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A Selinunte, un viaggio nel mito tra mare, arte e cultura

mercoledì 29 Aprile 2020
Selinunte Foce del Belice

In questo periodo, stando a casa, è come se stessimo compiendo una sorta di circumnavigazione dentro noi stessi, un viaggio di scoperta, forse il più imprevedibile, irto di ostacoli e, allo stesso tempo, di sorprese. Stare con i propri pensieri e riflessioni, speranze e paure, entusiasmi e malinconie, a cui il tran tran quotidiano non permetteva di emergere, non è facile perché è come se ci trovassimo dinanzi a degli sconosciuti. In realtà, uno dei maestri spirituali più influenti del ventesimo secolo, filosofo, scrittore e mistico, Georges Ivanovič Gurdjieff, dirada le nubi affermando: “L’uomo è una pluralità e il suo nome è legione” e da qui deriva il nostro umore altalenante, mai come in questo nostro tempo comprensibile, tra attimi di benessere e altri di malessere di cui solo adesso, probabilmente, ci accorgiamo, ma  ci abitava già da prima, soffocato dalla realtà in cui eravamo immersi.

Foce fiume Belice

Per evadere da questa introspezione continua, ci arriva in aiuto l’aforisma di un Anonimo che, così, recita: “Ogni viaggio lo vivi tre volte: quando lo sogni, quando lo vivi e quando lo ricordi” e noi, partendo dal ricordo, approderemo al sognato che, presto, diventerà realtà, molto più vissuta e pregna di significato di quella che vivevamo perché ogni piccola cosa, fino a due mesi fa ordinaria, la vedremo e gusteremo come straordinaria. Per questa nostra “E State in Sicilia”, il gioco di parole con cui abbiamo scelto di titolare i nostri piccoli consigli di viaggio, vi accompagniamo a Selinunte, alla scoperta della Foce del fiume Belìce, tra sabbia di oro rosa e lussureggiante vegetazione, della spiaggia di Marinella dominata dall’Acropoli e delle Cave di Cusa, angolo di malìa, per millenni al servizio dei templi. La Foce del Belìce, dall’arabo Belìch, può essere raggiunta attraversando la pineta o lo sconfinato litorale, la cui lunghezza potrebbe scoraggiarvi, impedendovi di arrivare alla meta con le sue acque cangianti, dalle sfumature color indaco, su cui si specchia vanitosamente, come un Narciso di pietra bianca, una casetta dalla bellezza decadente; con le morbide dune lambite sia dal mare che dal fiume, che sembrano sfidarsi in una sorta di braccio di ferro tra acqua gelida e acqua tiepida, regalando idromassaggi rivitalizzanti o più, romanticamente, unirsi in abbraccio d’amore; con i suoi tramonti di un arancio intenso, su cui si stagliano colorati kites surfing che appaiono come tante mezzelune sul mare.

Selinunte

Altro luogo e altro colpo di fulmine è la Spiaggia di Marinella di Selinunte, dominata dall’Acropoli e dal Tempio di Hera, un santuario sospeso in un tempo senza tempo, in una Magna Grecia con i suoi miti e i suoi riti, apparentemente scomparsi, ma inscritti in noi che ne siamo figli. Magica cornice, illuminate ora dal sole, ora dalla luna che, dalla sua postazione privilegiata da cui domina quel mare in cui immergersi in una sorta di rito purificatorio, regala visioni incantate. Tornando al Tempio di Hera, nel momento in cui calpesterete il viottolo di accesso, vi sentirete pervasi dal divino e contemplerete la grandezza dei nostri avi nello scegliere dove costruire i loro “Recinti del Sacro” e vi si rivelerà una Sicilia misterica che lascia senza parole, è sorpresa continua, un nuovo mondo che, oltre al visto e al vissuto, promette tanto altro ancora da vedere e vivere. Passeggiando per questi luoghi diventerete consapevoli di essere in una terra sacra abitata e custodita da Poseidone, il Dio del mare, Hera, la Dea protettrice del matrimonio, le Potameidi, le bellissime ninfe dei fiumi e avere le prove del passaggio dei leggendari giganti. Infatti, oltre ai ruderi dell’Acropoli, vi sono i resti del più grande dei tre templi presenti, una costruzione di oltre 30 metri di altezza e cento di lunghezza in gran parte crollata e, ancora, “lu Fusu di la Vecchia”, una colonna di 16 metri di altezza per 10 di diametro, che la tradizione popolare vuole usato da un’anziana gigantessa per tessere armature e abiti di lana per i più giovani.

Cave di Cusa

Spostandoci alle Cave (o Rocche) di Cusa, miniere di pietra da cui veniva estratto il materiale per le costruzioni selinuntine a cui, nel 409 a.C., l’improvviso sopraggiungere dell’esercito cartaginese e la repentina fuga dei cavatori, degli scalpellini e degli operai, ne bloccò i lavori di estrazione, lavorazione e trasporto dei rocchi di colonna, vi ritroverete rapiti da questa immobilità che ha lasciato tutto come ieri, catapultandovi in un viaggio nel passato che, forse, sarà stato il motivo per cui Franco Battiato, per il suo “Attraversando il Bardo”, un documentario incentrato sul tema della morte nelle diverse tradizioni spirituali d’Oriente e d’Occidente e il cui titolo rimanda al Bardo Todol, il testo più noto della letteratura tibetana, le ha scelte assieme all’Altopiano dell’Argimusco, con i suoi mehir e dolmen.

Il benessere sprigionato da questi luoghi, in sogno, in ricordo o presto, come ci auguriamo, vivendone la realtà, vi accompagnerà a lungo. Riprendendo il filosofo Manlio Sgalambro e il suo: “Io sono io e la Sicilia. Non posso ignorarlo o escluderlo, sarei colpevole di un’astrazione malfatta”, chiudiamo, quindi, con “E State in Sicilia”.

(La bellissima foto copertina è della cara amica Stefania Sola)

 

 

 

 

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