Il nostro piccolo tour tra le Tavolate di San Giuseppe volge al termine. Oggi faremo una piccola carrellata su quelle tradizioni che si discostano un po’ da tutte le altre.
A Salemi (TP), è usanza, nel mese di marzo, fare una promessa di voto al Santo o ringraziarlo per la grazia ricevuta. In 8 giorni viene preparato l’Altare in casa, decorato con rami di mirto e alloro e invitati tre bambini in rappresentanza della Sacra Famiglia. Un paio di giorni prima di ogni mercoledì del mese e il 19 marzo, il devoto gira per il paese per la “Questua“, chiedendo farina, olio, uova e, anche, offerte in denaro. Il segno dell’abbondanza, nell’altare, è rappresentato dagli ortaggi, soprattutto dal finocchio e dalla frutta collocata in grandi cesti; al centro di essa i Cucciddati, grandi forme di pani votivi. Quello dedicato a San Giuseppe ne riproduce il bastone, “u vastuni”, decorato con un giglio, simbolo di purezza; quello a Maria, destinato alla fanciulla che la impersonerà, è decorato con una rosa, che rappresenta la verginità, con dei datteri, che secondo la tradizione la Vergine mangiò durante la fuga in Egitto, e un ramo di palma, emblema di pace; quello dedicato a Gesù con gelsomini, uccelli e con i simboli della sua passione. La festa di San Giuseppe allude esplicitamente all’arcaico simbolismo agrario del rinnovamento della natura, che avviene proprio nel mese di marzo.
A Pietraperzia (EN), è tradizione festeggiare il Santo con un grande banchetto pubblico a cui vengono invitati tre bisognosi, rappresentanti la Sacra Famiglia, che potranno godere delle prelibatezze offerte dagli abitanti del paese. Dal 1922, inoltre, si assiste anche a uno spettacolo che rievoca la fuga in Egitto della Sacra Famiglia con figuranti in costume d’epoca che, interpretando gli ufficiali di Erode, si dirigono a cavallo verso la Chiesa del Carmine, dove rimarranno in attesa. I falegnami del paese, organizzatori dei festeggiamenti, si recano, a loro volta, prima a casa del ragazzo scelto per impersonare l’angelo e poi da quelli che rappresenteranno Maria e Gesù. Fatto ciò, tutti insieme si dirigeranno in corteo verso la chiesa di Santa Maria dove li attende un giovane San Giuseppe. Dopo la funzione religiosa, celebrata a mezzogiorno, parte la processione preceduta dall’angelo e da Gesù Bambino, che è tenuto per mano da San Giuseppe e la Madonna, seduta sull’asino. Il corteo, giunto davanti alla chiesa Madre, viene avvicinato dai soldati di Erode che annunciano di avere l’ordine di uccidere Gesù. Lo spettacolo si conclude con i tre che, rifiutandosi di compiere la loro missione, tornano sui loro passi. A questo punto la Sacra Famiglia sale sul palco per consumare pubblicamente le pietanze che sono state preparate per loro.
A Villalba (CL), un tempo, nel giorno dei festeggiamenti di San Giuseppe, si recavano dei monaci che, oltre a dire messa, assistevano i contadini che portavano in offerta al Santo il frutto del loro lavoro. Oggi si allestiscono le “Tavolate dei vecchiarelli“, che si riempiono di ogni delizia e forme di pane con i simboli dell’ amato San Giuseppe.
A Marettimo (TP), per festeggiare San Giuseppe è tradizione fare la Duminaria, alla vigilia del 19 marzo, che consiste nell’accendere un falò o Vampi di San Giuseppe, l’uno vicino all’altro in onore di Gesù, Giuseppe e Maria. Al pranzo tradizionale, preparato la mattina del 19, oltre la Sacra Famiglia, impersonata da tre persone scelte fra le meno agiate dell’isola, partecipano tutti gli abitanti; coloro che, per impedimenti, non possono essere presenti, vengono serviti a casa. Nel pomeriggio i devoti si dividono in due gruppi, di cui uno si dirige in Chiesa e l’altro si ferma al suo esterno. Una volta chiuso il portale i fedeli rimasti fuori cominciano a bussare mentre dall’interno chiedono:”Chi cercate?” Dopo tre volte il portone viene aperto, la statua di San Giuseppe compare sulla soglia e inizia una pantomima che vede chi si trova all’interno della chiesa impegnato a trattenere la statua del Santo, mentre chi è rimasto all’esterno a portarla fuori. I festeggiamenti si concluderanno con la processione.
A Monreale (PA), la festa di San Giuseppe è molto sentita per la presenza della congregazione dei falegnami. Tra le tradizioni più pregne di significato quella del Sacro Manto e l’Altarino di San Giuseppe. La prima prevede, al fine di ricordare i 30 anni che San Giuseppe trascorse assieme a Gesù, la recitazione delle preghiere del Sacro Manto per 30 giorni consecutivi. L’Altarino di San Giuseppe, invece, è costruito nella casa di chi ha chiesto o ottenuto una grazia. L’ornamento principale è il pane stretto e secco, decorato come un ricamo. Distaccata dall’altare c’è la Tavolata con pani, arance, finocchi, pignolata, acqua, vino e candele accese. Il pranzo comincia con spicchi d’arancia, per poi continuare con pasta al sugo “ca muddica”, mollica di pane grattugiato, abbrustolita e mischiata a formaggio piccante, pepe e zucchero. Numerosi canti, di cui il più antico è formato da 23 strofe in siciliano.
Per chiudere una preghiera in siciliano dedicata a San Giuseppe:
San Giusippuzzu vui siti lu patri
Vergini e puru comu la matri
Maria la rosa
Giuseppi lu gigghiu
Datimi aiutu tra peni e perigghiu
Unn’a scurari sta iurnata senza essiri cunsulata
P’u bambineddu c’aviti ‘mbrazza
Patri ranni facitimi a razia
E pi l’amuri di Maria
Facitila a mia
Ringraziamo per la foto, che rappresenta una Tavolata di San Giuseppe di Villalba, Caterina e Rosario Plumeri Bragagno.
LEGGI ANCHE:
Le “Tavolate di San Giuseppe”, una bella tradizione popolare siciliana. Ecco dove