“Gli arresti di Biancavilla fanno emergere un quadro drammatico, purtroppo diffuso, che vede profittatori senza scrupoli fare leva sullo stato di bisogno dei lavoratori per imporre condizioni indegne di un paese civile. Va intanto detto che operazioni di questo genere sono rese possibili dalla legge 199, sul caporalato, per il cui varo la Cgil ha lottato, e che ha introdotto l’indice dello stato di bisogno del lavoratore. Inoltre si evidenzia come le norme che rendono in lavoro precario aprano la strada allo sfruttamento dei lavoratori, all’illegalità e alle attività criminose“. Lo dice il segretario generale della Cgil Sicilia, Alfio Mannino, a proposito dell’indagine della procura di Catania che ha portato a due arresti e al sequestro preventivo di un supermercato a Biancavilla.
Mannino annuncia che la Cgil si costituirà parte civile. Rileva inoltre che i soggetti coinvolti “hanno interessi in altri settori su cui la Cgil ha evidenziato criticità e su cui sarebbe il caso di indagare. Tutto questo – aggiunge Mannino – accade mentre il governo cerca di depotenziare gli strumenti contro lo sfruttamento e il caporalato, a partire dalla legge 199 del 2016, e anche la legge 231 del 2001 che ha introdotto la responsabilità diretta anche per le organizzazioni in presenza di reati dei dipendenti o collaboratori da cui le organizzazioni abbiano tratto un vantaggio, e quando in Sicilia non si sta facendo nulla per potenziare gli organi ispettivi”.
Mannino aggiunge che “ricomporre il lavoro attraverso l’eliminazione di norme che favoriscono la precarietà e che portano allo sfruttamento sia oggi fondamentale. E che in presenza della frantumazione della filiera produttiva – sottolinea – checchè ne dicano le case madri sull’autonomia degli affiliati, sulle norme sul lavoro così come su quelle sulla sicurezza , la responsabilità debba essere condivisa, disponendo dunque di fatto una rete allargata di controlli. A questo puntano i referendum dell’8 e 9 giugno- conclude Mannino- cioè ad affermare i diritti e la dignità di chi lavora che non può subire lo sfruttamento perché minacciato di perdere il posto di lavoro“.