Tinte fosche. Anzi nere, da notte fonda. Così gli imprenditori siciliani del settore alberghiero fotografano l’incoming turistico in Sicilia in queste settimane del post Covid.
La situazione delle prenotazioni estive va diventando drammatica, al punto che le strutture ricettive non si riempiono neanche nei fine settimana. E paradossalmente i cosiddetti ‘buoni vacanza’ si stanno rivelando come rimedi peggiori del male. “I clienti rimangono solo potenziali, non prenotano. E questo perché da una parte preferiscono aspettare il bonus che, per gli intoppi burocratici prevedibili, chissà quando sarà realmente disponibile. Dall’altra perché vengono scoraggiati da tariffe aeree incivili ”. Parola di Salvo Zappalà, ceo della Dimsi, azienda di hotellerie proprietaria di 4 alberghi nell’Isola (3 tra Palermo e provincia e uno a Acireale), attiva anche come tour operator.
Il tema dei trasporti aerei da e per la Sicilia resta quello più scottante e dagli effetti più rischiosi. ” Mentre paesi come Spagna e Egitto fanne le corse dietro le compagnie low cost per convincerle a atterrare nei propri scali, il governo del nostro paese si inventa gli articoli 198 e 203 del cosiddetto decreto rilancio. Ovvero furbeschi escamotage per escludere di fatto dal panorama italiano le compagnie low cost, spesso bollate come arroganti” . L’imperenditore catanese non ha peli sulla lingua: “in questo modo si vuole solo favorire Alitalia, ‘santuario’ che, come molte imprese pubbliche italiane include ampie sacche di corruzione e che, va sottolineato, negli ultimi 30 anni ha pareggiato il suo bilancio attraverso i proventi arrivati soprattutto dal Mezzogiorno, dove molte persone sono costrette a prendere l’aereo verso il centro nord per ragioni di lavoro oltre che per motivi sanitari e di studio, pagando biglietti aerei assurdamente salati” . Un’impasse da superare se, continua Zappalà, si vuole scongiurare il fallimento del comparto alberghiero siciliano. Realtà, questa, che dà lavoro a decine di migliaia di persone e che nel periodo del lockdown ha perso il 95% del fatturato, mentre adesso, con la riapertura, ‘viaggia’ nel buio con perdite attestate sul -75 per cento.
Secondo un recente studio di Banca Intesa, ogni turista che entra in Sicilia spende in media 100 euro al giorno. Moltiplicando questo importo per i diversi milioni di turisti che potrebbero arrivare, si otterrebbe un giro d’affari da sistema che funziona davvero. “Questo – dice Zappalà – – non avviene proprio a causa del fattore trasporti. I turisti li portano gli aerei, molto più di altri vettori”.
I paragoni con altre realtà mediterranee evidenziano differenze abissali e grandi ritardi nelle strategie. “In Spagna per raggiungere dalle principali città il solo aeroporto di Palma di Maiorca, in piena estate tra compagnia di bandiera e aerolinee low cost sono disponibili 28 mila sedili al giorno, distribuiti su decine di voli; per la Sicilia, solo 20 mila. Con la differenza che la principale delle Isole Baleari è 7 volte meno popolosa della Sicilia“, spiega Zappalà.. Inoltre, continuando il raffronto, “nei suoi 6 aeroporti (inclusi quelli di Pantelleria e di Lampedusa) la Sicilia movimenta 18 milioni di passeggeri all’anno, mentre nel solo scalo di Palma di Maiorca ne arrivano, sempre su base annua, almeno 28 milioni di transiti. E va inoltre considerato che il movimento passeggeri siciliano è uguale a quello di Malta, dove però gli aerei portano soltanto turisti “.
Numeri derivanti da “strategie più furbe, mentre noi, non agevolando le compagnie low cost ci facciamo male da soli come al solito e, sottolinea Zappalà, continuiamo a foraggiare un’Alitalia tradizionalmente favorita dalle sue lobby che è di fatto molto più arrogante delle stesse low cost perché continua a sfruttare i siciliani, mollando tra l’altro uno scalo importante per il turismo dell’isola come quello di Trapani”.
Si è così giunti al paradosso che La Sicilia è una meta richiestissima ma la mancanza di un piano strategico per svilupparvi un vero sistema turistico capace di funzionare tutto l’anno, continua a deludere il desiderio di visitarla dimostrato con i click sui siti web da molte migliaia di potenziali visitatori da tutto il mondo.
Cosa fare allora? “Occorre sollecitare la ministra dei trasporti Paola De Micheli affinché rettifichi gli articoli 198/203 del “decreto rilancio”, che andrebbe ribattezzato decreto ‘affossamento'”. E nel contempo prendere accordi con le low cost per dirottare il più possibile i loro voli sulla Sicilia: “non possiamo continuare con migliaia di lavoratori stagionali fermi e alberghi vuoti”. Le piste degli aeroporti siciliani devono diventare idealmente zone di libero atterraggio“.
Secondo Zappalà, infine, bisognerebbe puntare sul know how già presente in Sicilia nell’ambito del traffico aereo. Il riferimento è a quello formatosi 30 anni fa con l’esperienza di Air Sicilia. “Intelligente è la progettualità delle Aerolinee Siciliane di Luigi Crispino, fondata sull’idea della public company e dell’azionariato diffuso visto che non è più tempo di iniziative pionieristiche. Ma – conclude il manager – occorrono aiuti da parte dello Stato e della Regione. Senza far convergenze le forze, il turismo in Sicilia non volerà”.