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Caso Sea Watch: il punto di vista “professionale” di Ezechia Paolo Reale

sabato 6 Luglio 2019
Ezechia Paolo Reale
Ezechia Paolo Reale

Continuano i rimbalzi tra un botta e risposta, interviste sui giornali europei, e post sui social che riportano riflessioni come quella di Ezechia Paolo Reale, avvocato penalista, esperto di diritto penale internazionale.

Il sonno della ragione e l’emarginazione delle competenze generano mostri“: così Reale comincia l’analisi, attenta, lucida e super partes, nel post su Facebook.

I toni ed i contenuti odiosi ed inaccettabili con i quali viene commentata l’ordinanza del GIP di Agrigento non consentono analisi e riflessioni giuridiche informate che pur sarebbero necessarie. La quasi totalità dei commenti proviene da tifosi sfrenati e privi di qualsiasi competenza giuridica ed anche i dibattiti televisivi sul punto registrano la non sorprendente (per il contesto proprio del gossip e dello scontro) assenza di specialisti della materia. Eppure, avendo trattato temi importanti e controversi, quale in particolare i rapporti tra diritto interno ed internazionale, la decisione meriterebbe analisi e valutazioni approfondite sia che si ritenga – motivatamente, tecnicamente, serenamente – che il provvedimento sia errato (fenomeno certamente non inconsueto, previsto e regolato dall’ordinamento); sia che si ritenga che ad analoga decisione si sarebbe dovuti giungere attraverso una motivazione diversa e più rispondente ai principi ed alle norme applicabili; sia, infine, che si condividano interamente – motivatamente, tecnicamente e serenamente – decisione e motivazione del provvedimento. I rapporti tra ordinamento interno e normative sovranazionali ed internazionali è argomento non banale e tecnicamente assai complesso e le decisioni che interpretano ed applicano tali rapporti dovrebbero sempre essere oggetto di grande attenzione da parte della comunità scientifica, anche in considerazione che la formazione dei giuristi italiani sulla materia, compresi avvocati magistrati e docenti di discipline diverse, è recente, discontinua e spesso non ancora soddisfacente”.

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Scrive sulla scia di oltre un ventennio di “professione sul campo Reale: “Io mi occupo da oltre venti anni di questa materia, prima di nicchia ed oggi sotto le luci della ribalta, ed avrei anche qualcosa da dire, senza pretesa di avere o ottenere ragione, ma come posso – e come possono come me tutti coloro che potrebbero esprimere un giudizio tecnico sereno e competente, anche se non necessariamente giusto e condivisibile – intervenire in un dibattito dove alla canea del crucifige o della santificazione dell’imputata si alternano solo odiosi e inaccettabili attacchi alla persona del Giudice che ha adottato la decisione o del Ministro che ha dato direttive di attuazione di una norma vigente ? Entrambi hanno la legittimazione democratica per fare ciò che hanno fatto. La correttezza giuridica della decisione del Giudice potrà essere verificata con i mezzi che l’ordinamento giuridico predispone per la verifica delle decisioni che si ritengono ingiuste o non conformi al diritto. E con gli stessi mezzi andranno verificate applicabilità e compatibilità costituzionale della attuale normativa di contrasto dell’immigrazione clandestina.
Da riflessioni alte su tali temi potrebbe poi giungersi a valutazioni più generali su pregi e difetti della giurisdizione diffusa, in particolare in materie ad alta specializzazione; su pregi e difetti della discrezionalità di fatto sui tempi ed i modi di esercizio dell’azione penale; sulla necessità che norme e decisioni offrano indirizzi certi alla condotta dei cittadini che vogliano conformarsi alle regole. Tutti temi indispensabili per la riforma di una giustizia moderna e multilivello che, qualunque fede politica e sociale ciascuno professi, è e sarà l’indispensabile fondamento della nostra comunità, oggi e nel futuro.
Ma il sonno della ragione e l’emarginazione delle competenze impediscono la discussione, l’effettiva conoscenza e, quindi, un progresso condiviso.
È questo il vero orrendo pericolo che ci mostra con evidenza questa vicenda. E’ questa la lezione che dovremmo imparare da questa storia che, guardata con occhio spassionato, è il classico esempio di due parziali ragioni che si confrontano senza volersi reciprocamente ascoltarE’ questa la lezione che dovremmo imparare da questa storia che, guardata con occhio spassionato, è il classico esempio di due parziali ragioni che si confrontano senza volersi reciprocamente ascoltare: non c’è dubbio che devono essere salvate vite umane ed evitate torture e lager; non vi è dubbio che debbano essere controllati e regolati i flussi migratori e, più in generale, gli accessi ai territori nazionali. E finchè ciascuno non riconoscerà le ragioni dell’altro non ci sarà soluzione alle esigenze delle due ragioni contrapposte che resteranno entrambe inevase. Nel mezzo della contesa c’è il diritto, nato per evitare la violenza sociale (ne cives ad arma ruant): evitiamo di trascinarlo sul campo di battaglia; nasce per esigenze opposte e non funziona fuori dal contesto e dallo scopo per il quale è nato“.

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