Il 24 giugno sono stati avviati i lavori delle campagne di Scavi della Missione Italo-Inglese presso l’area del Santuario di Apollo e della Missione Francese presso tre aree dell’abitato dell’antica città di Halaesa, nel territorio di Tusa (ME). Le attività si protrarranno fino alla fine di luglio.
Gli scavi si svolgono grazie ad una concessione rilasciata dall’Assessorato Regionale ai Beni Culturali e all’Identità Siciliana e sulla base di accordi con il Parco Archeologico di Tindari, con la Soprintendenza BB.CC.AA. di Messina ed il Comune di Tusa.
Ai lavori ha preso parte un considerevole numero di dottorandi, archeologi specializzati e studenti degli Atenei di Messina, di Oxford, di Amiens, di Poitiers, oltre che studenti di diverse Università italiane e straniere, ospitati dal Comune di Tusa, in virtù del forte interesse mostrato dall’Amministrazione nelle persone del Sindaco Luigi Miceli e del vice-Sindaco e Assessore alla cultura Angelo Tudisca.
La Missione Archeologica Italo -Inglese è diretta dai Proff. Lorenzo Campagna (Università di Messina) e Jonathan Prag (Università di Oxford). Il coordinamento scientifico delle attività è curato dal Dott. Alessio Toscano Raffa del CNR-IBAM di Catania.
Halaesa fu fondata nel 403 a.C. ed ebbe una notevole fioritura in età ellenistico-romana (III-I a.C.), qualificandosi come uno dei centri più importanti dell’isola anche per le attività portuali. Il Santuario di Apollo rappresenta l’area sacra più importante della città, posto sulla suggestiva Acropoli settentrionale che si affaccia sul Mar Tirreno e che controlla la foce e la vallata del fiume Aleso. La sua esistenza è attestata nelle fonti antiche e in documenti epigrafici e il culto di Apollo nella città è presente anche nelle monete cittadine, in cui spesso ricorre l’immagine della divinità.
I resti archeologici del Santuario furono parzialmente individuati nel 1956, ma dal momento della prima scoperta non furono più indagati fino all’inizio del nuovo corso di indagini, avviate nel 2017 dalla Missione Italo-Inglese.
Le attività di pulizia delle strutture già note, associate all’apertura di scavi archeologici in estensione e di saggi stratigrafici di verifica hanno consentito, a distanza di tre anni, di ricostruire la configurazione plano-volumetrica del complesso religioso: un’elaborata architettura costituita da più edifici che ne fanno uno dei più importanti e monumentali siti cultuali, tra quelli noti, della Sicilia ellenistico-romana.
In particolare, in questa terza campagna di scavi, è stato integralmente messo in luce un grande podio rettangolare di m 46 x 18 e alto circa 4 metri, in parte gradonato e realizzato con blocchi squadrati e blocchetti di pietra locale. Ai piedi del podio si sviluppava un’elegante pavimentazione realizzata con laterizi, in alcuni punti molto ben conservata.
Le indagini hanno consentito anche di individuare la grande rampa di accesso che dalla “Via Sacra” della città conduceva direttamente alla sommità del podio dove insistevano i principali edifici di culto del santuario.
Le attività del 2019 hanno inequivocabilmente provato l’esistenza di tre templi, orientati in senso E-O, posti uno di fianco all’altro e separati da dei corridoi, che si raccordavano a delle scale laterali, molto ben conservate, di cui sono ancora visibili i gradini e i rivestimenti parietali dipinti.
Dei tre templi, quello centrale, è l’edificio più importante e grande (m 9×13 ca.) del complesso. Esso conserva ancora parte della pavimentazione originaria con un mosaico a tessere bianche steso su una preparazione in cocciopesto e doveva presentare una cella con una fronte colonnata, caratterizzata da elaborate decorazioni architettoniche in pietra rinvenute in crollo. Al suo interno è molto probabile che vi fossero delle statue, considerati i diversi frammenti recuperati nel corso dello scavo e il rinvenimento nell’area, negli anni ’50, di una statua raffigurante la dea Artemide, oggi conservata all’interno dell’Antiquarium del sito.
Mentre la Missione Archeologica Francese (direttrice Michela Costanzi, Università di Amiens), nata da una cooperazione tra le Università di Amiens e di Poitiers, è composta da un’equipe di una decina di specialisti e da una ventina di studenti di varie istituzioni francesi ed è presenta ad Halaesa dal 2016, dopo la sottoscrizione firmata dai proff. Michela Costanzi e Vincent Michel per le Università, il Dott. Orazio Micali, Soprintendente beni culturali, la Dott.ssa Carmela Bonanno, dirigente del Museo di Mistretta e l’Avv. Angelo Tudisca, sindaco del tempo.
La missione francese lavora su tre settori della città antica : la zona a sud dell’agorà, la zona dell’acropoli meridionale e la zona sotto il muro a contrafforti. Nei tre settori continuano a emergere indizi importanti dell’occupazione di questo sito. Nella zona a sud dell’agorà si mettono in evidenza muri e suoli allineati con il resto dell’impianto urbano che indicano un’organizzazione del settore in relazione con l’agorà vicina.
La zona che non finisce di riservare sorprese è quella sotto il muro a contrafforti. Qui, nel luglio del 2018 erano stati scoperti alcuni elementi che provavano inequivocabilmente l’esistenza di un teatro antico sepolto sotto vari metri di terra : dei gradini tagliati nella roccia ed i sedili di pietra tipici dei teatri antichi della costa nord della Sicilia. Quest’anno i lavori in corso mostrano che il muro di analemma che chiudeva la cavea (gradini dove sedevano gli spettatori) verso sud è conservato su vari metri di larghezza e di altezza. Anche il muro della parados (corridoio di accesso all’orchestra e ai gradini dal basso) doveva avere delle dimensioni eccezionali. Si chiarisce quindi l’organizzazione della parte sud del teatro, che costituisce uno snodo urbanistico, un trait d’union tra la collina meridionale e quella settentrionale del sito, dove c’è il santuario di Apollo.
Tutti questi elementi sono indizi che ogni giorno di più permettono di capire l’impianto urbano di questa città che Cicerone aveva definito une delle più belle della Sicilia.