Fuori dalle “giornate istituzionali” scende in piazza il dissenso dei lavoratori dello spettacolo, in senso lato, con la manifestazione “Arte è martello, festa della Repubblica fondata sul lavoro degli Invisibili“, che si terrà venerdì 5 giugno a Ballarò (ore 18.30).
A prendervi parte un gruppo di lavoratrici e lavoratori dello spettacolo della città di Palermo che hanno aderito al sentimento di mobilitazione generale e allo stato di agitazione permanente, per rivendicare dignità per il loro lavoro.
Il teatro e la cultura sono di tutte e di tutti e quindi a tutti dovranno tornare, in piazza e davanti ad un pubblico.
“Arte è martello, festa della Repubblica fondata sul lavoro degli Invisibili” è il nome della prima azione di sciopero alla rovescia, inventato da Danilo Dolci, lanciato dal collettivo e da tutti gli artisti, gli attori, i giocolieri, e le maestranze dello spettacolo che hanno aderito alla proposta di immaginare un’azione di protesta che sia contemporaneamente per la città presidio di bellezze e rivendicazione di diritti, con la preziosa adesione del Comitato del mercato dell’Usato Sbaratto dell’Albergheria.
Durante la manifestazione sei moto ape si trasformeranno in palcoscenico e guidate dagli abitanti del quartiere ospiteranno a turno: musicisti, attori e danzatori.
Insieme si muoveranno nel quartiere di Ballarò, garantendo il distanziamento, e offriranno il loro simbolico sacchetto pieno di Arte a tutti.
“L’Arte si materializzerà nei luoghi delle persone – dicono gli artisti – costrette ad una distanza fisica e dunque sociale, uscirà dai teatri e percorrerà fisicamente le strade, abitate da altri invisibili, reggendo lo stendardo della Bellezza e della Resistenza. Resistenza a cui siamo improrogabilmente chiamati tutte e tutti”.
Il gruppo degli artisti che ha allargato a macchia d’olio l’iniziativa, si è formato in seno a SOS Ballarò, durante l’emergenza Covid, quando si sono sbracciati insieme agli altri tanti volontari e per tre mesi hanno distribuito la spesa a seicento famiglie in difficoltà.
Durante questi mesi di crisi, profondamente difficili, si sono interrogati a lungo sulla loro professione e sono giunti alla conclusione che il teatro non coincide solamente con un luogo fisico e delimitato nello spazio, il teatro è dovunque si trovi il corpo dell’attore in interazione con il pubblico.
“Per prenderci cura di una città dolente e trasformarla in un palcoscenico per tutto il pubblico tagliato fuori a causa dell’inevitabile cancellazione della programmazione artistica su larga scala – aggiungono gli artisti – Per pensare e creare bellezza con nuovi criteri e norme che garantiscano la sicurezza e la salute di tutti. Per dare forma e voce ad un dolore collettivo che non può più rimanere inascoltato e che riguarda trasversalmente tutte le categorie dei cosiddetti lavoratori invisibili, che in questo particolarissimo momento storico più che mai, hanno il dovere di far sentire la propria voce“.