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“Benedetti Toscani. Pensieri in fumo”, Massimo Onofri presenta il suo libro a Ustica [L’intervista]

sabato 29 Luglio 2017

All’interno della manifestazione “Ustica villaggio letterario”, domenica 30 luglio alle 19,30 un appuntamento da non perdere sarà l’incontro con Massimo Onofri, autore del libro “Benedetti Toscani. Pensieri in fumo”.

L’evento aprirà la rassegna “Libri e illustrazioni al Sole”, dieci giorni dedicati all’editoria, alle case editrici e alle librerie.

Protagonista di “Benedetti Toscani” è lo stesso dei due libri precedenti dell’autore, “Passaggio in Sardegna” e “Passaggio in Sicilia”, che guarda caso si chiama Massimo Onofri, ci ha detto l’autore che abbiamo intervistato.

– Il libro apre con una dichiarazione d’intenti: esso accoglierà i frutti dello stare, inteso come sostare nella mera esercitazione di un’arresa pigrizia…

“Sì, bisogna fare un passo indietro nei libri precedenti per comprendere a fondo il senso di quest’ultimo. In “Passaggio in Sardegna” Massimo Onofri si confronta con la separazione violenta dalla figlia e nel capitolo “Alghero for ever” tento di rispondere a questo dolore adottando uno stile di vita che potrei definire “slow life”, dove slow sta non per ‘lento’ ma per ‘intenso’. Ecco la pigrizia di cui mi chiedeva prima parte da qui, essa non è indolenza ma presa di coscienza di un grande dolore e insieme risposta di resistenza. Altri eventi dolorosi mi hanno condotto ad una ‘passiva attività’ non perchè mi sia arreso agli eventi della vita, ma perchè ho scelto di far entrare il dolore dentro di me, accogliendone anche il gusto. La pratica di fumare il sigaro rappresenta quindi una scommessa esistenziale forte, dove si incontrano vita e dolore”.

– Questa mera pigrizia vive accanto alla presenza di un Antico Toscano, le cui iniziali in maiuscolo è come se dessero vita all’oggetto stesso. Il sigaro viene connotato quindi come un altro personaggio del libro, in qualche modo un alter ego del protagonista?

“Sì, il sigaro assume entrambi le connotazioni; in una delle recensione fatte al libro è stato sottolineato come mai, in nessun altro caso, siano stati accostati così tanti aggettivi e verbi accanto ad un sigaro. Lo definirei un ‘personaggio confidente’.

– Possiamo definirlo anche come il grimaldello dell’esperienza che favorisce i frutti dello stare?

“Assolutamente sì”.

– Il protagonista nel libro viene definito un uomo fantasticante: quali aggettivi aggiungerebbe per farlo inquadrare meglio al lettore?

“Direi disorientato, allegro, ferito, un uomo che ama la vita, che predilige la fantasticheria da fermo, pratica che se esercitata può risarcire, a mio avviso, l’umanità dal dolore che inevitabilmente giunge”.

– L’accensione del toscano è il primo rito da agire con fedele ripetitività ogni notte: la notte è una dimensione particolare per lei?

“Certamente, sin dalle Confessioni di Sant’Agostino il concetto del tempo è sempre stato cruciale nella storia dell’uomo, qui il tempo è quello metereologico e la notte è la ‘notte di stelle’, dimensione che induce alla fantasticheria”.

– Il rituale del fumare la notte esige, in qualche modo, la solitudine della pratica: “La musica dell’uomo solo, felicemente solo, anche nel dolore”. Che rapporto ha lei con la solitudine?

“Sono costretto a vivere una socialità coatta, sono anche socievole e mondano ma vivo il rifiuto della socialità forzata. La solitudine è un momento altissimo di consacrazione dell’uomo al massimo grado, rifiuto l’idea aristotelica dell’uomo come animale politico, l’infelicità è una medicina complessa che va assunta. Al di là della mia visione nichilista però il libro è una preghiera laica, un inno alla vita”.

– Lei insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università di Sassari: qual è l’aspetto fondamentale, al di là della dottrina letteraria, che cerca di insegnare ai suoi studenti?

“La letteratura è un fatto serio, poco accademico, esistenziale dal mio punto di vista. Il mio libro “La ragione in contumacia” è stato un tentativo teorico di fondare un’idea della critica che desse un senso alla vita. La letteratura è niente se non ha a che fare con l’arte di vivere. E’ questo che cerco di insegnare ai miei studenti”.

– Il libro è dedicato alla “mia principessa nuragica”; vuole dirci qualcosa a tal proposito?

“La principessa nuragica è la donna che amo ora, a cui mi rivolgo ad ogni pagina”

– In conclusione Lei torna spesso ad Ustica e in Sicilia in generale, non solamente per lavoro. Che rapporto ha con la dimensione della vita nell’Isola?

“Ho un rapporto molto stretto, a tal proposito le anticipo che il mio prossimo libro si intitolerà “Isolitudini”, un lavoro ad ampio raggio sulle isole, vere e immaginarie, che hanno visto il passaggio di illustri personaggi o l’esistenza irreale nei romanzi. L’isola di Ustica mi piace molto perchè, come Caprera e ancor più l’isola della Maddalena, risponde alla mia esigenza di ‘isolitudine’ che mi ha portato negli anni a spostarmi in luoghi sempre più isolati e poco abitati. Non si può comprendere la bellezza di un cielo stellato se non si è trascorso del tempo in luoghi simili”.

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