Oggi la vostra Patti Holmes vi racconta una bellissima tradizione popolare siciliana, quella delle Tavolate di San Giuseppe, legate all’amatissimo e venerato padre putativo di Gesù.
Chiamate in siciliano “Tavuli ‘ri’ San Giuseppi“, vengono preparate nelle case dei devoti che per tutta la giornata le terranno aperte al pubblico. Questa usanza, che ricorda la Sacra Famiglia, in fondo richiama, anche, con le dovute differenze, l’ “ἀγάπη”, agape, una istituzione caritatevole del cristianesimo antico, fiorente soprattutto nei secoli III e IV, che consisteva in una cena alla quale qualche membro facoltoso invitava nella propria casa i poveri e specialmente le vedove della comunità, sotto la presidenza di un vescovo o in sua vece di un prete o diacono, che ne regolava il buon andamento secondo le norme stabilite.
Le tavolate vengono riccamente apparecchiate con preziosi merletti, lenzuolini e immagini di San Giuseppe. Ciascun visitatore è invitato dal padrone di casa a gustare le prelibatezze preparate con tanto amore e fatica. Caratteristici e ricchi di grande valenza simbolica i “Pupi ‘ri’ San Giuseppi“, ovvero del pane dalle forme particolari, che ricordano gli oggetti quotidiani simbolo del santo falegname. Su di esse troverete, inoltre, pasta con le sarde e finocchi; salsicce, salami e formaggi; broccoli, cardi e altre verdure fritte; cannoli, sfince, pignolata, cassatelle, bocconcini, lattughe, finocchi, cedri e frutta varia.
Adesso una piccola carrellata per provincia, che continuerà nei prossimi giorni, in cui si festeggia San Giuseppe con le “Tavolate” o “Mense“:
A Ribera (Ag), si usa raccogliere dei rami di alloro per rivestire la Stragula, una torre di legno alta circa una decina di metri, collocata sopra un grande carro e decorata da forme di grandi pani chiamate Cudduri, legati fra loro per mezzo di cordicelle. La Stragula, trainata da due buoi, rappresenta, secondo la tradizione popolare, l’abbondanza e la gloria del santo patriarca mediante alcuni elementi carichi di valore simbolico, quali il pane e i rami di alloro.
A Villalba (Cl), un tempo, nel giorno dei festeggiamenti di San Giuseppe, si recavano dei monaci che, oltre a dire messa, assistevano i contadini che portavano in offerta al santo il frutto del loro lavoro. Oggi si allestiscono le “Tavolate dei vecchiarelli”, che si riempiono di ognio delizia e forme di pane con i simboli dell’ amato San Giuseppe.
A Palazzo Adriano (Ct) Il 19 marzo le famiglie che hanno ricevuto la grazia imbandiscono tavolate con diverse pietanze (cardi e broccoli in pastella, “barbabecchi” asparagi e finocchi di montagna) e dolci (pignolata, sfingi). I commensali principali sono tre e rappresentano la Sacra Famiglia, ai quali il padrone di casa serve le vivande della tavola.
A Enna, il 18 marzo vi è la tradizionale giornata delle “Verginelle di San Giuseppe”. 19 ragazze, preferibilmente nubili e appartenenti a famiglie non ricche, vengono invitate da una famiglia benestante a trascorrere la giornata tra canti religiosi, preghiere, messa nella Chiesa di San Giuseppe e pranzare assieme.
A Castel di Lucio (Me), il 19 marzo le famiglie, che hanno fatto il voto per grazia ricevuta, organizzano il pranzo “de Virgineddi”: sulla tavola addobbata viene collocata un’immagine del Santo e gli viene riservato un posto, che ovviamente rimane vuoto. Il menù del pranzo prevede pasta e legumi, baccalà, cardi selvatici fritti, finocchietti selvatici bolliti e arance.
A Roccapalumba (Pa), il 8 marzo si raccoglie la legna per i falò e, momento clou, la Processione della statuetta del Bambino Gesù accompagnato dalle luminarie di “tuorce”, “fanari” e dalla banda musicale, con accensione dei falò nei crocicchi principali del paese. Intorno alle 22 festeggiamenti attorno ai falò con vino,salsiccia,carciofi,e porri alla brace. IL 19 Pranzo dei” virgineddi” con la Sacra famiglia.
Ad Acate (Rg), tradizione vuole che chi ha ottenuto una grazia o spera nella intercessione del Santo prepari il “Pranzo Sacro” che viene offerto alla Sacra Famiglia. San Giuseppe, infatti, oltre ad essere il protettore degli orfani e delle ragazze nubili, lo è anche dei poveri. banchetto, viene chiamato dialettalmente “avutaru” o “patriarca”. Anticamente veniva preparato nei cortili o nella piazza del paese; oggi, invece, dentro le case. Gli invitati, i Santi, pranzeranno su una struttura in legno, base di un grande tavolo, e sopra, innalzati a gradini, delle tavole. Sull’altare ricoperto da lenzuola bianche ricamate troneggia al centro posto un grande quadro che raffigura la Sacra Famiglia (“a Madonna, u Bamminu e u Patriarca”).
A Rosolini (Sr), la devozione a San Giuseppe si manifesta con la tradizionale cavalcata che vede le strade del paese transennate per permettere il passaggio dei cavalieri, che montano cavalli sfarzosamente bardati; nel pomeriggio, invece, dopo la funzione religiosa, il simulacro del santo viene portato in processione sotto una pioggia di volantini su cui è scritto “Viva San Giuseppe” .
A Vita (Tp) i protagonisti di l’artaru, che rappresentano la Sacra Famiglia e a volte sono cinque con l’aggiunta di Sant’Anna e San Gioacchino, vengono chimati “virgineddi” o “santi” e scelti fra le persone meno abbienti del paese. Per loro è preparata una cena sontuosa composta da tante pietanze tipiche del posto come la pasta con finocchietti, salsa di pomodoro e pan grattato tostato, oltre alle altre bontà tipiche delle Tavolate.
E non è tutto, il nostro viaggio continua…
Un grazie per questa foto, delle Tavolate di San Giuseppe del Terz’ordine Domenicano di Vallelunga Pratameno, a Salvina Dentico.