“Tutelare la salute”, con l’approvazione alla Camera della legge sull’autonomia differenziata, sembra una missione ardua per il Sud adempiere all’articolo 32 della Costituzione.
Ciò che preoccupa maggiormente, oggi, è la possibilità o meno di accedere ai fondi pubblici per rimpinguare i bilanci della sanità nelle singole regioni per garantire al cittadino il diritto alla salute e, in prima linea, oltre a medici e infermieri, vi sono i manager della sanità che ogni giorno devono confrontarsi con le criticità di un sistema in crisi, specialmente al Sud.
In Sicilia
I dati per l’Isola come per tutto il Sud, non sono positivi. Ogni anno sono 800 mila i siciliani che rinunciano alle cure a causa della risposta rallentata e inadeguata del sistema sanitario pubblico e dei costi del privato. Inoltre non vi è partecipazione alle campagne di screening e si fa, quindi, poca prevenzione, non garantendo così i livelli essenziali di assistenza. Per quanto riguarda le aziende sanitarie, ancora alta la carenza di personale sanitario, di posti letto e le strutture, buona parte, sono organizzativamente antiquate e vetuste.
I risultati delle disuguaglianze nell’accesso a cure e servizi incidono pesantemente sull’aspettativa di vita in buona salute. La Sicilia è, al riguardo, la penultima regione d’Italia, seguita dalla Calabria, con un gap che supera i 5 anni di vita rispetto al Trentino e gli 11 anni rispetto alla provincia autonoma di Bolzano.
Con l’autonomia differenziata si rischia la diminuzione delle risorse, in considerazione di uno dei punti critici di questa riforma: i Livelli essenziali di prestazione (Lep), che rappresentano i requisiti minimi di servizio da garantire in modo uniforme in tutto il territorio nazionale, per assicurare i diritti sociali e civili sanciti dalla Costituzione.
I medici
La Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, per evitare ulteriori disuguaglianze, ha chiesto al Governo di prevedere provvedimenti e interventi per colmarle. Per far questo servono maggiori risorse per la sanità, maggiore tutela delle regioni maggiormente esposte alle disuguaglianze e un sostegno ai professionisti che lavorano nel Ssn.
L’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali
“La Sicilia ha delle buone risorse umane, ma bisogna connetterle e lavorare insieme in un’ottica di squadra. Questa è una logica che parte dai vertici politici sino ai direttori generali e anche alla componente dirigenziale nelle varie aziende. Bisogna stimolare e far sì che tutti lavorino seriamente, in squadra, creando la rete i collegamenti”. A dichiararlo è Angelo Pellicanò, esperto di Agenas, che consiglia ai direttori generali delle aziende sanitarie, inoltre, di: “Conoscere bene il territorio, delle Asp e delle aziende ospedaliere, le persone, le risorse di cui si dispone ed avere una visione lungimirante perché senza una visione lungimirante e una programmazione seria si rischia di fallire”.
“Noi in Sicilia, in questo momento, non possiamo permetterci di perdere un’occasione importante come questa che ci viene offerta dalle risorse del Pnrr e del Dm 77“, conclude.