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Bia Cusumano, Donna Siciliana 2023, scrittrice, poeta e docente di lettere al liceo di Castelvetrano | INTERVISTA

venerdì 23 Giugno 2023
Bia Cusumano

«La Bellezza è la mia Itaca. La mia terra di appartenenza. Non so come si faccia a spiegarla. È come l’amore, accade, non lo scegli a tavolino. Non lo costruisci mettendo insieme i pezzi. È un mistero insondabile. O la possiedi come dono o no. È un miracolo inspiegabile.» Bia Cusumano

Bia Cusumano

Ciao Bia, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori che volessero sapere di te quale scrittrice, poeta e docente di lettere?

Ciao Andrea, grazie per l’invito … È un onore fare due chiacchiere con te sul mio amore viscerale per la scrittura. Mi presento ai tuoi lettori per la donna che sono, una donna che come dico sempre io, “è stata concepita dentro l’utero delle parole”. Da sempre scrivo e per me scrivere è una passione insostituibile. Toglietemi tutto, tranne le parole, insomma. Scrivere è impegno e scelta radicale ma per me è anche motivo di gioco, mi diverto e mi completo. Dormo con i libri e ovunque ci sia io sono sempre presenti, libri e fogli. Che dirti? Per me scrivere è sigillo di appartenenza.

Chi è invece Bia Donna al di là della sua passione per la scrittura, per la letteratura, per la poesia e la lettura? Cosa puoi raccontarci di te e della tua quotidianità?

Bia Cusumano è anche una figlia, una madre, una docente, una amica, una compagna. Insomma è tante cose. La mia quotidianità trascorre tra il mio adorato Liceo in cui insegno letteratura Italiana e latino e la scrittura. Inoltre da quando sono presidente del Palmosakore A.P.S. i mei giorni trascorrono tra presentazioni di eventi letterari, interviste e organizzazione del festival di Arte e letteratura che la mia Associazione culturale produce e promuove. Insomma, un attimo ferma mai. Ma le scelte radicali e di appartenenza sono così, o no?

Qual è il tuo percorso accademico, formativo, professionale ed esperienziale che hai seguito e che ti ha portato a fare quello che fai oggi nel vestire i panni della scrittrice, poeta e docente di lettere?

Mi sono laureata in lettere moderne presso l’università degli studi di Palermo nel lontano 2004 con una tesi per i tempi sperimentale di letteratura italiana su Alda Merini e andai ad intervistarla sui Navigli dove viveva in una casa a dir poco surreale… Lei è stata il mio battesimo di fuoco. In seguito ho deciso di partecipare all’esame per il dottorato di ricerca in italianistica. Volevo fare la carriera accademica per fare ricerca, non tanto per i titoli, quelli non mi sono mai interessarti. Volevo restare all’Università per passione verso la letteratura per me già allora ossigeno. Vinsi il dottorato ma vinsi anche l’accesso alla specializzazione e abilitazione per l’insegnamento di materie letterarie presso gli istituti Superiori. Scelsi sotto indicazione paterna la Scuola. Così intrapresi la mia carriera di docente. Scrivevo da quando ero ragazzina, per cui ad un certo punto decisi di pubblicare. La prima silloge fu una esile raccolta di poesie dal titolo De Sideribus, poi ho pubblicato Come La voce Al Canto, raccolta decisamente più matura, intessuta di tutto ciò che mi scorre dentro: amore, dolore, bellezza, incanto stupore, delusioni. Ma la vita è questa. E i poeti non fanno altro che restituirle voce attraverso i versi. Da quella silloge mi sono accinta alla prosa quasi per gioco e così è stato pubblicato un altro testo scritto a quattro mani con il filosofo Fabio Gabrielli, un omaggio all’olocausto e ad ogni olocausto di ogni vita umana. Nel frattempo da più di anno scrivevo il libro che aspetta ad oggi di essere pubblicato Trame Tradite, credo la mia opera più completa, una raccolta di racconti. Chi la leggerà forse potrà comprendere molto del mio essere donna e poi scrittrice. E ad oggi lavoro alla mia ultima (per il momento) silloge di poesia Itacaebbra. Poi sempre per gioco sono diventata Presidente di una Associazione Culturale che produce un festival di arte e letteratura e da lì la mia vita è completamente cambiata. Dico per gioco non per sminuirne l’impegno, la fatica, la passione, i sacrifici ma sottolineo questa parola, perché la Letteratura non deve essere un dovere ma una passione di cui non puoi fare a meno, insomma ti costa l’anima ma senza non puoi vivere. È come quando ami un uomo o una donna, per quanto tu possa giungere allo sfinimento non puoi farne a meno. Ecco per me scrivere è questo. Per me è davvero scelta radicale e fonte infinita di gioia. Ho incontrato tantissime persone attraverso la letteratura, la poesia, la scrittura in genere, per cui le parole sono anche un viaggio di grande bellezza, di scambi di anima, pelle, emozioni. Oggi sono esattamente la donna che volevo essere quando ero una bimba. Non ho rimpianti e sceglierei la vita che faccio ogni giorno, per cui vuol dire che ho scelto bene. Presentare eventi poi mi è congeniale, mi piace ascoltare le storie altrui, presentare i loro romanzi, i loro testi è come potere innamorarmi di altri personaggi non concepiti dalla mia mente ma che animano i miei giorni.

Come nasce la tua passione per scrittura, per la poesia e per i libri? Chi sono stati i tuoi maestri e quali gli autori che da questo punto di vista ti hanno segnato e insegnato ad amare i libri, le storie da scrivere e raccontare, la lettura e la scrittura?

Il grande amore è e resta Alda Merini. Poi senza dubbio Nazim Hikmet, Pedro Salinas, Wislawa Szymborska, Marina Cvetaeva ma amo profondamente Maria Fuxa, poetessa siciliana straordinaria, Franco Arminio, Margherita Rimi , Mariangela Gualtieri, Antonella Anedda e alcuni di loro ho avuto il privilegio di incontrarli o di ascoltarli a voce in lunghe telefonate. Così da sponda a sponda dico io, i poeti parlano, si raccontano, spesso si svestono del loro essere “poeti” e sono donne e uomini nudi. È bello allora parlare con loro. Scopri poi di non essere così diversa e lontana. Per ritornare alla domanda, credo che questo amore viscerale per la lettura e la scrittura me lo abbia trasmesso e lo abbia ereditato dalla nonna paterna che ricordo si alzava nel cuore della notte per scrivere e che aveva sempre con lei libri nelle borse.

Tu Bia hai pubblicato due silloge poetiche, De Sideribus nel 2010 e Come La Voce al Canto nel 2021. Come nascono, qual è l’ispirazione che li ha generati, quale il messaggio che vuoi che arrivi al lettore, quale le storie e le emozioni che ci racconti senza ovviamente fare spoiler?

Sono due sillogi prevalentemente d’amore. Ma vi si mescolano un po’ tutti i sentimenti che l’animo umano può contenere, provare o a volte finanche non riuscire a gestire. Accanto all’amore vi è sempre l’ombra dell’abbandono, del tradimento, del rinnegamento, forse proprio perché l’amore è sempre stato per me appartenenza esclusiva. Un altro tema importante è il dolore, la patologia, il pregiudizio sociale, l’invisibilità. La maternità sofferta e dolorosa e il legame forte ed ancestrale con la mia terra e i miei avi. Un altro grande tema è la bellezza, sposa, madre, sorella, famiglia. La bellezza intesa come scelta radicale. Del resto, tutto in me è sempre stato a tinte forti. Sono una passionaria, un’anima che non riesce a stare nel mezzo, che prende decisioni forti e non riesce a sottostare alle imposizioni. Davvero l’unica resa che conosco è la Bellezza. Solo a Lei, sono disposta a sacrificare tutto.

Tu, Bia, hai scritto altri libri, anche se ancora inediti? Ci parli delle tue opere? Quali sono, come sono nate, quale il messaggio che contengono? Insomma, raccontaci delle tua attività letteraria, sia poetica che dei racconti e romanzi.

I miei ultimi libri sono Sulla soglia del Filo Spinato storia di una bambina trasparente e di un bambino con un nome, scritto a quattro mani con il filosofo Fabio Gabrielli. Una Storia raccontata a due voci da due bambini. Una bimba che vive l’esperienza d’orrore del lager nazista che appunto non ha nome ma solo un numero sull’avambraccio sinistro e un bambino con un nome che vive in una ricca metropoli del Nord. Raccontandosi su quella soglia scoprono poi di non essere così diversi. Siamo tutti trasparenti se defraudati dello sguardo altrui e dell’amore e della cura dell’altro. Viviamo tutti in un lager se non abbiamo spazio nel cuore di chi amiamo e speriamo possa amarci. Ma l’amore è dono. Non può essere pretesa. Il lager è orrore e sopraffazione disumana. Annientamento dell’altro ma ci sono infiniti modi per uccidere e annientare l’altro. Anche il non amore è letale. Del mio ultimo libro Trame Tradite, credo che già il titolo contenga la chiave di accesso per il lettore per potere entrare nel mio mondo. Sono diversi racconti con al centro donne che hanno vissuto esperienze di grandi passioni, amore, dolore ma anche tradimento, rinnegamento, violenza e abbandono. Un modo di raccontare la vita al femminile, le protagoniste sono tutte donne declinate in diversi ruoli ma che amano senza misura. Ma mi chiedo, l’amore ne ha? Non sono una farmacista delle emozioni e mai lo sarò, non mi piacciono i sentimenti tiepidi, le scelte di comodo o i limbi sentimentali. Concordo con la scrittrice Chiara Gamberale che leggo e amo da sempre: “O entri o esci, sulla soglia ingombri”. Ecco le mie donne la pensano così. Vivono così e si sottraggono alle mezze verità, ai tradimenti seriali e alle relazioni che sanno di farsa. Insomma o tutto o niente.

Chi sono i destinatari che hai immaginato mentre li scrivevi?

Tutti, senza esclusione. Vorrei che mi leggesse prima di tutto mia figlia, visto che ho avuto il grande dono di essere madre, e che forse potesse riflettere sulla parola Amore. Poi i miei alunni, insomma i giovani che spesso vedo ingarbugliati in relazioni tossiche e patologiche. L’amore vero non è dinamica di potere. Non è possesso e neanche competizione. Ti rende una persona migliore. Ma si arriva a queste consapevolezze attraversando anche l’inferno di amori tossici e violenti. A me ha salvato la scrittura, vorrei che i mei libri potessero essere per i mei lettori, amici e compagni di viaggio, bussole e fari nelle tempeste della vita o nei momenti di disorientamento o fragilità. Spero di toccare il loro cuore e di essere una carezza o un abbraccio caldo.

Una domanda difficile, Bia: perché i nostri lettori dovrebbero comprare i tuoi libri? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per acquistarli.

I miei lettori nei miei testi ci ritrovano tutta l’autenticità e la passione di una donna sicula che non ha mai piegato la testa per natura, carattere e scelta. Una donna che ha creato il suo mondo da sola, con determinazione e tenacia, superando il ghetto del dolore e il pregiudizio altrui, legato anche alla patologia di cui sono affetta, la fibromialgia, di cui ho sempre parlato con franchezza e senza mistificazioni. Le patologie non sono colpe e neanche si scelgono. Si scelgono piuttosto ogni giorno le vie della compiacenza e della collusione. Ho fatto e faccio i conti con il dolore cronico da sempre, nei mei libri ne parlo in maniera serena, ho fatto un lungo percorso per accettare e gestire il dolore. Ecco perché oggi sono in grado accogliere e dare un senso anche al dolore altrui. La vita però è soprattutto bellezza, incanto, stupore, meraviglia. Forse i miei lettori possono trovare tanti aspetti dell’umana esistenza nelle mie pagine, miscelate anche con ironia. Sono una donna molto ironica. Mi piace ridere e non prendermi troppo sul serio. L’ironia ti salva dal baratro.

Bia Cusumano

C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutato a realizzare le tue opere letterarie? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?

Ringrazio i mei nonni, perché sono stati i miei primi lettori e fans, poi mio padre e senza dubbio l’uomo che ho amato e sempre amerò nella mia vita. Ringrazio mia figlia che è sempre stata orgogliosa di me, ha sempre letto ciò che ho scritto e ha avuto la pazienza di fare i conti ogni giorno con una madre molto impegnata con la scelta radicale di scrivere. E ringrazio una professoressa delle scuole medie che sempre ricorderò con particolare affetto perché ogni volta che leggeva i miei temi di italiano in classe, si emozionava. Sono pezzi di vita che restano sotto pelle o dentro le vene.

Il 20 maggio scorso, hai ricevuto il premio Donna Siciliana 2023. Come è stato ricevere questo riconoscimento? Cosa hai provato a ricevere questo riconoscimento? Che emozioni hai vissuto?

È stato un momento di grande gioia che ho voluto condividere con le persone che più amo al mondo, senza dubbio mia figlia e mio padre che ho sempre definito la mia Scuola di Bellezza e Verità. Devo a lui, la donna che oggi sono. Mio padre è un uomo straordinario. Mi ha insegnato prima di tutto cosa sia l’amore: presenza e cura. Poi mi ha insegnato cosa sia la verità. L’impegno e la fatica quotidiana che richieda. Mentire o far finta di non sapere è la via comoda. Dire la verità significa prendere posizione, esporsi, spesso rischiare ma è l’unico modo per essere veri uomini. Ho sempre aborrito chi mente, chi finge, chi recita. La vita non è un palcoscenico. E nonostante siamo figli di Pirandello, e tutti dobbiamo fare i conti con le maschere sociali, bisogna cercare di essere autentici e connessi con le proprie emozioni. Inutile mentire, soprattutto nei sentimenti o nelle relazioni umane. La verità è figlia del tempo come diceva Shakespeare, per cui con il tempo, le menzogne vengono tutte a galla e ciò che resta è la verità che traccia rotte inevitabili. Io ho da sempre scelto la verità anche se spesso l’ho pagata a caro prezzo. Ma preferisco pagare il prezzo della verità piuttosto che essere una donna fintamente felice e amata.

Scrivi anche per alcuni magazine e riviste siciliane, nelle quali tieni delle rubriche, in particolare per il Corriere di Sciacca e La Sicilia di Catania. Di cosa trattano queste rubriche, quali i temi che affronti, quali gli articoli che, secondo te, sono più interessanti e attuali? Insomma, raccontaci di questa attività da editorialista letterario…

Amo recensire ciò che leggo. È un modo per vivere intensamente i libri che spesso poi presento. Le rubriche sono rubriche letterarie che affrontano però anche tematiche sociali, problemi di attualità, prendendo spunto anche da fatti di cronaca. Ma la rubrica presente sul Corriere di Sciacca spesso ospita brevi racconti che poi sono andati a confluire nell’ultimo mio lavoro letterario in prosa. Insomma mi piace spaziare. Dalle recensioni di film, di canzoni, di libri a racconti che nascono dalla mia fantasia e dalle mie visioni o da problemi dell’umana esistenza davanti ai quali non riesco proprio a tacere, soprattutto quando le parti lese sono i giovani, i loro sogni e i loro desideri. Non posso tacere davanti i soprusi o gli abusi, per natura non amo voltare lo sguardo altrove. Mi piace esprimere il mio pensiero, prendere posizione e assumermi anche le conseguenze delle mie scelte.

Tra le tantissime cose che fai con passione e competenza, sei anche presidente dell’Associazione Culturale PalmosaKore e direttore culturale del Palmosafest, festival d’Arte e di Letteratura della città di Castelvetrano. Ci racconti come e perché nasce questa associazione, cosa ha fatto negli anni e cosa fa, quale la mission, quale la storia del festival, quali i prossimi appuntamenti e progetti ai quali stai lavorando? Raccontati tutto questo facendo scoprire ai nostri lettori questo tuo altro universo…

Il Palmosakore nasce come un sogno di bellezza. È stato concepito come un figlio nella terra baciata dagli Dei, come io chiamo Selinunte. Lì sotto l’Acropoli del più grande parco archeologico d’Europa, in un caldo pomeriggio di luglio, ho pensato che Castelvetrano non aveva un suo Festival Letterario. Al contrario tutti gli altri paesi della Valle del Belìce sì. Ho pensato che anche la mia città meritasse questa possibilità e questa occasione di crescita culturale, di incontro, confronto, appunto di bellezza. Così ho ideato un format vero e proprio che potesse permettere a tutte le Muse di potere dialogare tra loro come doveva accadere nell’Olimpo. Infatti il format prevede non solo la presentazione di un testo in prosa o in poesia, ma una parte musicale, delle coreografie o danze, una parte pittorica, una parte in cui vengono letti ed interpretati brani o passi tratti dai libri, dei momenti di dibattito. Insomma una presentazione in cui il pubblico non è solo fruitore e spettatore ma protagonista attivo di una bellezza declinata in maniera poliedrica. Così è nato il PalmosaFest, prodotto adesso nella sua seconda edizione dal Palmosa kore A.P.S. che promuove tantissimi incontri e permette alla nostra città di conoscere e accogliere poeti e scrittori di fama nazionale oltre che della nostra Sicilia. Inoltre molti soci del Palmosa Kore sono giovani talenti della nostra città, perché la cultura deve essere creata dai nostri ragazzi. Sono loro i nostri semi di bellezza.

«… mi sono trovato più volte a riflettere sul concetto di bellezza, e mi sono accorto che potrei benissimo (…) ripetere in proposito quanto rispondeva Agostino alla domanda su cosa fosse il tempo: “Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so.”» (Umberto Eco, “La bellezza”, GEDI gruppo editoriale ed., 2021, pp. 5-6). Per te cos’è la bellezza? La bellezza letteraria, della poesia e della scrittura in particolare, la bellezza nell’arte, nella cultura, nella conoscenza… Prova a definire la bellezza dal tuo punto di vista. Come si fa a riconoscere la bellezza secondo te?

La Bellezza è la mia Itaca. La mia terra di appartenenza. Non so come si faccia a spiegarla. È come l’amore, accade non lo scegli a tavolino. Non lo costruisci mettendo insieme i pezzi. È un mistero insondabile. O la possiedi come dono o no. È un miracolo inspiegabile. Io non ho scelto di scrivere, credo che sia stata scelta dalle parole. Così non ho scelto di innamorarmi ma l’amore ha scelto me. Così la Bellezza. Mi sono sentita chiamare in maniera irreversibile. So che sono su questo pianeta per costruire bellezza e rendere più sopportabile i dolori dell’esistenza. Mi sento come fossi la vestale di un tempio sacro in cui tutto viene offerto alla Bellezza, rotta e destinazione della mia vita. Dalla cattedra, alle relazioni umane, dagli incontri, all’amore, dalla scrittura alle esperienze più banali e quotidiane. È come quando decidi di sposarti. Compi una scelta che non puoi rinnegare o tradire. Ecco la Bellezza è mia sposa. Non la tradirei i rinnegherei mai. Piuttosto il rogo.

«Appartengo a quella categoria di persone che ritiene che ogni azione debba essere portata a termine. Non mi sono mai chiesto se dovevo affrontare o no un certo problema, ma solo come affrontarlo.» (Giovanni Falcone, “Cose di cosa nostra”, VII ed., Rizzoli libri spa, Milano, 2016, p. 25 | I edizione 1991). Tu a quale categoria di persone appartieni, volendo rimanere nelle parole di Giovanni Falcone? Sei una persona che punta un obiettivo e cerca in tutti i modi di raggiungerlo con determinazione e impegno, oppure pensi che conti molto il fato e la fortuna per avere successo nella vita e nelle cose che si fanno, al di là dei talenti posseduti e dell’impegno e della disciplina che mettiamo in quello che facciamo?

No, mi rivedo molto nelle parole del giudice. Per me è l’umo che costruisce il suo destino con determinazione, passione, impegno, dedizione, fatica e duro lavoro. Non si arriva in vetta alle montagne in mongolfiera. Si arriva laceri e sudati, sfiniti e con le piaghe. Ma che soddisfazione e orgoglio poi potersi sedere in vetta e ammirare il panorama. Io ho costruito il mio mondo con tutta la fatica del mondo che ovviamente per la patologia di cui sono affetta è stata sicuramente tripla o quadrupla risetto ad una persona sana ma non mi sono mai pentita della fatica e del dolore che ho provato. È il controcanto e il controaltare di tutta quella bellezza di cui parlavamo prima.

«La lettura di buoni libri è una conversazione con i migliori uomini dei secoli passati che ne sono stati gli autori, anzi come una conversazione meditata, nella quale essi ci rivelano i loro pensieri migliori» (René Descartes in “Il discorso del metodo”, Leida, 1637). Qualche secolo dopo Marcel Proust dice invece che: «La lettura, al contrario della conversazione, consiste, per ciascuno di noi, nel ricevere un pensiero nella solitudine, continuando cioè a godere dei poteri intellettuali che abbiamo quando siamo soli con noi stessi e che invece la conversazione vanifica, a poter essere stimolati, a lavorare su noi stessi nel pieno possesso delle nostre facoltà spirituali. (…) Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso. L’opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, sBia  libro, non avrebbe forse visto in sé stesso.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905 | In italiano, Marcel Proust, “Del piacere di leggere”, Passigli ed., Firenze-Antella, 1998, p.30). Tu cosa ne pensi in proposito? Cos’è oggi leggere un libro? È davvero una conversazione con chi lo ha scritto, come dice Cartesio, oppure è “ricevere un pensiero nella solitudine”, ovvero, “leggere sé stessi” come dice Proust? Dicci il tuo pensiero…

Per me è entrambe le cose. Leggere un libro è leggere se stessi, ovvero compiere un viaggio dentro la propria anima e allo stesso tempo conversare con chi lo ha scritto, con i grandi del passato o con i contemporanei. Siamo tante cose, per cui nell’altro ci sono pezzi nostri, in noi vivono parti altrui. Non amo le scissioni. I libri sono chiavi di accesso per mondi altri o per meglio entrare nel proprio? Sono la stessa chiave che ci permette di accedere nella nostra anima e nell’anima degli altri.

«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.» (Ben Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.) Secondo te perché un romanzo, un libro, una raccolta di poesie abbia successo è più importante la storia (quello che si narra) o come è scritta (il linguaggio utilizzato più o meno originale, armonico, musicale, accattivante per chi legge), volendo rimanere nel concetto di Bukowski?

Credo che sia molto importante la storia, ovvero quanto quella storia risuoni in noi ma se quella storia non è scritta in maniera chiara e avvolgente, ovvero è anche una bellissima storia ma scritta in maniera algida e distaccata e non arriva alle viscere, sarà un buon libro da collezione ma di sicuro non resterà dentro di noi. Magari farà decoro e sarà un buon pezzo di arredamento ma personalmente io non me lo porterei a letto, perché io ci dormo con i libri. Ma solo con quelli che mi rubano l’anima, mi toccano le viscere, mi entrano dentro. Insomma è come con gli uomini, puoi andare a letto con chi vuoi ma puoi fare l’amore solo con chi ami.

«Direi che sono disgustato, o ancor meglio nauseato… C’è in giro un sacco di poesia accademica. Mi arrivano libri o riviste da studenti che hanno pochissima energia… non hanno fuoco o pazzia. La gente affabile non crea molto bene. Questo non si applica soltanto ai giovani. Il poeta, più di tutti, deve forgiarsi tra le fiamme degli stenti. Troppo latte materno non va bene. Se il tipo di poesia è buona, io non ne ho vista. La teoria degli stenti e delle privazioni può essere vecchia, ma è diventata vecchia perché era buona … Il mio contributo è stato quello di rendere la poesia più libera e più semplificata, l’ho resa più umana. L’ho resa più facile da seguire per gli altri. Ho insegnato loro che si può scrivere una poesia allo stesso modo in cui si può scrivere una lettera, che una poesia può perfino intrattenere, e che non ci deve essere per forza qualcosa di sacro in essa.» (Intervista di William Childress, Charles Bukowski, “Poetry Now, vol. 1, n.6, 1974, pp 1, 19, 21.). Tu da poeta cosa ne pensi in proposito? Ha ragione Bukowski a dire queste cose? Cosa è oggi la poesia per te, riprendendo il pensiero di Bukowski?

La poesia per me è come uno scialle quando hai freddo. Deve riscaldarti, coprirti. Vi è un mondo cinico e disilluso. Un mondo algido, che non riesce più a commuoversi. La poesia può essere un buon esercizio di stile, appunto una sorta di prova accademica. Sai perfettamente comporre rime, conosci le figure retoriche, conosci la scansione dei versi: endecasillabi, settenari, assonanza, consonanza, rime baciate, alternate, etc… ma sono d’accordo con Bukowski, se la poesia non è come un paio di scarpe che ti permette di viaggiare nel mondo o uno scialle che ti copre in una notte fredda e buia, puoi anche incorniciarla al muro con una bella cornice d’oro e appenderla. Anche lì per me è solo un altro bel pezzo di arredamento. Per carità una casa spoglia mette a disagio ma per puoi arredarla con altro, non necessariamente con libri di qualsiasi natura. Il libro è come una bussola. Deve poterti indicare la direzione da seguire.

«Il ruolo del poeta è pressoché nullo… tristemente nullo… il poeta, per definizione, è un mezzo uomo – un mollaccione, non è una persona reale, e non ha la forza di guidare uomini veri in questioni di sangue e coraggio.» (Intervista ad Arnold Kaye, Charles Bukowski Speaks Out, “Literary Times”, Chicaco, vol 2, n. 4, March 1963, pp. 1-7). Qual è la tua idea in proposito rispetto alle parole di Bukowski? Cosa pensi del ruolo del poeta nella società contemporanea, oggi social e tecnologica fino alla esasperazione? Oggi al poeta, secondo te, viene riconosciuto un ruolo sociale e culturale, oppure, come dice Bukowski, fa parte di una “élite” di intellettuali che si autoincensano reciprocamente, una sorta di “club” riservato ed esclusivo, senza incidere realmente nella società e nella cultura contemporanea?

I poeti dovrebbero essere fari di posizione, altro che vivere nelle torri di avorio. Incidere assolutamente nella realtà odierna. Fare squadra, non essere una élite esclusiva ed autoreferenziale. Se no torniamo indietro di millenni e ritorniamo ai poeti che vivevano nelle corti, la cui funzione principale era compiacere il principe e incensare la famiglia che concedeva agio e protezione. Il poeta è un dissidente per costituzione etica e morale. Deve attuare una disobbedienza civile pacifica, non violenta per carità, ma non può compiacere il sistema o cantare per se stesso. Per me essere poeti oggi è essere sentinelle vigili, appunto come dicevo prima fari di posizione. Indicare rotte possibili, vie da seguire, senza zone di ombra o collusioni.

«In una società in cui le parole sono usate anzitutto nel loro valore emotivo, gli uomini non sono liberi. Sono schiavi spesso per opera del demagogo che sa usare con astuzia i valori connotativi delle parole … altre volte si è schiavi per una sorta di occulto patto sociale per cui certi valori, che è scomodo sottoporre a critica, sono protetti da parole magiche, che istintivamente connotano “positività”. Allora tutte le parole che connotativamente vi si oppongono appaiono alonate di terribile e ampia “negatività”. Quando una società è prigioniera di questi tabù linguistici, chi cerchi di muovervisi criticamente è soggetto a esperienze tremende, prigioniero della maglia di parole da cui sarà soffocato, personaggio kafkiano che infine non riuscirà più a comprendere quali sia il potere che lo sovrasta.» (Umberto Eco, “Sotto il nome di plagio”, Bompiani ed., Milano, 1969). Cosa ne pensi di questa lucida analisi di Umberto Eco che fece nel lontano 1969, e oggi quanto mai attuale? Qual è secondo te oggi il valore della parola e quali i rischi terribili nell’usarla criticamente contro il cosiddetto mainstream?

 Gli intellettuali oggi sono una categoria o razza in estinzione. Purtroppo per sopravvivere in qualche modo sono costretti spesso a compiacere il sistema, in qualche modo a vendersi o nel peggiore dei casi a prostituirsi artisticamente per sposare i gusti e le aspettative del pubblico e fondamentalmente del profitto. E’ una realtà amaramente vera. L’arte non è libera. E se rivendica la sua insopprimibile libertà e diversità viene messa a tacere, osteggiata, boicottata, emarginata, fatta lentamente morire. In questo per me grande esempio è e resta Pierpaolo Pasolini, uomo e intellettuale sovversivo e autentico che proprio per questo è stato fatto fuori. Eppure vi è una dignità immensa nel morire per ciò in cui si crede e nel non vendersi o prostituirsi al sistema. Le parole sono armi potenti più dei proiettili, perciò chi ne possiede il dono può costruire o demolire il mondo. Per questo gli intellettuali fanno spesso paura, perché il sistema non può permettersi di essere messo in discussione, di essere svelato nelle sue falle e nei suoi errori od orrori. Non dimentichiamo il grande Giordano Bruno finito al rogo solo per esprimere liberamente il suo pensiero, sovversivo rispetto ai dogmi della Chiesa e del potere precostituito. Ma non ha venduto la sua anima. Ha preferito e scelto volontariamente e liberamente il rogo. Esempio assoluto di libertà spiritiuale e intellettuale. Ecco temo che oggi pochi avrebbero il coraggio di Giordano Bruno, la sua tempra, la sua forza, la sua capacità di non piegare la testa. Anche Alda Merini fu considerata folle solo perché non sposava i canoni del finto perbenismo borghese. E oggi chissà quante persone ancora pensano che è meglio essere anime docili e sottostare finanche all’abuso piuttosto che finire nel tritacarne del potere o sotto gogna mediatica. Ho sempre pensato che la mia dignità di essere umano valga più della mia stessa vita. Per cui se ci fossero ancora i manicomi forse avrebbero rinchiuso pure me e se ci fosse la Santa Inquisizione magari mi avrebbero messo al rogo, del resto, sono una donna libera, anticonvenzionale, spesso ribelle e ho anche i capelli rossi. I requisiti li possiedo proprio tutti.

«Io vivo in una specie di fornace di affetti, amori, desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere la mia vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una realtà al tempo stesso fisica e metafisica…» (Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore” terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole della grandissima scrittrice Anaïs Nin? E quanto l’amore e i sentimenti così poderosi sono importanti per te e incidono nella tua scrittura, nella tua arte e nel tuo lavoro?

La penso esattamente così. Dico sempre di essere una strana creatura. I poeti lo sono. Dico sempre che sono una creatura dell’Altrove. Ovvero vivo una dimensione appunto reale, fisica e metafisica. I Sentimenti sono totalizzanti, assoluti e poderosi. La mia scrittura non è mai asettica o astrusa, è sempre carnale, viscerale, forte come un pugno allo stomaco a volte, altre volte è un abbraccio ma la presa è forte, mai molliccia. Il lettore deve sentirsi toccato non sfiorato. Chi ti tocca lo ricordi pure immerso in una marea di gente, chi ti sfiora appena lo dimentichi presto.

«Lasciate che vi dia un suggerimento pratico: la letteratura, la vera letteratura, non dev’essere ingurgitata come una sorta di pozione che può far bene al cuore o al cervello – il cervello, lo stomaco dell’anima. La letteratura dev’essere presa e fatta a pezzetti, sminuzzata, schiacciata – allora il suo squisito aroma lo si potrà fiutare nell’incavo del palmo della mano, la potrete sgranocchiare e rollare sulla lingua con gusto; allora, e solo allora, il suo sapore raro sarà apprezzato per il suo autentico calore e le parti spezzate e schiacciate si ricomporranno nella vostra mente e schiuderanno la bellezza di un’unità alla quale voi avrete dato qualcosa del vostro stesso sangue» (Vladimir Nabokov, “Lezioni di letteratura russa”, Adelphi ed., Milano, 2021). Cosa ne pensi delle parole di Nabokov a proposito della lettura? Come dev’essere letto un libro, secondo te, cercando di identificarsi liberamente con i protagonisti della storia, oppure, lasciarsi trascinare dalla scrittura, sminuzzarla nelle sue componenti, per poi riceverne una nuova e intima esperienza che poco ha a che fare con quella di chi l’ha scritta? Qual è la tua posizione in merito?

I libri vanno letti per come ci arrivano. Alcuni libri ti cullano, altri ti seducono. Altri ti conquistano. Di altri te ne innamori perdutamente e non li dimentichi mai. Altri hai bisogno di sorseggiarli a poco a poco, senza fretta, mollica dopo mollica. Posso dirti come li leggo io. Intanto ho bisogno di odorarli, toccarli, averli appresso con me ovunque vada. Li tengo in macchina, nelle borse, sul comodino, dentro il letto. Ci dormo e ci faccio colazione. Insomma sono compagni di viaggio di ogni singolo giorno, finché non giungo al capolinea, poi li saluto e li congedo. Resteranno dentro come le persone che ho amato. Ogni tanto li accarezzo, li ringrazio. Mi hanno comunque attraversato l’anima. Per leggere alcuni libri ci sto ore per altri mesi interi. Quindi alcuni li bevo e non riesco neanche ad alzarmi dalla sedia per andare a bere un bicchiere d’acqua, altri li leggo a piccoli sorsi. Del resto anche la sete per quanto è un bisogno fisiologico primario non si manifesta sempre allo stesso modo. A volte bevi come se non ci fosse un domani a volte piccoli sorsi. Così è la lettura. Non deve essere una sorta di dovere mentale perché leggere fa bene alla mente o al cuore. La lettura come la scrittura sono amori. E gli amori non possono essere pretesi. Sono doni sacri.

Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato significativamente nella tua vita professionale e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che avrai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?

Ringrazio i miei docenti, sia delle scuole primarie, sia secondarie, sia il docente di letteratura italiana dell’università di Palermo, il professore Sole che mi voleva al suo fianco e che ricordo e ricorderò sempre chiamava mio padre alle 7.00 di mattina ogni mattina dopo la discussione della mia tesi su Alda Merini, perché voleva restassi con lui al suo fianco a fare ricerca letteraria nel dipartimento di italianistica. I miei docenti mi hanno cambiato la vita. Ecco perché ho scelto di diventarci io, in seguito una docente. Quando incontri un docente che crede in te, che ti fa sentire amato, che ti porta in classe libri, che ti trasmette l’amore per la bellezza della parola e che ti permette di non sentirti un voto ma un mondo, ecco hai incontrato chi ti ha cambiato la vita. Le nozioni le scordi, le date pure, l’amore mai.

Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri da leggere nei prossimi mesi dicendoci il motivo della tua scelta.

Io quando ero ragazzina ho amato profondamente Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Il Giardino dei Finzi Contini di Giorgio Bassani, La Coscienza di Zeno di Italo Svevo. Oggi non potrei vivere senza le poesie di Hikmet, i libri di Alda Merini e il libro inchiesta Io sono Rita, scritto da Furnari, Proto Cucè. La donna che sono diventata miscela inevitabilmente il lessico dell’amore e il lessico della verità.

Ti andrebbe di consigliare ai nostri lettori tre film da vedere? E perché secondo te proprio questi?

Ti dico tre film che ho amato profondamente: Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, La Bestia nel cuore di Cristina Comencini, Napoli velata di Ozpetek. Per me non possono non vedersi. Sono film di una intensità struggente. Il cinema è Arte. È Poesia. Io mi commuovo, entro dentro i personaggi, me li porto appresso. Poi spesso ci scrivo anche su.

Ci parli dei tuoi imminenti e prossimi impegni culturali e professionali, dei tuoi lavori in corso di realizzazione? A cosa stai lavorando in questo momento? In cosa sei impegnata che puoi raccontarci?

Sto lavorando alla mia ultima silloge di poesie, Itacaebbra. Con Fabio Gabrielli abbiamo intenzione di tornare a scrivere insieme, perché scrivere con Fabio è una esperienza umana e professionale incredibile e questa estate ho intenzione di iniziare a scrivere il mio primo romanzo. Ovviamente vi è il Palmosafest che mi impegna molto ma lo faccio con molta passione ed entusiasmo e le collaborazioni con diverse testate giornalistiche. Ma scrivere è la mia vita per cui per me è come respirare e se a sera arrivo stanca o sfinita comprendo che è valsa la pena vivere.

Dove potranno seguirti i nostri lettori?

Vi è la pagina fb ed Instagram del Palmosafest, invito tutti a seguirla perché davvero facciamo molte cose. Presto avremo anche un sito per cui sarà anche più semplice. Ma premetto che il Palmosakore è una Associazione culturale nata a gennaio 2023 per cui giovanissima e di strada ne abbiamo fatta già molta con un lavoro indefesso e continuo da parte mia, del mio direttivo e dei soci tutti. Quanto a me, i mei libri si trovano on line o se si ordinano in libreria.

Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire a chi leggerà questa intervista?

È stata una chiacchierata intensa ma è stato appassionante… voglio concludere con due frasi. Una è mia: sono i sogni a cambiare i destini. Per cui invito chiunque mi leggerà a concepire sogni a non chinare la testa, a non arrendersi, a lottare per realizzare i propri sogni. Poi con un’altra frase, questa è di Virgilio, la pronuncia Didone, donna, eroina, figura epica, in cui mi rispecchio molto: Non ignara mali, miser is succurere disco. Beh ho imparato ad aiutare e a connettermi con il dolore altrui proprio perché nella mia vita ne ho vissuto parecchio. Non invito per questo motivo i miei lettori al dolore o alla sofferenza ma spero possano comprendere che il dolore altrui appartiene a ciascuno di noi, perché siamo tutti uomini, tutti comuni mortali.

Bia Cusumano

https://www.facebook.com/fabiana.cusumano

Bia Cusumano

I libri:

Bia Cusumano, “De Sideribus”, La Riflessione ed., 2010

Bia Cusumano, “Come La Voce al Canto”, Casa Editrice il Filo di Arianna. 2021

 

Fabiana Cusumano e Fabio Gabrielli, “Sulla soglia del filo spianto. Storia di una bambina trasparente e di un bambino con un nome”, Libridine editore, 2023

 

Palmosa Fest:

https://www.facebook.com/palmosafest

https://www.instagram.com/palmosafest/

Andrea Giostra

https://www.facebook.com/andreagiostrafilm/

https://andreagiostrafilm.blogspot.it

https://www.youtube.com/channel/UCJvCBdZmn_o9bWQA1IuD0Pg

Andrea-Giostra
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