Il gruppo TecnoLab dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) di Catania ha elaborato la mappa di rischio dell’Etna. La rilevazione del fisico Ciro Del Negro, coordinatore dell’istituto, è stata pubblicata sul bollettino della società americana GSA Bullettin, specializzata in Geologia.
In seguito alla triplicazione della popolazione alle pendici dell’Etna negli ultimi 150 anni, è aumentato il rischio per l’incolumità delle stesse comunità locali.
“Bisogna premettere – dice Del Negro all’ANSA – che la pericolosità ci dice quali aree possono essere soggette alla minaccia del fenomeno vulcanico. Il rischio invece valuta sia la pericolosità, sia quante persone e beni possono essere esposti a quella minaccia”.
La mappa del rischio elaborata da TecnoLab mostra che la zona esposta al livello di pericolo maggiore è la disabitata Valle del Bove, mentre la zona più a rischio è la Costa Orientale, dove c’è una maggiore densità abitativa. Combinando la posizione dei principali centri abitati sull’Etna con quelli in cui il rischio è elevato, è stato identificato il fianco sud-orientale come il settore con il più alto livello complessivo di rischio dovuto alle eruzioni effusive, che producono colate di lava.
“Nella Valle del Bove – spiega Del Negro – la pericolosità è molto alta. Però, siccome l’area è disabitata e non ci sono infrastrutture, il rischio è basso. Nella zona sud, dove ci sono grossi centri urbani e infrastrutture, anche se la pericolosità potrebbe essere bassa, perché le colate possono raggiungerla con difficoltà, il rischio è molto elevato, perché basta una sola colata per fare danni”.
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