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Angelino, l’ultimo delfino di Berlusconi che sopravvisse a se stesso

martedì 20 Febbraio 2018

Ci sono molti grandi assenti in questa campagna elettorale delle Politiche 2018. Alcuni di questi non hanno trovato posto, per scelte verticistiche nelle liste. È il caso di Lumia o Crocetta nel Pd. Altri hanno fatto un passo indietro, Castiglione, Misuraca, D’Alia, tra i centristi.

Uno solo però è il grande assente di queste elezioni. Si tratta di Angelino Alfano, fondatore di Ncd, poi diventato Alternativa popolare. Cosa paga Alfano in particolare? Un complotto trasversale come si era vociferato a bassa voce prima dell’estate per tagliarlo fuori? La cocciutaggine di non avere scelto nel centrodestra la candidatura di Musumeci? Vecchie e antiche ruggini sparse per l’intero arco che svaria dal centrodestra al centrosinistra?

Niente di tutto questo in particolare. E un po’ di ciascuna.

Il vizio d’origine del ragionamento del ministro uscente agrigentino è stato quello, quasi cinque anni fa, di pensare che la destrutturazione del centrodestra, e quindi del berlusconismo, arrivasse prima dell’affermazione di qualsiasi altro progetto in corso. A partire da quello renziano, ma non solo. Non un semplice attraversamento dei palazzi del potere, ma una prospettiva di durata costruita dall’azione di governo, ma mai veramente premiata dagli elettori.

Principalmente per un obiettivo limite di identità del suo partito uscito dall’orbita berlusconiana.

Non è un caso che tutto quello che di diverso è resistito nel centrodestra di Berlusconi, Salvini e Meloni, siano retaggi consolidati di una vera e propria resistenza al pressing asfissiante di Forza Italia nella coalizione.

Facendo un passo indietro, ad Alfano delfino di Berlusconi del Pdl, (si scoprì molto dopo che ad Angelino mancasse il quid, nel giudizio del Cavaliere, era il marzo del 2012) le cose non andavano male. Per oltre 4 anni, dalla rottamazione di Fini in poi, Berlusconi aveva fatto credere a tutti, Alfano compreso, che ci sarebbe stato un dopo di lui. Una successione in piena regola. Pochi ricordano che Alfano fu il primo e unico segretario nazionale del Popolo delle Libertà, la struttura di partito il cui unico compito storico fu quello di assorbire, fagocitandola, Alleanza Nazionale. Ministro degli Esteri con Gentiloni e prima della Giustizia, dell’Interno e vicepresidente del Consiglio con Enrico Letta.

Quando Miccichè pose, la scorsa estate, la linea oltre la quale si sarebbe potuto fare ritorno nel centrodestra, furono in tanti a tirare la giacca ad Alfano, già in debito di fiducia con Renzi. Ma Alfano aveva già deciso, comprendendo che era tardi.

La storia riscriverà per lui un giudizio più sereno, filtrato dal tempo, che metta insieme il grande azzardo pagato da Alfano di fronte alla durata jurassica di Forza Italia e il peso specifico, sopravvalutato, sottodimensionato, o considerato nella giusta misura, di Angelino, l’ultimo delfino.

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