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“Sono tornata e vi dico, l’unica cosa che conta è la vita. Prendi per mano tuo figlio, tuo marito, passeggia. L’unica cosa che conta è questa. Mia madre mi raccontava che nel ’47 ha dovuto lasciare la sua casa in due ore. Io pensavo che mai sarebbe accaduta una cosa simile a noi. Poi una mattina chiami i parenti in Ucraina e ti dicono: stanotte ci hanno bombardato. Ti svegli e il mondo è cambiato”.
Miroslawa Iwaniuch vive a Capo d’Orlando, da 24 anni, è lì che ha cresciuto i suoi figli, lì che ha trovato l’amore. Ma dal giorno di quella telefonata, è diventata una leonessa insieme alla sua amica, Tatiana Nartenyh hanno messo su una raccolta di aiuti che in poco tempo ha portato ad un carico di 35 tonnellate. Intervistiamo Tatiana e Miroslawa a margine di un incontro promosso dalla Cisl Messina insieme ad Anteas Cisl e Anof Cisl per organizzare nuove raccolte.
LA NOSTRA CAUSA LA CAUSA DI TUTTI
“Eravamo solo noi due all’inizio. Le ho detto, affittiamo un furgone. Poi invece si è verificata una cosa straordinaria, la nostra causa è diventata la causa di tutti, la nostra guerra la guerra di tutti. Tutti i paesi dei Nebrodi ci hanno aperto cuore e braccia, e abbiamo raccolto 35 tonnellate di alimenti, medicinali. Il furgone non bastava più e devo ringraziare il sindaco di Capo d’Orlando. Abbiamo potuto fare beneficenza grazie alle sue spalle. Senza di lui non avremmo potuto avere due camion e poi pagare il viaggio fino alla Polonia ed al confine con l’Ucraina”.
IL VIAGGIO VERSO L’UCRAINA
Tatiana e Miroslawa sono salite a bordo dei camion, hanno attraversato l’Italia, hanno raggiunto il confine con l’Ucraina e, giunte lì hanno fatto la loro parte, scaricando gli scatoloni.
“Quando siamo giunte lì ci siamo accorte che c’era tutto il mondo ad aiutare. Abbiamo atteso il nostro turno- raccontano- Ci siamo rimboccate le maniche e abbiamo scaricato i pacchi e contattato l’ambasciata per avere poi informazioni sull’arrivo a destinazione, agli orfanotrofi ed alle nostre comunità”.
NOI SIAMO EUROPA
“La situazione è terribile. Un giorno ti svegli ed un popolo che chiamavi tuo fratello inizia a sganciare bombe e tutto brucia. I negozi sono chiusi, manca tutto, c’è la fame. La guerra non è che avvisa, così da un giorno all’altro ti ritrovi senza niente. Non sai se c’è un domani. In Polonia abbiamo visto la solidarietà del mondo ma anche la disperazione, ogni giorno attraversano il confine dall’Ucraina 15 mila persone. Anche a piedi e con un unico bagaglio, il documento. Io ricordo che mia madre raccontava quando dovette fuggire lasciando casa sua in 2 ore e non ci credevo. Invece ora accade. Ma anche il viaggio è stato importante per noi. Siamo state in Polonia e abbiamo visto come queste settimane di guerra l’hanno cambiata. La Polonia è Europa, noi siamo Europa, nessuno vuole la guerra. Nessuno.”