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Ciclone De Luca: così il politico anticasta ha portato Bramanti all’harakiri politico

lunedì 25 Giugno 2018

“Mi candido a sindaco di Messina“. Era l’aprile di un anno fa quando Cateno De Luca annunciava la sua discesa in campo alle Comunali nella Città dello Stretto. In quanti avrebbero scommesso allora un euro sul successo dell’ex sindaco di Fiumedinisi e Santa Teresa di Riva? Non ci credevano quelli che non lo conoscono e spesso lo hanno sottovalutato ma De Luca, e la sua gente, sapeva già allora che non sarebbe stata una corsa velleitaria e l’impresa non era impossibile, così si è incuneato nel vuoto politico dell’ennesima legislatura fallimentare – quella della sindacatura di Renato Accorinti – dando il via alla scalata a Palazzo Zanca. La macchia del doppio arresto, il primo nel 2011 e il secondo 48 ore dopo le elezioni regionali del novembre 2017, è diventata l’onda lunga di un ciclone lungo 14 mesi che ha travolto i salotti e preso a schiaffi i palazzi della politica messinese, con la spallata finale di ieri notte.

La storia si ripete e a Messina: il ballottaggio cancella i numeri del primo turno. Era accaduto nel 2013 quando vinse Accorinti e lo stesso ribaltamento totale si è materializzato anche stavolta, cancellando i sogni di gloria di Dino Bramanti in modo netto e inequivocabile. L’esito conclusivo che ha visto De Luca prevalere con il 65,28 % contro il 34,72 % di Bramanti è la firma sull’impresa che De Luca aveva messo nel mirino con la calcolatrice che non lo ha mai tradito e che lo aveva già portato ai successi delle Amministrative a Fiumedinisi (dove fu sindaco dal 2003 al 2011) e Santa Teresa di Riva (dove venne eletto sindaco nel 2012) come alla doppia elezione all’Assemblea Regionale (2007 e 2017).

Bramanti al primo turno aveva conquistato 33 mila 629 voti (28,22%), mentre Cateno De Luca si era fermato a quota 23 mila 636 voti pari al 19,84% di consensi. De Luca sapeva che quel secondo posto era già un’ipoteca e gli sarebbe bastato arrivare al ballottaggio per capovolgere poi il destino della partita. La notte del 10 giugno scorso aveva svelato il tallone d’Achille del candidato del centrodestra: le liste a sostegno di Bramanti avevano ottenuto 42 mila 473 preferenze, quasi 10 mila più dei consensi effettivi ottenuti dal professore, che al secondo turno – senza più la spinta dell’esercito dei 200 candidati al Consiglio comunale – è crollato.

Progressiva e implacabile la rimonta di De Luca, che ha conquistato al ballottaggio 47.835 voti (65,28%), contro i 25.442 (34,72%) dell’avversario. I 10 mila voti di svantaggio che aveva ai nastri di partenza della sfida finale, De Luca non soltanto li ha recuperati ma li ha trasformati in un divario di 22 mila voti a suo favore. Un travaso di consensi impressionante che scrive una nuova pagina di storia politica a Messina e segna soprattutto il capolavoro politico di Cateno De Luca, nella sua ennesima battaglia uno contro tutti.

Il bollino mediatico dell’impresentabile non ha fermato la corsa di De Luca ed anzi gli ha dato ulteriore energia in una partita politica che alla fine ha premiato il neosindaco perché è riuscito a far breccia nel cuore dei messinesi e anche perché si è rivelato abile nel portare Bramanti sul terreno di “guerra” dove De Luca voleva arrivare.

Bramanti aveva iniziato la sua campagna elettorale all’insegna dei toni bassi e del fair play politico, cercando addirittura l’intesa di non belligeranza con De Luca e sino alla conferenza stampa congiunta in cui i due contendenti si erano promessi rispetto reciproco, tanto da alimentare voci di qualche intesa segreta e di un passo indietro dello stesso De Luca in favore del professore. Baci, abbracci e cordialità. Un film d’amore che è finito nel volgere di pochi giorni e si è trasformato in un duello senza esclusione di colpi, a suon di duri attacchi e denunce.

Ed è lì che De Luca ha spinto Bramanti nel baratro del “campo minato” fatto di quella ferocia dialettica e dell’emotività esasperata che in questi anni sono stati il propellente di “Scateno” nelle vittorie ottenute in ambito politico e anche in quello giudiziario. De Luca ha fatto campagna elettorale nelle piazze e nei quartieri, andandosi a prendere i consensi casa per casa. E’ passato il messaggio nell’elettorato che il leader di Sicilia Vera voleva diventasse virale: e cioè che Bramanti fosse espressione politica della casta, una candidatura baronale in antitesi a quella proposta popolare e di protesta che aveva premiato cinque anni fa Accorinti e adesso ha scelto De Luca.

Bramanti nel secondo tempo della partita ha abbandonato i toni gentili di qualche settimana fa per vestire un abito che non ha mai avuto una taglia adatta a lui. Si è consegnato a una guerra di nervi, tentando di contrastare De Luca sul terreno che a “Scateno” è più congeniale, sul piano dello scontro a viso aperto: lo ha definito “ciarlatano” e “uomo fake”, diventandone in realtà specchio e fotocopia sbiadita di quella politica urlata che lui stesso contestava. Il candidato del centrodestra è arrivato anche ad evidenziarne i guai giudiziari di De Luca e a paventare cosa sarebbe potuto accadere a Messina in caso di elezione del suo rivale. Un errore fatale che ha sgretolato la sua già fragile base di consensi, una strategia “kamikaze” perché De Luca nel clima da “corrida politica” si è sempre esaltato. E proprio la forza indomita e la determinazione feroce, da gladiatore, con cui De Luca si è rialzato dopo il duro colpo dei due arresti e gli ha fatto ottenere poi in entrambi i casi l’assoluzione, ha convinto i messinesi che valeva la pena scegliere un sindaco combattente per provare a salvare Messina dalle ceneri di una interminabile stagione di disastro.

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