La terza sezione del tribunale di Palermo ha condannato cinque imputati, tutti ex deputati regionali, nel processo per le cosiddette spese pazze dell’Assemblea regionale siciliana fra cui Salvo Pogliese, attuale sindaco di Catania, condannato a 4 anni e 3 mesi.
Pogliese rischia la sospensione dalla carica per effetto della legge Severino. Unico assolto Giambattista Bufardeci.
I giudici hanno condannato gli imputati a pene relativamente severe, sopra i due anni, e che dunque non possono essere sospese: e chi ha avuto oltre 4 anni rischia di scontare la pena in carcere.
Oltre all’attuale sindaco di Catania Salvo Pogliese (4 anni e 3 mesi), il collegio presieduto da Fabrizio La Cascia ha inflitto 4 anni e 8 mesi a Rodolfo, detto Rudy Maira, ex capogruppo all’Ars dell’Udc; 3 anni e 8 mesi a Cataldo Fiorenza, ex Mpa, imputato come capogruppo del Gruppo misto; 3 anni e 6 mesi a Giulia Adamo (ex Forza Italia, imputata per il Gruppo misto) e 3 anni a Livio Marrocco, ex di Futuro e Libertà.
LA DIFESA DI POGLIESE: “SENTENZA INGIUSTA”
“Non posso nascondere enorme amarezza e grande delusione per una sentenza che trovo assolutamente ingiusta. Ma da uomo delle istituzioni la devo accettare e rispettare. Nella mia vita mi sono sempre comportato da persona perbene e onesta interpretando i ruoli, che i catanesi e i siciliani mi hanno affidato, con grande generosità, passione e infinito amore per la mia terra e per la mia Catania a cui sono visceralmente legato. Lo stesso amore che due anni fa mi ha portato a lasciare un prestigioso ruolo al parlamento europeo per servire la mia città (in dissesto e con 1.580.000 di euro di debiti ereditati ), con una contestuale decurtazione della mia indennità dell’80% e rinunziando alle tutele giuridiche che quel ruolo mi avrebbe garantito. L’ho fatto perché sono assolutamente certo della mia correttezza etica e morale.
Ho affrontato il processo con grande dignità, con documenti alla mano, e con decine di testimoni che hanno puntualmente confermato la correttezza del mio operato e l’assoluta “unicità” di chi ha anticipato ingenti risorse personali per pagare gli stipendi e il tfr dei dipendenti del proprio gruppo parlamentare e le spese di funzionamento, cosa mai accaduta all’Ars e in qualsiasi altro parlamento. Prendo atto con grande delusione che ciò non è bastato a convincere chi doveva giudicarmi. Auspico che l’appello a questa ingiusta sentenza sia quanto prima, affinché possa finalmente trionfare la giustizia e si possa dare la giusta rivincita a chi da oltre trent’anni, insieme a tanti amici e simpatizzanti, è stato sempre in prima linea per i valori dell’etica e della morale pubblica”.