Il Ministro Alfonso Bonafede, a poco più di un mese della prova scritta del 15 dicembre 2020, ha comunicato a quasi 20.000 Praticanti Avvocati, tramite un post su Facebook, che l’esame di abilitazione forense non si farà.
Ciò che più fa scalpore è senz’altro la mancanza di precisione piuttosto che il rinvio in sé delle prove. Queste infatti sono state posticipate a data da destinarsi, forse addirittura alla primavera prossima.
La discussione verte non tanto sul rispetto dei divieti di assembramenti per contenere l’emergenza dettata dal Covid-19 bensì si discute che questo rinvio ben si sarebbe potuto evitare grazie ad un comportamento più responsabile da parte del Governo che ha avuto abbastanza tempo per prevedere l’impossibilità di assembramento di 20.000 Praticanti Avvocati.
Con largo anticipo avrebbe infatti potuto organizzare le modalità delle prove scritte attraverso, ad esempio, la delocalizzazione utilizzando le diverse sedi presenti nel foro di appartenenza, permettendo ai candidati di svolgere la prova in tutta sicurezza.
LE PAROLE DEL PORTAVOCE DI A.PRA-PALERMO
Giuseppe Marinaro dell’associazione A.PRA-Palermo ha espresso il suo profondo disappunto e la mancanza di stupore che pervade i Praticanti Avvocati.
“Non ci sorprendiamo più delle modalità con cui si affronta il tema dell’esame di abilitazione forense – ha iniziato Marinaro –, a partire dal modo con cui è stata data l’ufficialità del rinvio a tempo indeterminato, per finire con la mancata specificazione sia delle date in cui si svolgeranno gli esami sia, soprattutto, delle tempistiche legate alla correzione degli elaborati“.
“La tutela della salute dei candidati e delle rispettive famiglie è necessaria – continua – ma chiediamo, con forza, maggior precisione e impegno da parte del Ministro e del Sottosegretario Giorgis, attraverso ad esempio la previsione di commissioni d’esame più numerose, al fine di correggere gli elaborati e svolgere le prove orali con maggiore fluidità, per non stravolgere anche la sessione di dicembre 2021“.
Da scongiurare è il cosiddetto “esame cautelativo“, al quale si ricorre nel caso in cui un candidato non venga a conoscenza dell’esito della prova scritta a causa dei ritardi.
“Si troverebbe costretto a sostenere una seconda volta la prova nella successiva sessione“, ha spiegato Marinaro.
“Ci auspichiamo che già a partire dalla sessione rinviata si preveda l’applicazione di una riforma dell’esame forense che sappia coniugare diritto di accesso al lavoro e prestigio della professione – ha poi concluso –. Un’utopia, seppur fortemente ambita, la pratica abilitante“.