La pandemia ha avuto importanti ripercussioni sulla popolazione italiana e su quella straniera presente nel nostro Paese. Secondo l’ISTAT, a inizio 2021, gli stranieri residenti in Italia ammontano a poco più di 5 milioni: dopo un ventennio di crescita ininterrotta anche la popolazione straniera si ridimensiona e non riesce più a compensare l’inesorabile inverno demografico italiano. Considerando i diversi mesi di lockdown vissuti a livello nazionale, europeo e internazionale, per molti è stato praticamente impossibile spostarsi e questo ha inciso fortemente sui dati relativi all’andamento migratorio italiano, sia interno che verso l’estero. È quanto emerge dal Rapporto Italiani nel Mondo della Fondazione Migrantes, presentato a Roma.
Al 1° gennaio 2021 la comunità strutturale dei connazionali residenti all’estero è costituita da 5.652.080 unità, il 9,5% degli oltre 59,2 milioni di italiani residenti in Italia. Mentre l’Italia ha perso quasi 384 mila residenti sul suo territorio (dato Istat), la presenza all’estero è aumentata del 3% nell’ultimo anno.
La Sicilia con oltre 798 mila iscrizioni è la regione con la comunità più numerosa di residenti all’estero. La seguono, a distanza, la Lombardia (+561 mila), la Campania (quasi 531 mila), il Lazio (quasi 489 mila), il Veneto (+479 mila) e la Calabria (+430 mila). Sono tre le grandi comunità di cittadini italiani iscritti all’AIRE: nell’ordine, Argentina (884.187, il 15,6% del totale), Germania (801.082, 14,2%) Svizzera (639.508, 11,3%). Seguono a distanza le comunità residenti in Brasile (poco più di 500 mila, 8,9%), Francia (circa 444 mila, 7,9%), Regno Unito (oltre 412 mila, 7,3%) e Stati Uniti (quasi 290 mila, 5,1%).
La mobilità degli italiani con la pandemia, quindi, non si è arrestata, ma ha subito un ridimensionamento che non riguarda, però, le nuove nascite all’estero da cittadini italiani, ma piuttosto le vere e proprie partenze, il numero cioè dei connazionali che hanno materialmente lasciato l’Italia recandosi all’estero da gennaio a dicembre 2020. In valore assoluto, si tratta di 109.528 italiani, oltre 21 mila persone in meno rispetto all’anno precedente. Il 54,4% (59.536) sono maschi, il 66,5% (72.879) celibi o nubili, il 28,5% (31.268) coniugate/i, il 2,2% divorziate/i (2.431).
Nel generale calo delle partenze (-16,3% rispetto all’anno precedente), le diminuzioni maggiori si riscontrano per gli anziani (-27,8% nella classe di eta’ 65-74 anni e -24,7% in quella 75-84 anni) e per i minori al di sotto dei 10 anni (-20,3%). Crescono, invece, i giovani tra i 18 e i 34 anni (42,8%): nell’anno della pandemia, il protagonismo dei giovani italiani in mobilità aumenta, ma il ‘rischio’ di uno spostamento è stato volutamente evitato dai profili più fragili, anziani e bambini.
Nel loro complesso, le destinazioni scelte sono state 180 Degli oltre 109 mila connazionali che hanno spostato la loro residenza dall’Italia all’estero lungo il corso del 2020, il 78,7% lo ha fatto scegliendo l’Europa come continente. Nel loro complesso, le destinazioni scelte nell’ultimo anno sono state 180 e, tra le prime dieci, ben sette sono nazioni europee. Tuttavia, l’unica nazione con saldo positivo, rispetto all’anno precedente, è il Regno Unito: +8.358 iscrizioni in più rispetto al 2020, +25,1% di variazione dal 2020 che diventa un aumento, in un anno, del 33,5%. Delle oltre 33 mila iscrizioni nel Regno Unito, il 45,8% riguarda italiani tra i 18 e i 34 anni, il 24,5% interessa i minori e il 22,0% sono giovani-adulti tra i 35 e i 44 anni. Si tratta, quindi, della presenza italiana tipica per il Regno Unito: giovani e giovani adulti, nuclei familiari con minori che la Brexit ha obbligato a far emergere – da qui la spiegazione dell’incremento registrato anche nell’ultimo anno nonostante la pandemia – attraverso la procedura di richiesta del settled status, un permesso di soggiorno a tempo indeterminato per chi può comprovare una residenza continuativa su territorio inglese da cinque o più anni, arco temporale che non deve essere stato interrotto per più di sei mesi su dodici all’interno del quinquennio di riferimento.
Gli italiani, quindi, durante l’annus horribilis della pandemia si sono trovati costretti a dover decidere se partire o no, se affrontare o meno i rischi di un’emergenza sanitaria globale raggirando gli ostacoli imposti dai protocolli rigidi attuati dalle diverse nazioni e relative ai limiti di sposta-mento intra ed extra un determinato territorio. Una parte ha preferito procrastinare il progetto migratorio – e da questo deriva la riduzione del numero complessivo delle partenze – e un’altra parte ha deciso comunque di non rinviare la decisione e, quando possibile, rispettando le disposi-zioni limitanti gli spostamenti, ha scelto di ‘restare vicino’ – e quindi in Europa – più che andare oltreoceano.
In tema di pensioni, l’effetto pandemia si è riscontrato con riferimento all’incremento del numero di pensioni eliminate per decesso nel 2020 rispetto al 2019. In Italia tale aumento è stato pari al 15,2%; all’estero, invece, la variazione percentuale si attesta a circa il 2%. È ragionevole presumere che la variazione più significativa sarà’ colta nel corso dell’anno 2021 quando saranno consolidati i dati relativi alle verifiche dell’esistenza in vita.
Nel corso del 2020, comunque, l’INPS ha pagato in tutto 13.816.971 pensioni e quelle all’estero (330.472) rappresentano circa il 2,4% del totale. Questa percentuale, che può sembrare poco significativa, per l’INPS ha un valore molto importante perché si è ben consapevoli che si tratta di un fenomeno in continua espansione considerando il costante aumento di partenze di italiani per l’estero. Questo trend genererà nuove pensioni da liquidare in regime di totalizzazione internazionale e da erogare non solo per chi torna in Italia dopo l’esperienza maturata altrove, ma anche a favore di chi decide di rimanere nel paese estero che l’ha ospitato. Non si tratta di una previsione a lungo termine: molti degli attuali emigrati, infatti, rientrano nella fascia d’età 40-50 e 50-60 anni. Ciò vuol dire che il numero delle pensioni interessate dalla totalizzazione internazionale è destinato molto presto ad aumentare in maniera considerevole.
Aumentano, inoltre, i pagamenti attribuiti a coloro che decidono di emigrare in altri paesi da pensionati (negli ultimi 5 anni +21,1%), scelta motivata da differenti obiettivi: seguire i figli che hanno trovato la-voro fuori dall’Italia, beneficiare dei vantaggi fiscali offerti da altri Stati, o, semplicemente, godere di un clima o di un ambiente differente da quello che si è lasciato alle spalle. Già oggi si assiste ad un primo passaggio di consegne: la platea dei pensionati all’estero che deriva da migrazioni del passato, viene integrata da quella che appartiene ad una nuova e più recente ondata migratoria. Questa si differenzia dalla prima sotto vari aspetti: le destinazioni di pagamento, le tipologie di pensione e, non da ultimo, la nazionalità dei percettori. Mentre, infatti, le migrazioni più antiche stanno dando luogo principalmente al pagamento di pensioni ai superstiti, soprattutto a donne di origine italiana e in paesi quali Nord America, Argentina, Brasile, Australia, ma anche Francia, Germania, Belgio e Svizzera, quelle più recenti si caratterizzano per essere riscosse presso nuovi Stati di destinazione, sia in Europa, in particolare nell’Est europeo, sia nel continente africano e asiatico, luoghi che, fino a qualche tempo fa, non erano registrati negli archivi INPS.
A metà settembre 2020, secondo i dati del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI), la Farnesina aveva ricondotto in patria quasi 111 mila connazionali attraverso oltre mille operazioni terrestri, aeree e navali che avevano interessato ben 180 paesi del mondo. Un’operativita’ che ha richiesto un impegno senza precedenti da parte delle sedi diplomatiche in coordinamento col MAECI, sorprese dal virus come tutti e interessate esse stesse da possibili contagi.
Il tema portante dell’edizione 2021 del Rapporto Italiani nel Mondo è l’emergenza sanitaria che attraversa tutte le sezioni. Il volume è costruito, inoltre, sul continuo rimando tra mobilità italiana interna e mobilità italiana all’estero. Dallo scoppio della pandemia tutta una serie di costanti hanno cambiato aspetto e nuovi elementi si sono palesati. È quanto i 75 autori dell’edizione 2021 hanno messo in risalto nei 54 saggi che compongono il volume. Per la prima volta dal 2005 coloro che scrivono dall’estero sono più numerosi di quelli che lo hanno fatto dall’Italia. Una redazione, quindi, sempre più transnazionale, multidisciplinare e multisituata. Sono state coinvolte 16 diverse realtà accademiche dell’Italia (da Sud a Nord) e del mondo (Europa, Australia e America del Sud), oltre che molteplici altre realtà, istituti di ricerca, associazioni, strutture istituzionali, pubbliche e private, mondo sindacale e patronati.