Il Partito Democratico è sul piede di guerra contro il governo Schifani. L’aria di crisi e di tensione che aleggia tra Palazzo dei Normanni e Palazzo d’Orléans non è certamente sfuggita alle forze di opposizione che, una volta archiviata la devastata manovra quater, non hanno perso tempo nell’evidenziare le crepe della coalizione di centrodestra, chiedendo a gran voce le dimissioni del governatore. Il vertice di maggioranza sembra aver chiarito alcuni punti, ma il vero banco di prova e chiave di volta del prossimo biennio, che la Regione si accinge ad affrontare, sarà la Finanziaria. La legge di Stabilità dovrà essere approvata entro il 31 dicembre, ma gli ultimi testi al vaglio di Sala d’Ercole hanno incontrato fin troppi intoppi e ostacoli insormontabili. In questo contesto, un ruolo non indifferente sarà ricoperto anche dalle forze di minoranza all’Ars, PD e Movimento 5 Stelle. Di questa stagione buia e uggiosa ilSicilia.it ne ha parlato con il segretario regionale dei dem Anthony Barbagallo.
La bagarre sul voto segreto: Sbardella vs Barbagallo
Si parte subito dalle ultime dichiarazioni del commissario regionale di Fratelli d’Italia Luca Sbardella sul voto segreto, unico vero elemento di convergenza dell’intera maggioranza: “Per l’ennesima volta il Partito Democratico dimostra di anteporre le beghe e i “giochetti” di Palazzo agli interessi dei siciliani: l’annuncio da parte del loro capogruppo di voler chiedere il voto segreto sulla nostra proposta di abolire il voto segreto all’Ars, infatti, è l’emblema della peggiore politica“.
Il deputato nazionale alla Camera ha così prontamente risposto a tono alle accuse: “La dichiarazione del mio collega Sbardella mi sorprende. Negli anni in cui il PD era al governo dai banchi della destra Musumeci e Formica tuonavano, difendendo la legittimità e l’utilità del voto segreto. Credo sia una polemica veramente stucchevole. La maggioranza prova a coprire gli ormai insanabili conflitti al suo interno con queste dichiarazioni di facciata. Il voto segreto c’è stato, c’è e ci sarà ed è una prerogativa dei parlamentari in Ars, anche a tutela dell’indipendenza del Parlamentare stesso. Le dichiarazioni lasciano il tempo che trovano. Se proveranno a rompere quest’ultimo baluardo di democrazia faranno la stessa fine di chi ci ha provato in passato, con Musumeci in testa“.
Eppure gli stessi meloniani, in occasione della variazione di bilancio avevano adoperato lo strumento per esprimere i propri mal di pancia. “La verità è che non sanno più che cosa dire o fare. Noi – ha aggiunto l’esponente dem – insistiamo nella richiesta di dimissione di Schifani“.
Dalle spaccature del centrodestra ai grandi tempi in vista della Finanziaria
Il segretario regionale è partito così all’attacco del governo regionale: “Il governo è arrivato al capolinea. Non c’è più la maggioranza. Le fratture sono insanabili. Non c’è più una visione di governo. Schifani e i leader del centrodestra devono prendere atto che la macchina non è più in grado di funzionare. In tre anni non è stata approvata una riforma. Restano insieme soltanto per la mera gestione di potere e di clientele. La sconfitta in aula – ha evidenziato – è arrivata poche settimane dopo che avevano sfornato una ondata di nomine, con gente inadeguata a ricoprire quelle cariche, dove sembrava che avessero trovato un equilibrio. Invece non è così. Hanno faide intestine, sete di vendette tra di loro. Ci sono troppi non detti al loro interno. I vertici di maggioranza si trasformano solo in rinfacci e promesse di rese dei conti. Lo scenario che abbiamo visto in queste settimane, generalmente matura a fine legislatura, negli ultimi tre, sei mesi. Qui mancherebbero ancora due anni. I siciliani non meritano di restare così appesi a questo immobilismo. Schifani ne ha viste tante, è stato presidente del Senato e ha rivestito ruoli delicatissimi, ma ora deva fare i conti con sé stesso e liberare i siciliani da questa cappa insopportabile di immobilismo. Non si può gestire una Regione come la Sicilia che è all’ultimo posto di tutte le classifiche. Non si esce dall’ultimo posto gestendo potere. Serve garantire una visione, fare delle riforme, accelerare la spesa e garantire una gestione oculata delle risorse pubbliche, un percorso che questa maggioranza non può fare. Non possono pensare di gestire una manovra di due miliardi di euro a fine anno distribuendo mance e mancette e pensare così di poter andare avanti. Così siamo all’ultimo posto e di questo passo avremo sempre dati peggiori“.
A proposito dei due miliardi di avanzo. Il vasto bacino di risorse sarà impiegato nella manovra di fine anno. Dall’ultimo vertice di maggioranza è emersa la decisione di instituire un tavolo tecnico-politico per avviare sin da subito un confronto sui temi rimasti in sospeso nella manovra quater. Un passaggio che dovrà necessariamente concludersi entro la fine di ottobre se si vorrà rispettare il cronoprogramma. “Si passa da una manovra all’altra, individuando contenitori di sessioni finanziarie, dove si mette dentro tutto il contrario di tutto. Non è possibile ridurre il Parlamento più antico del mondo a questa condizione di saccheggio da parte dei deputati del centrodestra. Per uscire dagli ultimi posti in classifica serve una grande visione, a partire da alcuni temi“.
Un esempio? Gli ispettori del lavoro. “Li vogliono assumere i nuovi ispettori del lavoro in Sicilia o Schifani deve continuare a strizzare l’occhiolino alle aziende che non mettono in regola i lavoratori o ai gestori delle attività di ristorazione che non mettono in regola i banconisti e li fanno lavorare per 25 euro al giorno? In questo momento abbiamo 67 ispettori del lavoro in Sicilia. Un paio per ogni provincia. L’illegalità pullula e le retribuzioni non corrispondono ai contratti collettivi nazionali del lavoro. C’è un tema di sicurezza del lavoro, continuano a verificarsi morti bianche in Sicilia. Su questo tema Schifani mette delle risorse o no?“.
Ma non solo. Argomenti sempre attuali alla cronache e su cui i riflettori sono costantemente puntati sono la povertà e la crisi dei Comuni: “Altro tema è quello della povertà. I soldi non sono ancora arrivati e non c’è questa percezione a carico delle famiglie. Terzo tema è quello degli Enti locali. Lo dico da ex sindaco. Oggi, in Sicilia, le fragilità sono gestite tutte dai Comuni, perché sono loro che gestiscono l’assistenza alle famiglie bisognose, l’assistenza domiciliare agli anziani, il trasporto scolastico, gli asili nido o il ricovero dei minori. Se non garantisci ai Comuni il trasferimento di risorse necessarie in base alla popolazione, ad essere colpito non è il sindaco amico o nemico di Schifani, ma il ceto siciliano più debole. Un Comune su tre in Sicilia è in stato di dissesto o di pre-distesso, che corrisponde a oltre la metà della popolazione siciliana. A pagare questa condizione sono le famiglie più fragili. Quando venni eletto in Ars nel 2012 il Fondo per le autonomie locali era di 1,2 miliardi di euro. Ora è ridotto a un quarto e questa somma viene distribuita tra mance e mancetta all’Ars. Non è possibile che si discriminino alcuni Comuni solo perché uno è amico del capogruppo di un partito di maggioranza. E’ un’offesa insopportabile verso i cittadini di quei comuni che non hanno più i servizi essenziali. Schifani deve dare una risposta con una legge che garantisca, anche all’interno delle manovre, equità tra i Comuni. Questa gestione del potere è insopportabile“.
Emergenza sicurezza a Palermo: l’appello al ministro Piantedosi
Tante sono le emergenze da affrontare e su cui non bisogna perdere ulteriore a tempo. A queste si aggiunge una piaga che negli ultimi anni si è spalancata, sfociando nei terribili episodi di violenza che hanno fatto il giro di tutto il Paese. L’ultimo è l’omicidio di Paolo Taormina, il giovane di 21 anni lo scorso sabato notte in via Spinuzza a Palermo. Ieri i funerali in un Cattedrale gremita, tra familiari e amici della vittima, ma anche con tanti palermitani accorsi per dire basta a questo clima di insicurezza che attanaglia la città.
“Ho chiesto un’informativa urgente di Piantedosi in aula. Ancora – ha spiegato Barbagallo – non si è presentato per discutere dell’emergenza Palermo. La risposta arrivata ieri dal Viminale è parziale. Il governo Meloni e il governo Schifani non possono pensare di risolvere il problema militarizzando la città. Dobbiamo tutti interrogarci su come siamo arrivati a questo mito della mafiosità, per cui tutti hanno un’arma. Bisogna ripartire da un investimento sulle scuole, sugli istituti culturali, su una visione, raccontando ai ragazzi il dramma delle stagioni mafiose e che la mafia fa schifo. Se non c’è un investimento culturale e sociale, non si può superare l’emergenza con dieci poliziotti in più o in meno. Aspettiamo il ministro Piantedosi per poterci confrontare su questi temi aula. La proposta del governo, 24 agenti in 3 mesi quando ne mancano almeno 200, è insufficiente. il tema poi non è solo di ordine pubblico, ma anche di emergenza sociale. Schifani e Lagalla vadano dai ministri per pubblica istruzione e attività sociale a chiedere soldi e strutture. In Sicilia, come Partito Democratico, stiamo subito attivando alcuni punti di ascolto e di confronto proprio su questi argomenti, perché il tema non riguarda solo Palermo. C’è stato pochi mesi fa Monreale, Catania, Marzamemi a Pasqua e Pasquetta. Il fenomeno dilagante della violenza ha un punto di debolezza nel sottostrato culturale e sociale che bisogna affrontare. In tante realtà ha fallito la scuola, gli istituti educativi, le formazioni sociali. Serve ripartire da zero perché questa non è un’emergenza che possiamo superare solo con le truppe“.
PD, campo largo e regionali
Torniamo però ai piani istituzionali e concentriamoci sul Partito Democratico. Non è stata un’estate serena per i dem. Barbagallo è stato riconfermato segretario, ma non tutto il gruppo siciliano si è detto favorevole, avviando una serie di ricorsi. Una lunga storia che si è conclusa solo pochi giorni fa, con la pronuncia della Commissione regionale di garanzia del Partito Democratico siciliano che ha ritenuto i ricorsi inammissibili. Ma sul tema il deputato nazionale ha preferito non entrare nel dettaglio, precisando che “sono un giurista e nella vita professionale esercito la professione di avvocato: non ho mai commentato una sentenza. Men che mai commenterò una decisione assunta degli organismi di garanzia del mio partito. Non è nel mio stile. Il Partito Democratico ha i suoi organismi che, a tutti i livelli, fanno un grande lavoro che valuta sia le procedure che i comportamenti di tutti gli iscritti“.
Adesso però il PD dovrà ritrovare la tanta agognata unità in vista delle prossime sfide elettorali: le amministrative in primavera e le regionali del 2027.
“L’obiettivo è quello di costruire un campo più largo e inclusivo possibile, anche per le elezioni amministrative“. Ha spiegato Barbagallo che ha aggiunto: “Veniamo da questa stagione in cui, a livello nazionale, abbiamo tenuto insieme, nelle sei Regioni al voto le forze parlamentari di PD, Movimento 5 Stelle, ma anche Alleanza Verdi e Sinistra e Italia Viva. Faremo un tavolo regionale nelle prossime settimane in avvicinamento delle elezioni amministrative. Lo sforzo delle forze parlamentari o politiche, però, non basta. Lo dico da tempo, serve anche il valore aggiunto del civismo, fare liste di qualità e reperire anche lo slancio delle migliori intelligenze per vincere le elezioni amministrative e proiettarci anche a un posizionamento delle elezioni regionali e politiche che sia coerente con questa visione. Ieri – ha raccontato – è stato con noi a Messina e ad Aci Sant’ Antonio Pierluigi Bersani: ci ha ricordato come la sinistra ha condito le grandi vittorie sempre con il sostegno, con una spinta popolare, di mondi vitali, dei movimenti studenteschi. Dobbiamo costruire un modello di governo dove garantiamo discontinuità nelle scelte e concretezza dell’azione di governo. Così riusciremo a riscattare la Sicilia. In tal senso abbiamo in corso la conferenza programmatica. Per ogni provincia bisogna individuare le priorità per invertire subito la rotta. E poi ancora, prendiamo l’impegno solenne che se vinciamo metteremo i migliori a gestire sia la sanità che le nostre eccellenze come i parchi archeologici, naturalistici e le partecipate della regione. I migliori in base al curriculum e non alla tessera di partito“.
Ma esiste già una rosa di nomi in vista del grande appuntamento in calendario tra due anni? “Ancora è presto. Anche se il toto-nomi appassiona la stampa e i siciliani, credo sia veramente presto. La conferenza programmatica servirà a saldare intanto il perimetro politico, sia delle quattro forze parlamentari, ma anche delle parti sociali e delle categorie produttive. Serve un grande progetto di rilancio della Sicilia su cui poi conferire il comune denominatore: un candidato presidente della Regione competente, che abbia le carte in regola, come diceva Pier Santi Mattarella, e che abbia la passione di Pio La Torre“.