Manuel Felisi presenta all’Orto Botanico di Palermo “Rigenerazioni“, a cura di Giacomo Fanale, omaggio ad un luogo carico di suggestioni.
Gli elementi botanici e simbolici, che interagiscono con un’architettura straordinaria, fanno sì che all’Orto tempo e spazio interagiscano in un’atemporalità che pare abbia cessato di manifestare i segni del degradarsi; delle cose come della natura.
Manuel Felisi, per questa installazione, che si inaugurerà sabato ripropone temi già presenti nei suoi recenti lavori, che bene interagiscono con i luoghi scelti per l’esposizione.
Il prosieguo di un lavoro di ricerca artistica che ha da tempo intrapreso come nelle ultime performance, “Presente del passato” a Roma lo scorso ottobre, e la mostra “Tempo immobile” a Milano (2017).
Una trilogia che si conclude con la mostra di Palermo, sintesi dei due precedenti progetti artistici.
In contrapposizione con l’esistente, l’artista impone la sua concezione del tempo, in cui ogni atto di decadimento viene bloccato insieme al suo rigenerarsi, atto che di per sé impedisce il perpetuarsi delle specie.
La sua è un’operazione che vanifica l’azione degradante del tempo agendo per preservare ciò che è diversamente deperibile, in modo da perpetuare ciò che vive.
Ed è proprio attraverso questa azione ovvia che l’artista mette in discussione l’agire del tempo nel presente, per preservarne il futuro.
La sua è una chiara provocazione. L’uso della conservazione, per Manuel Felisi supera il normale concetto del processo del divenire, ma come un presente continuo.
Un creare artistico quello di Manuel Felisi che cerca oltre il ricordo di interpretare il passato, con un’analisi appassionante che si apre a molteplici riflessioni.
Il suo operare consente di porre l’attenzione sulla percezione temporale del mondo e delle cose, siano esse legate alla natura così come appare, o come risultato dell’agire umano alle volte anche degenerante.
Le istallazioni proposte si rappresentano in due momenti. Il primo, nella sala Tineo tra le bacheche al primo livello, in cui verranno esposte, in alternanza, opere pittoriche o fotografiche riproponenti stilemi di vegetazione presente nel contesto ambientale dell’Orto.
Palese è la volontà dell’artista, di perpetuare il ricordo della natura vista attraverso una visione prospettica centrata e incombente sullo spettatore, che lascia immaginare, in trasparenza, un cielo rassicurante e immutabile.
L’opera impressa su tela, posta al livello del soppalco, “consente di immergersi dentro la natura stessa. Una rete fitta di rami e di vegetazione avvolgono lo spettatore, in una visione fittizia, un riportare ciò che ricordiamo di natura in un contesto chiuso e limitato, ma più intimistico se non conturbante“, si legge nel testo critico.
Natura bloccata all’interno di una serra immaginaria, immutabile nel tempo, come nella realtà non è mai.
Nella seconda istallazione è evidente l’intento dell’artista di agire con lo spazio principale del complesso dell’Orto Botanico, l’emisfero del Gynnasium, dove si celebra il perpetuare della loro esistenza nel tempo.
Nell’erbario l’artista intende, attraverso l’istallazione sul pavimento, rappresentare concettualmente, la forza rigenerante della natura anche se costretta e frammentata.
L’opera si compone di frammenti di opere pittoriche che riproducono la vegetazione che emerge dal supporto in terra, come fosse il risultato di una rigenerazione caotica in cui a prevalere, malgrado tutto, è la forza vitale e rigeneratrice della natura stessa.
L’istallazione si completa con il posizionamento di congelatori che contengono sementi in netta contrapposizione con le tecniche tradizionali di conservazione esposte nel padiglione.
Fino al 20 gennaio 2020.