Ma dov’è finito quell’indiavolato che dava filo da torcere a chiunque? Mi riferisco al sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, che dopo avere annunciato la chiusura delle scuole dell’obbligo, da lunedì prossimo, ha fatto marcia indietro. Davvero irriconoscibile, un’altra persona rispetto a quell’Orlando furioso che nel 1995, quando a Palermo si svolse il Convegno della Chiesa italiana, non si presentò all’aeroporto di Punta Raisi al momento in cui il Papa Giovanni Paolo II, ripartiva per il Vaticano. Una scelta plateale per fare sapere al mondo intero la sua avversione nei confronti dell’allora arcivescovo di Monreale, Salvatore Cassisa, che era accusato di intrattenere rapporti con boss mafiosi e con il cardinale Paul Marchinkus, per lunghi anni presidente dello Ior, la banca della Santa Sede, implicato anche nello scandalo del Banco Ambrosiano. Un cardinale luciferino.
Scusate la digressione, ma era necessaria per rinfrescare la memoria soprattutto a quelli che fanno finta di avere dimenticato. Per la cronaca, qualche mese prima dell’inaspettato attacco, il sindaco di Palermo e l’arcivescovo di Monreale, era stati insieme a Tiblisi.
Ora quello stesso (?) Orlando che rifiutò di baciare la mano del Papa, si è messo la coda tra le gambe ed ha annunciato di avere ritirato l’ordinanza con cui sospendeva l’attività didattica nelle scuole dell’obbligo di Palermo. Forse, ma non ci credo, si sarà reso conto di averla fatta troppo grossa. Perché le giustificazioni che ha addotto per giustificare la sua marcia indietro sono davvero banali. Il problema, cari palermitani, è tutto vostro: come farete a reggere per altri due anni con un sindaco ridotto in queste condizioni? Ma c’è anche da porsi il problema del dopo-Orlando. Non sarà difficile fare meglio del Leoluca di questi ultimi anni, ma Palermo non può accontentarsi di un sindaco che la faccia vivacchiare. Palermo ha estrema necessità di una guida che sappia proiettarla nel futuro. Senza guardarsi troppo indietro.