior parte dei corrieri della droga viene fornita da villaggi poverissimi dell’Amazzonia colombiana, boliviana del Perù, da centinaia di angoli sperduti nelle foreste della Giamaica, del Belize, del Suriname. Ebbene la mafia Nigeriana, per ciò che riguarda il traffico di droga, immagazzina la roba e organizza i trasporti umani verso l’Europa.
La mafia nigeriana ha assunto una posizione di rilievo nell’ambito della criminalità organizzata e in particolare nel traffico di cocaina che attualmente estende il suo raggio di azione in numerosi Paesi quali : Germania, Spagna, Portogallo, Belgio, Romania, Inghilterra. Austria, Stati Uniti, Croazia, Slovenia. Repubblica Ceca, Ungheria, Ucraina, Polonia e Russia. Anche in Italia tale traffico, gestito dalla mafia nigeriana, è particolarmente presente a Napoli e nell’hinterland romano. In numerose citta italiane peraltro, la mafia nigeriana è presente soprattutto con lo sfruttamento della prostituzione delle proprie connazionali, così dicasi per le città di Torino, Milano, Trieste, Udine, Padova, Rovigo, Rimini, Ancona, l’Aquila, Perugia. Una minore diffusione del fenomeno si riscontra in Calabria e Sicilia il che probabilmente è dovuto a uno stretto controllo del territorio operato dalla mafia e dalle altre organizzazioni criminali presenti.
Sono stati accertati anche dei collegamenti tra la mafia nigeriana presente in Italia e il terrorismo islamico. Di tali contatti ha parlato un giovane del Ghana il quale ha deciso di collaborare con l’autorità giudiziaria riferendo quanto a sua conoscenza sulla mafia nigeriana di cui aveva fatto parte. Come si legge nel libro di Roberto Mirabile “La Mano nera sulla città” ha dichiarato tale giovane : “Facevo anche io parte della mafia nigeriana, ma facevo piccole cose per loro per sopravvivere. Questa storia comincia nove mesi fa, quando grazie ad un amico che sapevo essere un informatore dei carabinieri, sono andato in caserma e poi davanti ad un magistrato, a raccontare tutto : dei clan Eye e di come un terrorista, che un tempo è stato mio amico, ha cercato di usarmi per venire in Italia a fare dei sopralluoghi per l’Isis, pensando di trovare appoggi proprio tra gli esponenti della mafia nigeriana”.
Il giovane ghanese era stato contattato dal terrorista islamico, divenuto soldato dell’Isis e da lui conosciuto quando entrambi, fuggiti dai rispettivi paesi, si erano rifugiati in Libia. Questi gli aveva detto che doveva fare delle foto e preparare del materiale sulle principali città italiane e in particolare su Roma e Milano e che a tal fine sarebbe venuto in Italia. Si era informato della mafia nigeriana, gli aveva chiesto di aiutarlo, aiuto che il giovane aveva rifiutato decidendo, anche per evitare rappresaglie nei suoi confronti, di contattare il suo amico informatore e iniziare a collaborare con le autorità italiane.
Il traffico di sostanze stupefacenti, la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento della prostituzione sono quindi le attività principali dei gruppi criminali nigeriani e del centro Africa presenti in Italia. Né va trascurato, come risulta dall’ultima relazione della Direzione investigativa antimafia, come gruppi nigeriani siano attivi nel trasporto verso il nord Europa –via Ventimiglia – di profughi e clandestini provenienti dalla Siria, dall’Egitto, dal Sudan e dall’Eritrea, in Sicilia, Calabria e Campania .
Per quanto riguarda poi i rapporti con le organizzazioni criminali tradizionali, Mafia, N’drangheta, Camorra, si legge nelle suddetta relazione che : gli altri gruppi di matrice etnica, operano tendenzialmente con il beneplacito delle mafie storiche mentre in altre zone dimostrano una maggiore autonomia che sfocia in forme di collaborazione quasi alla pari. E si legge ancora nella relazione come. forte resti la capacità di interagire con le organizzazioni di riferimento nei Paesi di origine e con cartelli multinazionali, dei quali rappresentano, nella maggior parte dei casi “delle cellule operative distaccate, funzionali alla realizzazione degli illeciti”
I gruppi criminali nigeriani costituiscono pertanto una organizzazione criminale non meno pericolosa delle organizzazioni criminali tradizionali, gruppi che come emerge dalla relazione della Direzione investigativa antimafia continuano a “distinguersi per le modalità particolarmente aggressive” con le quali portano avanti le proprie attività illecite. Aggiungono gli analisti della Dia, come il gruppo più forte e pericoloso sia il “Black Axe” (l’Ascia nera) “il cui vincolo associativo viene esaltato da una forte componente mistico-religiosa”. Forse in tale componente potrebbe andare ricercato il movente dell’orribile fine riservata a Pamela Mastropietro il cui corpo è stato, ad opera di alcuni nigeriani ora indiziati di omicidio vilipendio ed occultamento di cadavere, sezionato e rinchiuso in due trolley abbandonati in un fosso nelle campagne del maceratese