Delude i renziani e va in controtendenza con il risultato delle primarie la provincia di Caltanissetta, ma soprattutto crolla nel nisseno l’asse Faraone-Cardinale che aveva mostrato ad oggi una solida tenuta.
Nonostante i trionfalismi, seguiti al risultato nazionale che ha incoronato Matteo Renzi segretario al congresso con il 71% dei consensi, il no alla sua mozione da quest’area interna della Sicilia è arrivato forte e chiaro tanto da diventare un caso nazionale: seppur di poco il ministro della giustizia Andrea Orlando ha superato Renzi, con il 40,1% contro il 39,5%.
Un vero e proprio “affaire” che ha le sue radici negli equilibri che il Partito Democratico si trova a gestire con Sicilia Futura, movimento satellite dei renziani che si era costituito nel 2015 con l’obiettivo di sostenere la componente all’Ars e pesare sulla maggioranza a sostegno di Crocetta. Proprio questa alleanza è oggi messa al palo, sembra per via di una forzatura degli equilibri sul territorio.
Il motivo dell’insuccesso renziano lo spiega bene Lillo Speziale, deputato regionale del Pd per ben 5 legislature. “In tutti i comuni in provincia di Caltanissetta, ad eccezione di pochi, non c’è stato un voto contro Renzi, ma un rifiuto dei metodi che tendono a imporre soluzioni da esterni al partito democratico. La gente si è rivoltata a questi metodi, in ben sedici comuni della provincia Renzi arriva dopo Orlando”. Ma Speziale ci tiene a precisare: “sto fuori dalla politica, ormai, sono un semplice iscritto al Pd, osservo i fatti”.
Gli elettori democratici del nisseno non hanno in pratica guardato con favore alla presenza della figlia dell’ex ministro Cardinale, Daniela, parlamentare nazionale, alla guida della lista. Un gesto di imperio che ha generato fortissimi malumori. Al suo posto doveva esserci Stefano Sepi, ventitreenne segretario cittadino del Pd a Gela, città dov’è esplosa la polemica del seggio occulto che ha poi visto l’intervento della polizia e l’annullamento del voto. Sarebbe stato Totò Cardinale, dalla sua Mussomeli, dove il sindaco non è di centrosinistra, ad “imporre” il nome della figlia come capolista, sollevando il dissenso dei circoli in prevalenza fautori del giovane segretario gelese.
E se l’esponente para-renziana non potrà ora dare per certa la sua presenza nel listino alle prossime competizioni elettorali, le tensioni nel partito aumentano e potrebbero riservare altre sorprese proprio ora che i renziani in Sicilia chiedono a gran voce un altro turno di primarie, a luglio, stavolta per la scelta del candidato alla presidenza della Regione.
E potrebbe accadere che gli stessi malumori riverberino fino all’Ars, dove la prossima settimana si esaminerà il “collegato”, una nuova manovra finanziaria su cui si gioca l’ultima importante partita della maggioranza, prima della scadenza della legislatura. Qui, le sorprese potrebbero essere dietro l’angolo.
Sullo sfondo, un partito che in Sicilia ha dato a Renzi un segnale inequivocabile e che vede avvicinarsi l’ora della resa dei conti fra le sue diverse anime.