L’avanguardia della mafia a Palermo ha un cognome: i fratelli Marino.
Brancaccio continua ad essere roccaforte della malavita del capoluogo siciliano e non c’è nessuna cerimonia di Don Puglisi che tenga che possa disinnescare la criminalità organizzata nel “rione” in cui i big della mafia palermitana hanno vissuto e regnato. A quanto pare, con la partecipazione di qualche talpa delle Forze dell’ordine che ha fornito notizie delicate a favore degli stessi Marino. Ieri l’inchiesta sugli “spaccaossa” ha dato un quadro di ciò che è ancora Palermo e i suoi sobborghi.
La fitta rete che lucrava su povere vittime, ma allo stesso tempo complici, di un sistema basato su finti infortuni stradali aveva una cassaforte: e quella apparteneva proprio al nuovo volto della malavita della zona di Brancaccio.
Ma tra le attività più redditizie della nuova famiglia di cosa nostra rimane la droga quella che ingrassa le pance dei malavitosi. Le intercettazioni e le indagini compiute dalla Squadra Mobile di Palermo hanno permesso di accertare inequivocabilmente la diretta gestione del traffico all’interno del quartiere di Brancaccio e non solo.
I protagonisti dello spaccio: chiaramente i fratelli Marino insieme al loro braccio destro: Sebastiano Giordano. Gli organizzatori nelle piazze erano: Ignazio Ficarotta, Raffaele Costa, Pietro di Paola, Sebastiano Giordano, Angelo Mangano e Antonino Chiappara. Le intercettazioni sono chiare e limpide: i Marino con i loro affiliati discutevano tra le opportunità di “licenziare” gli spacciatori incaricati nelle zone di interesse in base al calcolo dei profitti. Esisteva un “rendiconto di gestione” controllato periodicamente in cui venivano evidenziati l’entità delle somme derivanti dall’attività dello spaccio, decurtata dai compendi da versare ai vari “pusher” e i vertici dello spaccio. Le chiacchiere interessavano anche la tematica per guadagnare di più in merito alle dosi della cocaina.
Dalle intercettazioni si evince come la soluzione al problema è stata la creatina per “allungare” la droga.
“Forse non ci siamo capiti quando ci butti dieci grammi di creatina si vede?” Chiedeva Marino. “No!” rispondenva Giustiniani. “Ma mezzo anche domani si può fare….Senti a me! perché non lo facciamo noi che recuperiamo…” .
A seguito della conversazione i Marino si sono recati dal farmacista ad acquistare due barattoli di creatina. Un business che rendeva grossi profitti chiaramente quello dello spaccio. In una intercettazione tra Giustiniani e Marino dopo aver parlato dell’acquisto di un orologio Rolex: “Bello u submariner, non poi sbagliare”, durante i conteggi della vendita della droga le cifre si aggiravano intorno a 180mila euro.
Ma stando alle carte della Squadra Mobile tutto questo poteva accadere “attraverso un sodalizio delle varie famiglie dei quartieri palermitani e soprattutto rispetto alla “configurazione urbanistica che agevola il controllo criminale”. Che tradotto potrebbe essere identificata in povertà.
Scrivono gli investigatori: “numerosissime, peraltro, risultano le conversazioni dalle quali si evince la assoluta centralità del ruolo verticistico svolto da Marino Stefano e Marino Michele… affiliati alle famiglia di Corso dei Mille e Roccella e pertanto diretti percettori delle ingenti somme derivanti dall’attività di spaccio… il traffico di sostanze stupefacenti rappresenta, da sempre, una tra le più importanti voci di arricchimento illecito dell’organizzazione mafiosa. Il territorio di Brancaccio e, in particolare, la zona dello Sperone o della Roccella, sono tradizionalmente sede di numerose piazze di spaccio che vengono sfruttate da cosa nostra per rendere “produttive” quelle aree urbane periferiche prive di insediamenti commerciali e con scarsa disponibilità economica. DAIn tali contesti, beneficiando anche di una configurazione urbanistica che agevola il controllo criminale, i fratelli Marino sono riusciti a creare delle centrali dello spaccio stabilmente strutturate, con ruoli tra i partecipi ben determinati e distribuzione degli utili commisurata all’incarico. Modello organizzativo, questo, che consente di gestire le piazze di spaccio con continuità, supplendo, ove necessario, ad eventuali “defezioni” dovute ad iniziative giudiziarie e garantendo, in tal modo, la costanza della illecita fonte di profitto”.