Si intitola “Terzo Millennio” l’opera dell’artista siciliano Vito Bongiorno, classe 1963, originario di Alcamo, realizzata dieci anni fa e che, se allora destò interesse per il suo valore artistico, ogni sembra quasi una profezia della cronaca di questi giorni caratterizzata dall’epidemia da Covid-19.
L’opera, un quadro a tecnica mista di un metro e mezzo per 110 centimetri, riporta un uomo vitruviano sotto un mondo fatto di carbone da cui escono, come lingue malefiche, neri tentacoli di un virus destinato a ucciderlo.
A distanza di anni l’artista, rivedendola sottolinea l’aspetto simbolico, dichiara: “Ovviamente nella mia mente non era il coronavirus di oggi, ma era in senso più metaforico quell’inquinamento ecologico, sociale, economico e culturale che caratterizza la nostra epoca“.
Nella produzione di Bongiorno il carbone ha una valenza importante “perché ha un’energia incredibile e al contempo una luce che ti può rigenerare. Le mie opere esposte in questi giorni alla Galleria Fidia di Roma, che si possono vedere ora solo con un viaggio virtuale – ha detto – sono realizzate con il carbone, materiale primordiale che per me è un elemento chiave per rappresentare l’inquinamento globale, non solo ambientale ma soprattutto socio-culturale. Contiene, nella propria struttura fisica e non solo a livello di metafora, il buio e la luce, la notte e il giorno, la catastrofe e la rinascita”.
Nel corso degli ultimi anni Bonanno, che da anni vive a Roma ed è conosciuto nel panorama internazionale, ha intrapreso anche una serie di sperimentazioni tra Body Art e Land Art.
Il risultato è una fusione tra questi due movimenti artistici, nati negli anni Sessanta negli Stati Uniti e diffusisi in Europa e in molti altri Paesi. Celebri sono le foto delle sue modelle, nude e col corpo dipinto di blu, che durante le performance artistiche si muovono tra le opere – le più celebri sono le cartine geografiche in cui gli Stati sono fatti con carbone – indossando maschere antigas.
“Per me il blu è il colore che rappresenta la purezza, perché penso che ciò che è puro sia semplice e pulito – racconta – che ciò che è puro sia nudo. A un certo punto c’è un passaggio che mi fa pensare a come questa purezza possa toccare e nello stesso tempo trasformare quanto c’è di contaminato e fragile in questo momento sociale che l’umanità affronta. Da qui il carbone che simboleggia la malattia, la spaccatura, l’amarezza e l’inquinamento“.
Tutto ciò è visibile nelle foto della performance del 2012, Terra Mater, tenuta a La Pelanda di Roma.