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Università: “Aula aperte a settembre ma non per tutti”

lunedì 15 Giugno 2020
protesta precari

Si torna in aula a settembre, ma non torneranno tutti gli studenti“. A comunicarlo è Gaetano Manfredi, ministro dell’università e della ricerca a Circo Massimo su Radio Capital.

Infatti: “gli stranieri avranno difficoltà a frequentare in Italia e probabilmente ci saranno ancora limitazioni agli spostamenti anche per i fuori sede. In più, in alcune università ci possono essere alcuni problemi di affollamento, che non consentono a tutti di poter frequentare. A settembre alcuni continueranno a seguire a distanza. A febbraio si potrà tornare alla normalità, con la presenza di tutti gli studenti. Chiaramente noi dobbiamo tornare in presenza ma bisogna fare i conti con questa pandemia”.

Quanto al problema del digital divide, il ministro spiega: “Non riguarda solo l’università e rappresenta un grande limite per un paese moderno”. La priorità, spiega il ministro, “è la connessione a banda larga in tutto il Paese. Non è la stessa cosa della didattica in presenza ma può essere una modalità integrativa. Dobbiamo pensare a una visione più moderna della formazione. Non dobbiamo aver paura del cambiamento”.

Sugli esami online Manfredi osserva che “il rapporto fisico, guardando negli occhi uno studente, dia un contributo rilevante nella sua valutazione. C’è la possibilità che non ci sia un comportamento corretto da parte dei ragazzi, ma dobbiamo avere fiducia nei giovani e fare in modo che venga valorizzato un comportamento etico da parte dei ragazzi. Mi rendo conto che siamo italiani, ma non dobbiamo pensare che solamente con un sistema inquisitorio si riesce a ottenere un comportamento trasparente. Non dobbiamo dare il 6 politico, va premiato il merito, bisogna essere severi ma evitando di esagerare in una situazione d’emergenza“.

Per quanto riguarda la ricerca: “Tra Milleproroghe e decreto Rilancio abbiamo già finanziato un piano importante con seimila posizioni di ricercatore che ci saranno tra quest’anno e il prossimo. Poi c’è un finanziamento da 550 milioni per un piano di ricerca nazionale e nell’ambito del Recovery Fund c’è uno spazio importante dedicato alla ricerca applicata. La pandemia rappresenta una grande transizione digitale e verde, e dobbiamo essere capaci di coglierla, per evitare danni economici oltre che sanitari”

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