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Stragi delle foibe ed esodo degli italiani, a Messina un corteo per non dimenticare

lunedì 11 Febbraio 2019

Un corteo silenzioso. 500 persone, altrettante fiaccole. Luci nella notte per non dimenticare, per far sì che, a quindici anni dall’istituzione con la legge 92 del 30 marzo 2004 del “Giorno del ricordo“, non cali mai più il sipario su quello che da più parti è stato definito “l’olocausto italiano”, il martirio delle foibe e il dramma dell’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati italiani dalle loro terre durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra dai partigiani comunisti jugoslavi.

Quasi 11 mila i morti. 350 mila gli esuli, nelle stime, per difetto, che le fonti, poche e spesso non ufficiali, hanno fatto giungere a noi. Oggi la testimonianza di centinaia di cittadini, associazioni e rappresentanti del mondo politico che, senza bandiere, eccezion fatta per il tricolore e per i drappi di Istria, Fiume e Dalmazia che hanno aperto il corteo, hanno dato vita ad un comitato trasversale che ha organizzato la manifestazione di oggi.

“Si tratta – spiega Fulvia Toscano, del Comitato spontaneo 10 febbraio di una pagina oscura della storia del nostro Paese. Il XX secolo ci ha consegnato purtroppo una memoria di devastazioni, di scontri tra culture e pulizia etnica, ed è giusto che i morti di tutte le parti vengano celebrati con la stessa dignità”,

Il corteo, partito da piazza Juvarra, lungo il lato mare di via Garibaldi, ha proseguito lungo l’arteria fino a giungere all’incrocio con via Istria e, da lì, sino alla via Pola e alla piazzetta “Martiri delle Foibe”, dove dopo la deposizione di una corona d’alloro alla base del monumento che ricorda i messinesi morti nelle insenature carsiche, si è avuto l’intervento di Alessandro Faramo, nipote di un infoibato, e figlio di un’esule. “Ogni italiano – dichiara – ha il diritto di conoscere questa storia. Io ho il dovere di raccontarla, di raccontare la storia di madre, all’età di soli due anni e mezzo rimasta orfana di padre, infoibato nel ’43, la cui famiglia è stata praticamente sterminata dai partigiani di Tito. Mia madre che separata dai suoi fratelli si trovò a girovagare per l’Italia, fino a giungere a Santa Teresa, dove finalmente trovò una famiglia e venne adottata”.

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