“Le aree del demanio marittimo, non funzionali ad attività portuali, tornino alla città”. Il monito è di Capitale Messina che non abbassa la guardia dal tentativo di risvegliare la città’ dello Stretto dall’imperturbabile torpore amministrativo che avvolge da ormai troppi anni une territorio privo di visione strategica e di quella identità sociale cosa che rappresenta il substrato di un orizzonte di rilancio.
Con un documento a firma di Pino Falzea e Gianfranco Salmeri, CapitaleMessina si sofferma stavolta sulla impellenza di sdemanizzare, prima del passaggio delle consegne dell’Autorità Portuale da Messina a Gioia Tauro, le aree demaniali non funzionali alle attività portuali, e restituirle al Comune.
“Volutamente non entriamo nel merito della polemica tra Amministrazione comunale ed Autorità Portuale sull’apertura estiva della cittadella fieristica, perché non ne conosciamo i termini nel dettaglio. Però qualche riflessione intendiamo farla. È indiscutibile che, allo stato attuale, l’area della Fiera, appartenendo al Demanio Marittimo, sia sotto la potestà dell’Autorità Portuale, e risulta velleitario un ulteriore contenzioso da parte dell’Amministrazione comunale per ridiscutere la questione.Ma è altrettanto indiscutibile, e su questo concordiamo con il movimento ‘Cambiamo Messina Dal Basso’, che non sia accettabile che dopo l’accorpamento della nostra Autorità Portuale con quella di Gioia Tauro, le sorti di alcune delle aree più pregiate del nostro territorio siano decise nelle stanze dell’Authority calabrese. E non si tratta, infatti, solo dell’area della cittadella fieristica, bensì della passeggiata a mare, della zona falcata, della via Vittorio Emanuele, il lungomare del Ringo, le zone del Baby Park e villa Sabin. In nessuna altra città al mondo si accetterebbe una tale situazione“.
La riflessione di CapitaleMessina porta anche in questo caso il dibattito sulla necessità di uscire dalla dimensione austera della sopravvivenza economica e sociale senza prospettive concrete di sviluppo e dal paradosso ancora più scriteriato di una subalternanza messinese nei confronti dell’Authority calabrese. Andrebbe ripensato il rapporto complessivo tra due territori che, pur nelle dovute differenze, cercano entrambe riscatto e rilancio e vengono in buona sostanza imbottigliate dalla politica e dalla burocrazia nella piccola dimensione quotidiana dove ognuno guarda all’altro con sospetto, nella più sterile e improduttiva delle logiche portuali. Di certo va riconquistata l’autonomia gestionale, di pensiero e di azione di una Messina relegata ad una impossibilità o incapacità – a seconda dei casi e dei punti di vista – di valorizzare le sue aree e le sue infrastrutture.
“Come abbiamo detto più volte – evidenzia CapitaleMessina -, riteniamo indispensabile che prima che si verifichi il passaggio delle consegne tra Messina e Gioia Tauro, si debba avviare la richiesta di sdemanializzazione di tutte le aree del demanio marittimo non funzionali alle attività portuali, per restituirle alla piena titolarità della città. Ma va fatto subito, senza perdere ulteriore tempo, per motivi politici e di opportunità. Non crediamo che nessuno, aldilà delle diverse opinioni sull’accorpamento con Gioia Tauro che noi continuiamo a ritenere disastroso, possa non concordare con questa principio. E se così è, ci aspettiamo che la classe politica messinese finalmente prenda l’iniziativa“.
E allora, gira e rigira, il punto su cui verte la discussione torna ad essere il solito: ma la politica messinese cosa vuole fare di Messina? Condannarla forse ad un destino irrimediabilmente anonimo e di sofferenza sociale, zavorrandola nelle sue piccole logiche di cortile e di Palazzo o avrà almeno il buon senso – se parlare di lungimiranza e’ forse eccessivo – di comprendere che così non si può più continuare. C’è da capire se la parola riscatto sia davvero compresa nel vocabolario di chi ha (o insegue per il futuro) un ruolo attivo nelle dinamiche istituzionali messinese.
E’ arrivato il momento di rendersi conto che magari chiunque può sbagliare ma perseverare nelle scelte miopi diventa esercizio diabolico di masochismo e così facendo si continua a mortificare una città metropolitana che potrebbe fare la parte del leone come la fa Catania nel recuperare 250 milioni dal Governo. Bianco, come dicono, sarà pure facilitato dal suo essere “di casa” nella famiglia del Pd e del Governo Gentiloni ma i fatti sono più ostinati dei teoremi di Pitagora e lo premiano. Messina ha le potenzialità per rilanciarsi ma non può prescindere dal carattere concreto e dalla voglia reale di andarsi a riprendere quello che le serve e le e’ dovuto.
E’ questa la vera sfida, l’ultimo bivio, della politica e del tessuto sociale di Messina che non può continuare a navigare a vista interpretando, vivendo e confinando il proprio territorio nel limbo di una città metropolitana ridotta per tanti versi a “paesello” di periferia dal quale la gente vende casa, emigra e spopola per proiettarsi in un avvenire altrove.