Rivedere dal vivo il sorriso segreto di Eleonora e lo sguardo luminoso dell’Annunziata, nelle stanze del loro soggiorno terrestre che ha superato il limite del tempo divenendo frammento dell’eternità concessa alla bellezza che “vince di mille secoli il silenzio” era forse il senso dell’attesa che il coronavirus portava anche con sé.
Cento giorni di clausura per difenderci dal contagio del nuovo fantasma che si aggira nel mondo, hanno infatti cambiato inopinatamente la nostra vita e le nostre abitudini, ci hanno impedito anche i teatri, le biblioteche ed i musei oltre che gli stadi e le discoteche, i bar, le barche e i ristoranti. Lo scandalo delle amate movide, sinonimo della falsa libertà e divenute il nuovo panem et circenses, è stata comunque la risposta più deleteria e antidemocratica da parte dei tanti cittadini che consideravano i musei solo quando essi divenivano sede di avvenimenti culturalmente discutibili.
“Bisogna riconoscere però che molti giovani si sono visti qui a Palazzo Abatellis, in questi giorni di riapertura ad ingresso gratuito voluta dal nuovo Assessore ai Beni Culturali” mi dice Evelina De Castro, la giovane direttrice di questo museo che nel senso della continuità con i suoi predecessori conduce con entusiasmo le nuove iniziative consone alla migliore fruizione delle opere esposte. Esse in continuità ideale con i reperti conservati nel Museo archeologico Salinas, riprendono il filo della storia culturale della nostra città , con documenti di grande valore artistico che vanno dall’età medioevale fino al Settecento. Osservo che gli unici svaghi concessi erano quelli virtuali ma se un quadro, una statua, una musica si possono anche godere virtualmente e in streaming, come si dice oggi, certo questa condizione non può risultare appagante e non corrisponde al profondo desiderio come quando vediamo, sentiamo e vagheggiato dal vivo ciò che amiamo.
Certo solo allora il rapporto si fa più vero perché concreto ed il dialogo con la bellezza si offre in tutte le sue sfaccettature senza altri intermediari se non la nostra fantasia e “l’ immaginario pregresso” che ogni volta si risveglia diversamente di fronte all’oggetto reale del nostro desiderio. Ed eccomi dunque davanti al portale di Palazzo Abatellis, il luogo dell’incanto dove la bellezza si mostra a chi la cerca e la sa ritrovare e si lascia legare, in questo caso delle gòmene carnalivaresche che lo decorano, per proseguire nel razionale labirinto estetico che Carlo Scarpa con gli architetti e le maestranze palermitane seppe restituire al suo fascino quattrocentesco di rinascimento autonomo poi stravolto dalla splendida creatività barocca e distrutto dai bombardamenti del 1943.
Dalla distruzione si seppe restituire all’ ideale palazzo del portulano del regno, una immagine filologicamente corretta e adattata sapientemente alle esigenze museali, creando un prototipo di museo contemporaneo divenuto dal 1954 modello di straordinaria concezione espositiva per la fruizione più esigente e godibile delle opere esposte. Grazie alla lungimiranza di Alberto Samonà per sette giorni tutti i palermitani possono dunque ritornare all’Abatellis e riammirare i capolavori che connotano la città e i suoi rapporti con le nazioni europee. I giovani studenti e molti nuovi curiosi hanno risposto.
Evelina De Castro solerte direttrice e vigile conservatrice di un allestimento storico ampliato opportunamente da Vincenzo Abbate, mi accompagna in questo splendido attraversamento reso più incisivo dalla sua presenza e dalle regole antivirus che rendono il percorso più consono alla fruizione ravvicinata e ordinata nei due cortili e i due piani di un mondo incantato che dal Trionfo della morte giunge all’apoteosi del salone delle Croci e di Tommaso De Vigilia dopo le due incredibili sale del Laurana e del Gagini nelle quali Eleonora d’Aragona e il Giovinetto dai capelli d’oro segnano l’apice del nostro rinascimento nell’età aragonese che in pittura ebbe come vero sovrano Antonello da Messina presente con i tre padri della chiesa e la ineffabile Annunziata.
Trovo dei giovani visitatori silenziosi che si soffermano nei due corridoi dedicati ai caravaggeschi, al Paladini e a Pietro Novelli e mi accorgo delle interessanti aggiunte e opportune variazioni espositive che la nuova gestione ha pudicamente proposto. Il mio amico Vincezo Abbate ha dato il “la” all’esecuzione di un progetto che risuona beneagurante alle attese dei cittadini e dei turisti colti che visiteranno Palermo.