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“Noi cresciamo i nostri figli per vivere, non per farli morire. Noi cresciamo lavoratori, non guerrieri”. Valentyna Budyka è a Messina dal 2014, ha lasciato l’Ucraina quando sono iniziati i problemi nel Donbass. In Ucraina ha lavorato per 25 anni come infermiera, poi è venuta in Sicilia lasciando il cuore e la famiglia lì. Mai avrebbe immaginato l’orrore della guerra. Poi, una mattina la telefonata del figlio Arturo. E l’incubo della guerra che le ha tolto il sonno. Abbiamo incontrato Valentyna Budyka a margine dell’incontro organizzato dalla Cisl Messina insieme alle associazioni Anteas e Anolf Cisl (del quale scriveremo in un articolo a parte), per supportare i progetti umanitari per i profughi e per chi è rimasto in Ucraina.
“Io ho tutti lì, vicino Chernobyl. Mia mamma 81 anni, mio figlio 31, mia nuora 32, mio nipote 7 anni e mezzo. Mio figlio è rimasto con il bambino, non possono scappare, sono tutti lì. Li ho sentiti nei giorni scorsi, quando c’era ancora internet, ma per le bombe vanno nei rifugi, in cantina, e non li sento più. Non potevano andar via la frontiera è lontanissima”.
Ha provato ad aiutare la sua gente, ma gli aiuti raccolti dalla comunità ortodossa di Messina non riescono ad arrivare nel luogo dove sta la sua famiglia, proprio ad un passo dall’orrore.
“Mio figlio ha 31 anni, sarà chiamato a difendere la nostra terra ed a lasciare il suo bimbo, chi li aiuterà? Adesso stanno piantando il grano, perché sta arrivando la fame e loro devono vivere. Io guardavo la tv e non pensavo che scoppiava la guerra. Pensavo che volevano far spaventare, misurarsi, ora mi chiedo com’è possibile. Speriamo finisca presto. Speriamo. Noi cresciamo i figli per vivere non per morire, siamo lavoratori, ho lavorato tutta la vita per crescerli e farli vivere, non siamo guerrieri”