PALERMO – Massimo Valsecchi si definisce una “persona normale che in un momento storico molto particolare, segnato dal problema dell’immigrazione che riguarda tutto il mondo e non solo il bacino del Mediterraneo, ha deciso di investire su altre persone normali, i siciliani, che nel loro DNA hanno qualcosa di diverso da chiunque altro, dato dalla capacità, sviluppata nei secoli, di accogliere, metabolizzare e trasformare qualsiasi cultura e religione con cui vengano a contatto“.
Si è aperto con questa “presentazione ufficiale” il nono appuntamento della manifestazione “Cogito, un aperitivo per la mente“, rassegna ideata da Francesca e Alberto Tasca d’Almerita, che ha visto protagonista nell’atrio di Palazzo Butera il padrone di casa, Massimo Valsecchi.
Non è necessario affiancare nessun altro sostantivo, come potrebbe essere mecenate o collezionista, per inquadrare meglio la figura, schiva alla luce riflessa, di Valsecchi se non l’aggettivo “visionario“, inteso come colui che ha la capacità, che egli stesso si riconosce, di “vedere oltre alle cose materiali“, di riconoscere la bellezza.
L’innamoramento per la città scatta cinque anni fa quando la vede per la prima volta nella sua vita, a settant’anni, e da allora ne è felicemente “rimasto prigioniero“, conquistato non solo dal patrimonio artistico-culturale ma primariamente dalla capacità di “creare comunità“.
Massimo Valsecchi segue passo dopo passo il minuzioso processo di riqualificazione di Palazzo Butera, intrapreso circa due anni e mezzo fa, con l’obiettivo non semplicemente di recuperare un eccezionale edificio del ‘700, che ha ospitato in momenti diversi Johann Wolfgang von Goethe, il kaiser Guglielmo II di Germania e anche Giuseppe Tomasi di Lampedusa, consapevole che “l’arte è un catalizzatore unico nel creare futuro“.
“L’arte e il futuro sono contagiosi, fanno credere nella vita – ha detto Valsecchi durante la serata – Vorrei che Palermo diventasse un grande laboratorio culturale, ne ha tutte le potenzialità, che andasse al di là della sopravvivenza quotidiana, che riconquistasse l’orgoglio di essere siciliani che sta nel saper fare bene il proprio lavoro“.
La volontà di Valsecchi è di lasciare una traccia attiva, produttiva, del suo passaggio: “Il recupero di Palazzo Butera è un lavoro che io sto facendo per la città, per la Sicilia tutta e per il mondo intero, il mio intento è quello di dare un equilibrio, trovare un punto di armonia tra quanto era rimasto di questi edifici (compresi gli attigui Palazzo Benso e Palazzo Leonforte che con Palazzo Butera compongono un muro di confine con l’esterno di 109 metri – ndr) e metterlo a disposizione di quanti lo vorranno vivere e di quanti considerano l’arte capacità di trascendere“.
Non un’azione, dunque, che ripara un debito del passato ma che guarda al futuro attraverso la creazione artistica.
Discreto e composto, dotato di un’inconsueta eleganza interiore sviluppata in anni di esperienze in giro per il mondo, Massimo Valsecchi non scivola, nemmeno, nel facile inganno di ritenersi siciliano per diritto di residenza: “Non sono siciliano e non sono isolano, sono solamente una persona che vede la parte più profonda, la migliore, della vostra identità; penso che in questo momento caratterizzato da una visione politica ed economica troppo corta, Palermo e la Sicilia siano il miglior punto di partenza per pensare al futuro“.
L’incontro con Valsecchi ha visto la presenza della giornalista Adriana Falsone che ha moderato il dibattito tra le domande e le “CogitAzioni” eseguite come sempre da Salvo Piparo che ha aperto la serata insieme all’attrice Silvia Ajelli.
“Cogito, un aperitivo per la mente“, fa parte del cartellone ufficiale di Palermo Capitale Italiana della Cultura 2018 ed è tra gli eventi collaterali di Manifesta 12.
La serata si è conclusa con il tradizionale aperitivo che si è svolto, questa volta, in un luogo inedito, “Le Cattive“, nuovo spazio realizzato da Tasca d’Almerita alle Mura delle Cattive.