GUARDA IL VIDEO IN ALTO
È l’amiloidosi il fulcro del convegno del 1 dicembre, tenutosi al Policlinico di Palermo. La Sicilia si è sempre distinta in questo ambito di ricerca diventando anche il punto di riferimento di un importante studio epidemiologico nazionale. Quando si parla di amiloidosi, come spiega il responsabile scientifico dell’evento, già direttore del Centro Cefalee del Policlinico Paolo Giaccone di Palermo, il prof. Filippo Brighina, si tratta di una malattia ereditaria legata all’accumulo di una sostanza amiloide dovuta ad una mutazione del gene della transtiretina.
“Oggi questa malattia gode di una cura molto efficace che riesce ad interromperne l’evoluzione. Normalmente per questo ci vogliono anni, variabilmente a seconda della mutazione genica. Con queste terapie noi riusciamo direttamente a fermare la sua progressione“, afferma il professore.
Questo evento dedicato si pone l’obiettivo di fornire una panoramica aggiornata sulla malattia, presentare le problematiche legate alla gestione e favorire una conoscenza della malattia migliorando anche l’interazione tra i vari centri di riferimento su tutto il territorio della regione, accorciando i tempi necessari a diagnosticare la malattia ancora in stadio precoce e avviare tempestivamente il paziente alla terapia.
“Vogliamo garantire ai pazienti la possibilità di un trattamento efficace che blocchi la malattia in modo tale da non farla sfociare nelle forme più gravi di compromissione: motoria, sensitiva, cardiaca (oltre al sistema nervoso, colpisce anche il cuore) e dell’apparato gastroenterico“, prosegue il responsabile scientifico.
Durante l’evento si sono analizzate, attraverso l’esperienza diretta delle strutture sul territorio, le diverse problematiche della patologia e della diagnosi, evidenziando l’importanza di un’intensa attività di screeaning.
“L’obiettivo è quello di ridare una speranza di salute accettabile ai pazienti e va’ sottolineato che il farmaco interrompe il proseguire della malattia ma, ancora più importante, è riuscire ad arrivare alla diagnosi quanto prima possibile. Bisogna potenziare tutti gli strumenti diagnostici per riconoscere i malati e avviarli al trattamento“, conclude Brighina.