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Caro bollette, lo sfogo di un ristoratore: “A luglio, quasi 22mila euro. Non posso continuare così”

venerdì 19 Agosto 2022

Quando ha letto l’importo della bolletta per la fornitura elettrica relativa al mese di luglio, a stento poteva crederci. E poco c’è mancato perché si sentisse male. Quasi 22mila euro. “Più del quadruplo rispetto a quanto ho pagato negli anni passati”, racconta Nunzio Campisi, ristoratore di Capri Leone, nel Messinese.

Dopo l’incredulità, la rabbia e lo sconforto hanno preso il sopravvento: “Ho chiesto spiegazioni alla ditta che si occupa delle forniture per mio conto. La risposta è stata netta: non c’è nulla da fare”.

È la situazione del titolare dell’Antica filanda, così come di moltissimi altri ristoratori che iniziano a venire allo scoperto. Come ha fatto Campisi, che si è sfogato pubblicando i dettagli della sua ultima bolletta sui suoi profili social.

“Mi è stato detto che c’è il rischio di ulteriori aumenti. Intanto, in un mese siamo passati da 24 a 50 centesimi al kilowatt/ora. Quindi, facendo un esempio per rendere più chiara la situazione, già 10 lampadine da 100 costano 50 centesimi l’ora. Per chi ha un contratto in media tensione non ci sono paracaduti messi a disposizione dallo Stato. Chi sta in bassa tensione può cambiare fornitura, o bloccare un prezzo anche se leggermente più alto per sei mesi o un anno. Noi, no. Se vogliamo, dobbiamo fare richiesta almeno un anno prima. Ma nessuno poteva prevedere cosa sarebbe successo in questo 2022”, racconta scoraggiato. “Negli anni pre-pandemia – prosegue -, in media in un anno spendevo per l’energia elettrica dai 70mila agli 80mila euro. Quest’anno la previsione è di toccare quota 300mila euro. Significa lavorare a vuoto, perché con tutte le spese, e non parliamo solo di fornitura elettrica, in questo modo non avremo nessun guadagno, anzi, ci stiamo rimettendo con i clienti con cui abbiamo chiuso contratti mesi fa e a cui non possiamo chiedere un rincaro per l’elettricità”.

Il problema dell’energia elettrica, però, non è il solo a far lievitare i costi. A rimetterci è l’intera filiera: “Il gamberone rosso di Mazara, che l’anno scorso si comprava a 38 euro al chilo quest’anno costa 85. Il polpo che l’anno scorso si comprava 6,80 euro quest’anno costa 18. I calamari che si compravano 6,50 euro quest’anno ne costano 15. Le vongole che l’anno scorso si compravano a 10 € quest’anno costano 22. Le carni più pregiate, quelle che vengono da fuori, come l’Angus – continua nel suo elenco infinito Campisi -, hanno avuto un rincaro pari al 50 per cento. Se si vuole continuare a fare ristorazione, oggi la si può fare solo per pochi, perché non si può chiedere al cliente che fino a qualche mese fa si poteva permettere una cena al ristorante una volta al mese di pagare il 30 per cento in più sul conto. Ma, anche riducendo i coperti e quindi facendolo soltanto per chi se lo può permettere, anche in questo caso non si riuscirebbero a recuperare le spese. Se da un lato alzo i prezzi e ho meno clienti, dall’altro la luce, come l’accendo per 100, l’accendo per 200 o per 10 persone. E pensare che in periodo di pandemia, quando i locali erano chiusi, la mia bolletta non è mai scesa sotto i 3.000 € al mese…”

Al di là di quello che sta succedendo negli ultimi mesi, però, Campisi ci tiene a sottolineare un’altra stranezza del sistema: “Se nell’arco di un mese, magari perché c’è caldo e comunque per pochi minuti, accendo tutti i condizionatori della struttura, oltre a forni, lavastoviglie e luci, quindi sto assorbendo 150 kW per 10 minuti invece dei 100 consentiti dal mio contratto, ma soltanto per 10 minuti in un mese, pago per l’intero mese la tassa fissa, gli oneri di sistema, per 150 e non per 100. Badate bene, per l’intero mese e non solo per quei 10 minuti. Pensate che prima ci costringevano a pagare così per l’intero anno, solo per quei pochi minuti in cui sforavamo. Almeno questo, in passato, siamo riusciti a farlo cambiare, facendo la voce grossa tutti insieme, come categoria. Adesso, stiamo valutando il da farsi, perché così non riusciremo ad andare avanti ancora per molto. I miei clienti vedono lievitare un conto, si vedono segnati anche caffè e amari che prima omaggiavamo. Adesso non ce lo possiamo più permettere e cerchiamo di recuperare da ogni parte. L’alternativa è il fallimento”, conclude amareggiato.

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