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Numerosi, troppi, i dubbi e le omissioni, a volte anche qualche imbarazzo, in merito al caso del presunto attentato a Giuseppe Antoci, nella relazione stilata dalla commissione Antimafia dell’Ars. Oggi il presidente Claudio Fava ha convocato una conferenza stampa a Palazzo dei Normanni. Presenti anche i consulenti, Bruno Di Marco, ex presidente del Tribunale di Catania, e Tuccio Pappalardo ex direttore nazionale della Dia che hanno partecipato ai lavori delle 23 audizioni sul caso Antoci.
Una frase lapidaria afferma il presidente Fava oggi durante la conferenza stampa: “Tracce della mafia, non ce ne sono. In questa vicenda“. Ma non è il solo, ad affermarla anche la procura di Messina che ha archiviato il caso.
23 i punti interrogativi che elenca Di Marco in merito a questa vicenda: “Il mancato ritrovamento dei bossoli sparati dagli attentatori. Non vi è prova di un conflitto a fuoco”. “Gli attentatori come sono riusciti a scappare? ” La polizia scientifica di Roma non riesce a trarre una conseguenza. Le bottiglie incendiarie che sono state ritrovate nella statale “non hanno alcun senso“. “Di questi dubbi non abbiamo traccia della richiesta di archiviazione“. Afferma Di Marco.
Numerosi sono i dubbi da parte anche degli ex funzionari che hanno risposto ai giornalisti: “Nessuno ha preso in considerazione il fatto che l’attentato è stato compiuto in una strada statale, che andava interrotta nel momento esatto e in entrambe le carreggiate. L’attentato sarebbe avvenuto quindi senza questi presidi e ciò ci spinge a qualche dubbio. E ancora, il sindaco Calì dice di non avere avvertito alcuna preoccupazione quella sera e tanto meno ha parlato di ‘vedette’. Di ‘vedette’ parla di sua iniziativa solo il dottor Manganaro, poi in sede di audizione ammette di avere usato quel termine impropriamente. Il maresciallo Lo Porto, sulla ‘caratura criminale’ delle persone indagate, parla di gente incapace persino di fare un furto di vitelli“. Continua Di Marco.
“Il commissariato di Sant’Agata sta all’attentato di Antoci come starebbe il commissariato di Mondello all’attentato dell’Addaura. In un episodio del genere, la prassi vuole che si attivino tutti gli strumenti investigativi presenti sul territorio nazionale. E immediatamente sul territorio, non da Roma e dopo due anni. Abbiamo chiesto a chi avviò le indagini e le risposte sono quelle registrate da questa relazione“. Afferma Fava.
Dubbi anche da parte di Pappalardo: “E’ stato emesso un decreto di archiviazione. Ma se mi limito alla prima fase, l’isolamento di quei luoghi, la scarsa luce di quei luoghi, hanno un linguaggio muto: le voci dei fatti non hanno prodotto nessun effetto. Ma avrebbero meritato semmai ulteriori approfondimenti. E l’archiviazione mi fa pensare che quei fatti non sono stati tenuti nella debita considerazione. Io avrei approfondito quei fatti sul piano investigativo. Questa vicenda, proprio sulla base del piano investigativo, avrebbe meritato un maggiore approfondimento“.