I tormenti dell’ex giovane deputato, Vincenzo Figuccia, sembrano finiti. Ha deciso di approdare definitivamente alla Lega di Matteo Salvini. Rimanere nell’Udc non avrebbe avuto alcun senso. Se fosse rimasto nel partito dello Scudocrociato, difficilmente avrebbe avuto spazi di manovra. Probabilmente, a fine legislatura, all’ultimo momento non lo avrebbero neanche ricandidato. Ne ho quasi la certezza, perché come conosco bene io quelli che si battono il petto, anche più volte al giorno, nessun altro.
Figuccia, però, ha contribuito a dare di sé l’immagine del politico indeciso, che non sa se tuffarsi in un mondo nuovo tutto da esplorare o rimanere nell’accogliente grembo dell’Udc. In ogni caso, di fronte alla proposta di essere nominato commissario provinciale di Palermo della Lega, era difficile dire di no. Anche se si tratta di una carica che così come gli è stata attribuita, può essere revocata. Una sorta di cavalierato, senza essere cavaliere. Insomma, uno che appena arrivato assume cariche di vertice di un partito, qualche domanda dovrebbe porsela.
Che cosa c’azzecchi Figuccia con la Lega, non mi è ancora chiaro. Ideali battaglie politiche comuni? Riuscite ad immaginarvi il segretario regionale Stefano Candiani o lo stesso Salvini che presentano emendamenti al disegno di legge di stabilità nazionale per sollecitare l’assunzione a tempo indeterminato degli ex Pip che nel cuore di Figuccia occupano un grande spazio?
E’ possibile, ma per la Lega si tratterebbe di una mutazione genetica. Sarebbe come sposare l’assistenzialismo che proprio in questi giorni viene contestato al governo Conte che con i contributi a pioggia non aiuta le categorie produttive in difficoltà ad uscire dalla crisi provocata dalla pandemia da coronavirus.
Per la Lega, dopo la fuga di Marianna Caronia e di Giovanni Bulla, riportare a tre il numero di deputati regionali all’Ars, è molto importante. Però, quelli che contano sono i voti. E alle recenti amministrative, il partito di Salvini e Candiani, non ha brillato